margarina

Margarina

Adriana Angelieri
un panetto di margarinadi Gianluigi Storto

Gli oli vegetali parzialmente idrogenati: un ingrediente praticamente ubiquitario nelle preparazioni alimentari industriali. Di che si tratta? E che effetti produce sulla salute dell’uomo?

Verso la metà dell’800, Napoleone III di Francia istituì un premio in denaro per chi per primo avesse trovato un sostituto meno costoso al burro. Erano i tempi in cui i governi dovevano scegliere fra burro e cannoni. Nel 1860 il chimico francese H. Mège-Muories vinse questo premio con un prodotto che egli stesso, con intuizione pubblicitaria che tuttavia non ebbe fortuna, chiamò butterina (dall’inglese butter = burro). È noto che le sostanze grasse in natura provengono sia dal regno vegetale che animale. Nel primo caso hanno generalmente forma liquida e vengono definite oli, nel secondo invece si presentano come solidi pastosi e si chiamano grassi. Mège-Muories riuscì, in altri termini, a solidificare un olio vegetale. Poiché, per il suo studio, scelse l’acido grasso margarico, il prodotto divenne presto noto con il nome, che ancora conserva, di margarina. Siccome gli oli vegetali costano molto meno del burro vaccino, la scoperta di Mège-Muories sembrava davvero rivoluzionaria. Ma come aveva fatto? Semplicemente facendo reagire l’olio vegetale, portato a una certa temperatura e pressione, con idrogeno gassoso alla presenza di alcuni metalli come il nichel, che agivano da facilitatori di reazione.

Il grasso ottenuto, la margarina, era dunque il primo esemplare di olio vegetale parzialmente idrogenato (si usa l’avverbio “parzialmente” in quanto la reazione di cui sopra non è quasi mai completa, poiché in genere si preferisce fermarsi prima). Così, quando leggiamo su un’etichetta di un alimento che esso contiene “grassi vegetali parzialmente idrogenati” significa semplicemente che per farlo hanno usato la margarina.
Per molti anni le margarine furono assai apprezzate: non solamente apportavano le calorie dell’olio vegetale da cui derivava (quindi di una sostanza grassa), ma costavano relativamente poco, avevano un buon sapore e, derivando da grassi vegetali e non animali (i chimici chiamano i primi grassi insaturi e i secondi saturi), si riteneva che facessero anche meno male alla salute. Cominciò a diffondersi il concetto, vago e assolutamente infondato, di cibo leggero. Non solo, ma la nuova margarina permetteva di ottenere due risultati che neanche il burro, nonostante il suo più alto costo e la sua antica frequentazione di ricette culinarie, aveva mai offerto: da una parte donava ai prodotti una maggiore “solidità” plastica, cosa che per esempio non faceva colare il grasso quando il prodotto era tenuto a lungo fra le mani, e dall’altra una vita più lunga, in quanto il prodotto stesso si conservava di più, spesso senza neanche bisogno di refrigerazione.

I famosi bomboloni fritti che si vendono sulle spiagge d’estate, se non fossero a base di margarina, si affloscerebbero velocemente e offrirebbero agli occhi uno spettacolo sicuramente meno invitante. Inoltre se fossero fatti con il burro, irrancidirebbero velocemente e, oltre al cattivo odore, causerebbero problemi sanitari facilmente immaginabili. Il fatto poi che i prodotti a base di margarina non colavano e non sporcavano mani e labbra, ha reso questo ingrediente una mano santa per la fabbricazione delle famose merendine che ormai invadono i banconi dei supermercati. Ve l’immaginate voi un bambino che si porta a scuola una fetta della torta alla cioccolata della nonna, fatta col burro? Un prodotto assolutamente inadatto alla vita moderna, che richiede cibi maneggevoli e leggeri. Ancora!

confezione di margarinaTuttavia le cose, se studiate con maggiore attenzione, appaiono meno rosee di quanto i messaggi pubblicitari cercano di inculcare. Per dimostrarlo suggerisco ai lettori un piccolo esperimento casalingo di biochimica applicata. Niente paura: basta un panetto di margarina e un posto dove metterlo e lasciarlo. Un tavolino appartato, una scansia di un mobile, un ripiano di una credenza. Basta che non stia vicino a un termosifone o esposto al sole diretto, altrimenti la margarina, nonostante l’idrogenazione subita, si squaglia e cola a terra, sporcando tutto. L’altro strumento che occorre per condurre l’esperimento è la pazienza. E sì, perché ne occorrerà tanta… prendete la margarina, toglietela dalla confezione di carta o di alluminio, ponetela sul ripiano e aspettate.
Noterete che non succede niente. E il bello (o il brutto, giudicate voi) sta proprio qui: che non succede niente neanche dopo sei mesi che il panetto se ne sta poggiato là dove l’avevate messo. Né un accenno di irrancidimento né di muffa né di moschini o di vermetti o segni di morsicature di topolini (semmai in giro ce ne fossero) o file di formiche che giungono dal terrazzo per fare banchetto. Niente! È come se la natura l’ignorasse o, meglio, non considerasse il nostro panetto di margarina un alimento da cui trarre nutrimento.

Ma perché accade questo? I grassi vegetali sono insaturi, contengono cioè un doppio legame fra due atomi di carbonio adiacenti lungo la catena. Un doppio legame può essere considerato come una specie di X da cui partono quattro punti di attacco. Ora, poiché questo doppio legame si trova in mezzo a una catena, le due metà della catena possono attaccarsi a due segmenti della X che stanno dalla stessa parte (per esempio le due barrette superiori o le inferiori e in questo caso la X costituirà un angolo della catena nel senso che la catena stessa, al punto di doppio legame, piegherà su se stessa) oppure a due barrette opposte (per esempio quella in basso a sinistra e quella in alto a destra: in questo caso la catena subirà una piccola distorsione ma non ripiegherà su se stessa.
Ma perché abbiamo fatto questa digressione un po’ teorica? Perché in natura gli acidi grassi insaturi (gli oli vegetali) hanno doppi legami del primo tipo, che cioè sul doppio legame si ripiegano si se stesse. Viceversa, quando si sottopone un olio vegetale al processo di idrogenazione, succede che si ottengono doppi legami del secondo tipo, con le catene appena distorte ma non ripiegate su se stesse. Ora è interessante sapere che gli acidi grassi sono i principali costituenti delle membrane cellulari, quel sistema che provvede a far entrare (o a non fare entrare) e a fare uscire (o a non fare uscire) le varie sostanze all’interno delle nostre cellule. Un meccanismo fondamentale per l’intero metabolismo, una barriera biochimica attiva e intelligente.

un topo del film ratatouilleBene: ne consegue che le normali membrane cellulari dovrebbero essere formate da acidi grassi naturali, ovvero con catene ripiegate su se stesse all’altezza dei doppi legami. Se si mangia margarina (ovvero i famosi grassi vegetali parzialmente idrogenati), succede che un po’ di catene ripiegate su se stesse vengono sostituite da catene dritte. Il primo tipo (le catene con una piega sul doppio legame) vengono dette di tipo CIS, mentre le seconde (quelle dritte o appena distorte sul doppio legame) vengono dette TRANS. Ecco perché i batteri, le muffe, gli insetti, i vermi, le formiche, i topolini, che non sono tanto sciocchi da preferire un grasso a un altro solo perché non sporca le mani, disdegnano il panetto di margarina! Le membrane cellulari in cui sono presenti acidi grassi TRANS sono più rigide e il meccanismo di barriera attiva viene alterato, con conseguenti disfunzioni metaboliche. Inoltre, proprio il fatto che gli acidi grassi TRANS solidificano più facilmente dei CIS (le catene dritte si impacchettano meglio e prima di quelle uncinate e questo è un altro motivo per cui la margarina è solida e il corrispondente olio vegetale originario era liquido), favorisce la formazione di strutture solide anche a temperature superiori a 38-40 °C, ovvero nelle condizioni presenti all’interno del corpo umano. Questo comporta dei problemi di alterazione del lume dei vasi sanguigni con ovvie ripercussioni sulla circolazione. Infine la variazione di geometria da CIS a TRANS, blocca l’attività dell’enzima delta6 desaturasi, necessario pr la formazione degli acidi GLA e SDA (stearidonico) da cui derivano prostaglandine, leucotrieni e eicosanoidi, indispensabili per un corretto metabolismo dell’organismo, specie nella difesa dalle infezioni e il corretto funzionamento del sistema immunitario.

Oggi gli oli vegetali parzialmente idrogenati si ritrovano in moltissime preparazioni alimentari proprio perché danno solidità all’alimento e non vanno facilmente “a male”. Ma forse sarebbe meglio mangiare bomboloni fritti che si afflosciano e fette di torte che sporcano mani e baffi piuttosto di bomboloni che stanno su dritti come protesi siliconiche e merendine che non sporcano ma che non vanno a male per mesi…

 

Adriana è Responsabile di Redazione e Social Media Manager per Il Giornale del Cibo dal 2016. Siciliana di origine, si è trasferita a Bologna per i tortellini e per la sua carriera. Unendo la sua grande passione per l'alimentazione alle competenze nei progetti editoriali, si dedica alla guida del team redazionale e alla creazione di contenuti che garantiscano ai lettori un'informazione chiara, utile e accurata. Oltre che per i tortellini, il suo cuore batte per i risotti, di ogni tipo, purché fatti bene! Il profumo del basilico e l'olio buono sono gli ingredienti che non possono mai mancare nella sua cucina.

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