La cucina ebraico-romana

Adriana Angelieri

di Martino Ragusa. Fin dal giorno della sua fondazione Roma è stata affollata da re, imperatori, principi, duci, presidenti, primi ministri e naturalmente da papi, i più numerosi e i più eterni di tutti. Con queste referenze, verrebbe da pensare a una cucina romana aristocratica. Invece è tutto il contrario. Avvezzi alla presenza incombente dei potenti, stimolati da un carattere disincantato e tagliente, i romani hanno imboccato la strada di una “resistenza politico-gastronomica” contro il gusto infiocchettato dei potenti. In uno stato governato dal Papa, la cucina di contestazione per eccellenza non poteva che essere l’ebraica, ancora oggi la più importante e genuina custode della tradizione. I ristoratori del Portico di Ottavia e delle stradine attorno alla Sinagoga offrono un menu piacevolmente fermo nel tempo, con specialità divenute pilastri della cucina tipica romana, ma anche con preparazioni ebraiche “di nicchia” che potrete assaggiare solo qui. Troverete i carciofi alla giudia, le “mamme” romane che la frittura per immersione nell’olio di oliva trasforma in bellissimi fiori ambrati e croccanti; il baccalà alla romana, prima fritto e poi ripassato in salsa di pomodoro; gli straccetti di vitella in umido con i carciofi e la cannella; le trigliette fredde con l’uvetta e i pinoli; Dalla necessità di riciclare gli avanzi, derivano i pezzetti alla romana, ritagli di baccalà e pezzi di broccoli, cavolfiore e di zucca impastellati e fritti. Tipica e imperdibile è anche la concia, zucchine fritte e poi marinate con aceto, aglio e basilico. E poi c’è l’epopea dell’indivia (o scarola riccia), con la minestra di riso e indivia, la pizza ebraica d’erbe, i torselli, cespi di indivia prima lessati e poi rosolati in padella e il tortino di aliciotti e indivia. Al pari del baccalà, anche le alici compaiono in molte ricette ebraiche soprattutto a causa delle leggi suntuarie contro il lusso, emesse a Roma nel 1661,  che imponevano agli ebrei di non consumare pesci pregiati. Questi divieti, uniti alla circostanza che il Ghetto era vicino al mercato del pesce che sorgeva nei pressi del porto fluviale di Ripa Grande, ha dato origine ad alcune tra le più amate specialità della cucina ebraico-romanesca: il brodo di pesce fatto con teste e pesci di scarto e la pasta e broccoli con il brodo di arzilla (razza). Il formato giusto di pasta è lo stortino, sorta di tubetti ricurvi che i romani, ironici e irriverenti, chiamano “cazzetti d’angelo”. Sempre le leggi suntuarie vietavano anche i tagli pregiati di carne, con il risultato di un grande numero di piatti a base di frattaglie, come milza, trippa, animelle e fegato.  Squisiti i dolci, anch’essi di origine sefardita – mediterranea e perciò piacevolmente speziati. Tra le specialità più tipiche ricordo la cassola, a base di ricotta condita con zucchero, uvetta, bucce di arancia e di limone grattugiate, vaniglia e cannella; la torta di mandorle e la crostata di visciole. La visita al Ghetto E’ molto probabile che la vostra visita al ghetto cominci dal Tempio Maggiore, la Sinagoga di Roma dalla mole massiccia e ben individuabile sul lungotevere Cenci. E’ un gigantesco edificio, costruito dal 1901 al 1904, di architettura ibrida tra lo stile Liberty e reminiscenze esotiche Assiro-Babilonesi, ma soprattutto è il simbolo dell’integrazione della comunità ebraica nella città dopo secoli di discriminazione e segregazione. Da qui proseguirete per il Portico di Ottavia, il bel complesso monumentale dedicato da Augusto alla sorella e che accoglie tra le sue colonne la chiesa di S. Angelo in Pescheria. Qui, per un editto papale, gli abitanti del ghetto dovettero assistere ogni sabato e per secoli alle “prediche coatte” volte con scarso successo alla loro conversione. Si dice che gli ebrei presenziassero ai sermoni con le orecchie tappate con la cera. Attraverso la suggestiva via della Reginella, rimasta intatta, arriverete infine a Piazza Mattei, dal nome della potente famiglia cui erano affidate le chiavi del ghetto, e con la celebre, bellissima fontana delle Tartarughe.   Tra i tanti ristoranti che troverete nel ghetto consiglio: Il Giardino Romano, via Portico d’Ottavia 18, tel 06 688 09 661; Nonna Betta, via del Portico d’Ottavia 16, tel 06 688 06 263; La Taverna del Ghetto, Via del Portico d’Ottavia 7, tel 06 688 09 771; Giggetto al Portico d’Ottavia, Via del Portico 21/A, tel 06 686 11 05

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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