Donna che acquista prodotti biologici

Coltivare le persone e la terra: la storia de Il Germoglio di Piacenza

Angela Caporale
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    C’è uno spazio fuori dagli schemi a Piacenza. Uno luogo dove convivono persone differenti, con esigenze e storie diverse tra loro, che lavorano insieme per costruire per sé e per gli altri un futuro migliore. È un posto che sfugge le definizioni canoniche: un vivaio, uno spazio coltivato, una fattoria didattica, una bottega di prodotti biologici e, da pochi anni, anche un ristorante. Siamo nella sede della Cooperativa sociale e onlus Il Germoglio, una delle prime cooperative sociali dell’Emilia-Romagna, virtuoso esempio di integrazione e sviluppo sociale attraverso il mondo del cibo. A guidarci alla scoperta del Germoglio è il presidente, Mariano Cobianchi.

    Il Germoglio, nel cuore di Piacenza dal 1981

    Era l’inizio degli anni Ottanta quando, a Piacenza, un gruppo di genitori con figli con disabilità, insieme al Vescovo della città, crearono  uno spazio che favorisse l’inserimento lavorativo nel capoluogo emiliano. Così nacque “Il Germoglio”, la prima cooperativa sociale cittadina e la terza in Emilia-Romagna, Regione che allora come oggi dimostrava una spiccata sensibilità ai temi sociali – come conferma anche il riconoscimento del valore dell’agricoltura sociale. Grazie alla donazione di un terreno, le attività della cooperativa partirono  dal mondo agricolo e dalla coltivazione di ortaggi e frutta, venduti sul territorio e sin da subito fu possibile iniziare ad assumere persone con disabilità di tipo cognitivo. “Il primo dipendente della cooperativa lavora ancora noi”, racconta Cobianchi con orgoglio “e può vantare ben 42 anni di anzianità contributiva, tutta con la nostra cooperativa. Un gran bel traguardo!”. 

     

    Proprio la lunga storia della cooperativa piacentina consente di osservare come il rapporto tra cibo, agricoltura e inclusione sociale si sia evoluto nel corso degli anni. “Siamo partiti come cooperativa agricola e, inizialmente, c’era una certa attenzione delle istituzioni e dei cittadini che sostenevano con bandi e donazioni le attività sociali come la nostra. Le cose oggi invece – spiega il presidente – sono cambiate e anche le cooperative sociali come la nostra devono farsi imprese e trovare un equilibrio di sostenibilità”.

    Il Germoglio, negli anni, si è quindi evoluto e ha iniziato a dare i suoi frutti. È stata inaugurata una fattoria didattica con pony, asinelli e galline ovaiole, è stato conservato un piccolo orto, viene gestita una Bottega per la vendita di prodotti agricoli biologici ed è stata avviata un’attività di manutenzione del verde e servizi di raccolta dei rifiuti in vari Comuni del territorio. Ma il cuore del Germoglio, oggi, è diviso tra il Garden, fiore all’occhiello ed espressione delle attività di florovivaismo della cooperativa, e il ristorante, aperto a pranzo e a cena. 

     

    Il Garden ha permesso al Germoglio di ottenere nel 2020 il Primo Premio “Gardenia-Aicg” come il miglior vivaio d’Italia che promuove la cultura del verde insieme ad una spiccata attitudine sociale. Sulla targa si legge “Per coltivare le piante bisogna prima coltivare le persone”, una frase che Cobianchi ricorda e che sintetizza appieno la mission del Germoglio. 

     

    Il ristorante, invece, è una delle ultime sfide della cooperativa. Inaugurato nel 2019 appena prima dell’emergenza Covid-19, è aperto a pranzo tutti i giorni e la sera dal mercoledì al sabato. La proposta coniuga la tradizione piacentina con i classici salumi e la pasta ripiena fatta in casa, con alcuni elementi più innovativi e moderni soprattutto nei secondi che variano secondo la stagionalità. 

    Il Germoglio è “coltivare” il futuro delle persone: oggi i dipendenti sono 130

     

    “In tutte le attività realizzate dal Germoglio, il 40% dei dipendenti è composto da persone con disabilità” spiega Cobianchi. “La maggior parte di loro, e la nostra principale specializzazione, è con persone con disabilità di tipo intellettivo, cognitivo e con Sindrome di Down, ma nel corso degli anni abbiamo accolto anche soggetti impegnati in un percorso di riabilitazione dopo aver sofferto di dipendenze, nonché ragazze e ragazzi  con disabilità fisiche e altre situazioni di fragilità.”

     

    Attualmente il Germoglio occupa circa 130 persone, di cui 50, appunto, con disabilità o in condizioni di disagio, distribuite in mansioni e aree distinte: dal Garden alla ristorazione fino alla fattoria didattica. “Negli ultimi anni stiamo facendo anche un esperimento, ovvero insieme ai servizi sociali puntiamo al coinvolgimento di ragazzi che non possono frequentare i centri diurni, ma allo stesso tempo non riescono ad accedere al mondo del lavoro. Insieme realizziamo un percorso di inserimento lavorativo che sta portando i frutti sperati: queste persone trovano qui uno spazio pacifico e costruttivo in cui lavorare e immaginare il futuro.”

    Serra per piante, de Il germoglio

    Kristina Bessolova/shutterstock

    Dal seme al Germoglio: quali sfide per la cooperativa?

    “La scelta del nome – ci racconta Cobianchi – è stata fatta dai fondatori della cooperativa, persone che oggi non ci sono più, tranne un’ultimo socio che oggi ha 96 anni. L’idea era dar vita a qualcosa che potesse crescere con la cura e il tempo, e che riuscisse  a sua volta a ispirare e avviare altri germogli. Possiamo quasi considerarlo un nome portafortuna che ci ha aiutato, e ci aiuta, a rendere chiaro l’obiettivo social che si vuole realizzare.” 

     

    Il Germoglio è oggi uno spazio dedicato alle persone, a due passi dal centro della città (in via Pietro Bubba, 45), ma allo stesso tempo vicino alla campagna. E realizza un’idea di inclusione concreta non soltanto per le persone con disabilità che qui trovano opportunità di lavoro regolarmente retribuite, ma anche per gli avventori del ristorante, i clienti del garden o i bambini e bambine che frequentano la fattoria didattica. Proprio sull’ampliamento della fattoria didattica il team del Germoglio è al lavoro per creare un centro sempre più ricco per le nuove generazioni.

     

    “La sfida della cooperativa oggi – conclude Cobianchi – è rimanere fedele allo scopo sociale pur riuscendo ad essere impresa competitiva sul mercato delle aziende profit. Scegliere una pianta del nostro garden, un prodotto della nostra bottega o venire a festeggiare un’occasione al nostro ristorante significa sostenerci nella nostra mission di inclusione lavorativa di persone svantaggiate.”

     

    Angela, con passaporto friulano e cuore bolognese, vive a Udine e si occupa di giornalismo e comunicazione in ambito culturale e sociale. Ha pubblicato due libri e dal 2016 collabora con Il Giornale del Cibo, dove scrive di sostenibilità, sociale e food innovation. Il suo comfort food sono i tortelloni burro e salvia, per i quali ha imparato a fare la sfoglia, condividendoli ogni volta che ne sente il bisogno.

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