Dalle olive all’olio: Visita in frantoio della CCS di Monfalcone

Redazione

casse di olive

di Giuditta Lagonigro.

L’olio di oliva è uno degli alimenti più utilizzati nella nostre cucine, ma è sicuramente un prodotto con molti lati oscuri per il consumatore che si affida alle poco chiare etichette dei supermercati. I soci della Compagnia del Cibo Sincero di Monfalcone insieme ai soci di Trieste, per saperne di più sull’argomento hanno trascorso un’istruttiva giornata nel frantoio Parovel a San Dorligo della Valle(TS).

il frantoio parovelNon è semplice visitare un frantoio durante la molitura, quindi non ci siamo fatti sfuggire una così ghiotta occasione alla quale erano presenti anche bambini, figli di nostri soci, i quali hanno sgranato gli occhi davanti alla veloce trasformazione delle olive in un liquido che poi hanno ritrovato su una buona fetta di pane. Dejana, la nostra guida, ci ha illustrato il percorso delle olive, dall’albero alla bottiglia.

olive di varietà biancheraLa Bianchera o Belica (in sloveno) è la varietà autoctona del Carso triestino e sloveno e soprattutto quella che dà frutti anche in zone fredde. Il 2012 è stato un anno molto difficile meteorologicamente parlando. A violente raffiche di bora è seguito un lungo periodo di gelo con successiva, perdurante siccità. Ciò nonostante la Bianchera ha resistito. Essa, infatti, oltre ad avere una grande quantità di polifenoli, ha una buona percentuale di resa. La provincia di Trieste è piccola eppure si registrano ben dodici microclimi. Solo alcuni di loro sono favorevoli alla pianta d’ulivo. Le temperature più alte degli ultimi anni hanno consentito la coltivazione dell’ulivo anche sull’altopiano, la parte più brulla e rocciosa del territorio, che comprende Trieste e la zona più orientale del Friuli Venezia Giulia fino al confine con la Slovenia.

Le olive, raccolte a mano solo dagli ulivi più vecchi, in questo caso alcuni hanno anche cent’anni, arrivano in frantoio in cassettoni arieggiati per evitare muffe. All’interno del frantoio è importante non togliere elementi di qualità durante la macinazione. I fattori che incidono sulla qualità dell’olio sono: epoca di raccolta (30%), sistema di estrazione (30%), sistema di trasporto (5%), metodo di raccolta (5%).

il gruppo in visita al frantoioLe olive vengono versate nella tramoia dalla quale, attraverso un nastro trasportatore vengono immesse in una macchina lavatrice che pulisce da foglie ed eventuali altri corpuscoli. Sono quindi pronte per essere frante. Nei moderni frantoi le pesanti molazze di pietra sono state sostituite dal frangitore, una macchina con due martelletti di acciaio inox, che rompe olive e noccioli formando un composto che viene chiamato polpa delle olive. La fase successiva è quella della gramolatura. La polpa viene mescolata dolcemente e per un tempo deciso dal produttore, in questo caso mai più di mezz’ora. Con la gramolatura si favorisce la fuoriuscita di enzimi che fanno affiorare l’olio sul composto. Anni orsono si scaldava il composto per avere più resa. Oggi la spremitura avviene a temperatura controllata anche per evitare la dispersione di vitamine. Dopo la gramolatura la polpa di olive finisce nella prima centrifuga che separa l’olio dall’acqua di vegetazione e dalla sansa. L’acqua però non è stata completamente eliminata, a questo provvede una seconda centrifuga verticale che consente l’estrazione solo di olio.l'interno del frantoioAbbiamo finalmente l’olio nuovo che però è ancora torbido. L’ultima fase di lavorazione consiste proprio nel versare l’olio ricavato dall’ultima centrifuga in cisterne di acciaio. Qui il nostro oro verde riposerà per alcuni mesi liberandosi dalle impurità per poi essere finalmente imbottigliato e commercializzato.

Istruttiva la visita al frantoio e molto interessante anche la degustazione guidata dall’esperta Karmen Parovel, vincitrice di molti premi come miglior potatrice. Per la degustazione dell’olio si utilizza un bicchiere basso, di colore blu, il colore,infatti, non è un fattore determinante per stabilirne la qualità. Noi, per motivi comprensibili, abbiamo usato piccoli bicchieri di plastica.

Importanti le istruzioni per l’uso:

a lezione di degustazione L’olio va degustato bevendone piccoli sorsi, seguendo una precisa tecnica, mai su una fetta di pane soprattutto se tostato-i lieviti e il sale ne cambiano il gusto-.Naturalmente stiamo parlando di analisi sensoriale, pane e olio sono sempre un ottimo cibo. Calore, luce e ossigeno sono nemici dell’olio! Se si apre una lattina (di solito sono da 5/10 l) e consigliabile consumare l’olio entro 10-15 giorni oppure travasarne il contenuto in bottiglie. I contenitori di olio vanno lavati con soda e acqua bollente, l’olio è come una spugna, assorbe tuti gli odori.

Bisogna sfatare alcuni luoghi comuni sull’olio. Molti pensano che l’olio extravergine di oliva sia più pesante, soprattutto per la frittura. Niente di più sbagliato, l’olio evo ha un punto di fumo più alto. L’olio di arachidi e l’olio di palma raggiungono lo stesso punto di fumo ma con effetti diversi sulla nostra salute.

a lezione di degustazioneProvate ad annusare un po’ d’olio dopo aver riscaldato con le mani il bicchiere. Se al naso avvertite odore di avvinato, rancido, riscaldo, morchia, lubrificante, salamoia, verme (mosca dell’olivo), siete di fronte a un olio con difetti. L’assaggio lo confermerà. Se sentite profumi di erba appena tagliata, erbe aromatiche, cardo, carciofo, foglia d’ulivo, l’olio promette bene. Fruttato, amaro, piccante sono gli attributi positivi di un olio extravergine di qualità, naturalmente ogni cultivar ha le sue caratteristiche organolettiche.

E’ importante educare il palato e imparare a riconoscere profumi e sapori che corrispondono a prodotti di qualità. Spesso l’abitudine a un prodotto scadente ci fa considerare non valido quello buono…

foto di gruppo di tutti i sociAnche in questa circostanza i soci della Compagnia del Cibo Sincero di Monfalcone, insieme ai soci di Trieste hanno aggiunto nozioni utili al patrimonio di conoscenze per uno stile di vita sano e consapevole. La mattinata si è conclusa con la merenda carsolina all’osmiza Parovel. L’osmiza, dalla parola slovena osem, è una tipicità triestina. Tutto nasce dall’Impero austro-ungarico, quando i regnanti, alla fine del 700, autorizzarono i contadini a vendere i loro prodotti direttamente in casa per otto giorni, anche più di una volta all’anno. Nell’osmiza si possono gustare salumi, formaggi e vino di produzione propria, non devono mancare le uova sode.

 

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