Expo: visita a un quartiere di vizi e virtù
Il 22 gennaio ho visitato il cantiere di Expo 2015. Sono andato per un sopralluogo ai locali che CIR food sta allestendo all’interno degli edifici di servizio, ma non nascondo che morivo dalla curiosità di vedere con i miei occhi tutta l’area dell’Esposizione Universale. Con i miei occhi e non attraverso le pupille dei droni che proiettano sul web l’avanzata della costruzione, non attraverso le cronache giornalistiche o i racconti di chi c’è stato.
I lavori sono così indietro come si dice? I padiglioni sono belli e avveniristici come mostrano i rendering che circolano un po’ dappertutto? E il contestato albero della vita? E il Decumano?
Al campo base, dopo i controlli di rito, mi hanno dato una card con fotografia, scarpe da cantiere, caschetto e gilet catarifrangente. Ho benedetto in particolare le scarpe: la giornata piovosa aveva trasformato il cantiere in una pozzanghera di fango e ho salvato le mie. Il servizio di accoglienza è stato efficiente e mi ha subito ben disposto. In macchina, dopo essere entrati nell’area, ho cominciato subito a girare la testa e ad agitarmi sul sedile per vedere il più possibile, per non perdere un dettaglio.
–Questo è il padiglione della Germania, questo quello della Svizzera, spiegava il mio collega guidando lentamente. Questo è molto indietro, questo ha quasi finito.
–Ce la faranno a finire in tempo? Gli ho chiesto, come se fosse lui il direttore dei lavori di tutto il cantiere. –Devono darsi da fare, ha ringhiato con una smorfia preoccupata e accusatoria.
La pioggia intanto veniva giù forte e non aiutava la speranza.
Sì, ho pensato nonostante il suo ringhio. Sì. Ce la faranno a finire in tempo. E sarà spettacolare. Il Decumano è una strada imperiale, i padiglioni una fantasia colorata della mente. Il lago, l’arena, il teatro, le altre strade, i giardini: erano tutti in costruzione ma riuscivo a immaginarli, guardando di sbieco e cercando di oltrepassare con lo sguardo un camion, un gruppo di operai, i bagni chimici, una scavatrice, le gru, le pozzanghere, il grigiore, la pioggia.
Ed erano cibo per gli occhi…
Questo, mi sono detto uscendo, è un cantiere pieno di vizi e di virtù. Le virtù sono di chi ha creduto a Expo e di chi ha continuato a lavorare con impegno nonostante i tanti vizi che ne hanno segnato il percorso: gli errori, i tradimenti di chi ha corrotto e di chi si è lasciato corrompere, una certa indeterminazione sul senso dell’operazione, l’incertezza su cosa ne sarà del sito dopo la fine della festa.
La virtù nonostante i vizi.
Fonte immagini: expocantiere.expo2015.org