Conserve: Un Piccolo Mondo Antico
di Martino Ragusa.
Dopo essersi innamorato di sua moglie Giuliana, il tecnico agrario Silvano Buccolini si è preso una bella cotta per le sue marmellate e conserve fatte in casa. Sentendolo parlare, mi è venuto da pensare che deve avere dato a Giuliana molte soddisfazioni ma anche molti tormenti, fissato com’è fino alla pedanteria con il recupero meticoloso dei metodi tradizionali di preparazione. Lui le chiama “tecniche raffinate di lavorazione e cottura”, intendendo con questa frase apparentemente innocua un lavoro esclusivamente manuale svolto in tempi lunghi o lunghissimi. Per esempio, per ottenere una gelatina di mele rosa marchigiane senza aggiungere addensanti come la pectina, cuoce separatamente la polpa, le bucce e i torsoli dai quali estrae le sostanze addensanti naturali contenute negli stessi frutti.
Il massimo del masochismo (o sadismo ai danni di Giuliana?), però, lo raggiunge con le visciole cotte al sole. Le visciole sono ciliegie selvatiche affini alle marasche e alle amarene. Nel mese di luglio Silvano le mette nei vasetti insieme a solo zucchero, le tappa, le porta al sole e ce le tiene per 40 giorni. Solo che ogni giorno deve muovere i barattoli uno a uno per consentire la cottura uniforme. Sono pronte dopo un riposo in cantina di un mese e non è necessaria la cottura a bagnomaria.Una volta aperto il barattolo, le visciole si presentano intere e ricoperte di una salsa di colore rosso rubino. Si consumano come dessert, sul gelato e sui dolci. Una bontà!
Un’altra specialità maceratese preparata da Silvano e Giuliana è la Marmellata di Fichi della Signora, così chiamati per la consuetudine dei mezzadri di donare il primo cesto dell’annata alla padrona del podere. In realtà sono fichi della squisita qualità “Dottato”, molto dolci e con una buccia finissima eccezionalmente tenera. Ma questi sono tutti pregi che li rendono poco commerciabili e paradossalmente assenti dal mercato. Sono brutti perché troppo piccoli, poco trasportabili perché troppo teneri, poco conservabili perché troppo dolci. Che siano i fichi migliori non ha importanza. Per fortuna hanno la buona abitudine di crescere benissimo nelle zone più temperate di tutta la nostra penisola e chi ha un giardino può rimediare in proprio al cinismo del mercato.
Poi c’è la confettura a gelsi interi, raccolti con tutto il picciolo e lasciati in infusione nello zucchero prima della cottura. In questo modo, la marmellata si presenta come una gelatina piuttosto liquida con dentro le more di gelso intere e sode. Sono ottime come dolce da dessert, sul gelato, nello yogurt e anche per accompagnare i formaggi stagionati.
Infine, non perdetevi la “Confettura d’inverno”, un altro pezzo di antica cultura contadina.“In autunno” racconta Silvano, “ilcontadino appendeva a un ramo di gelso un grande cesto dove metteva a conservare le mele e le pere. Con l’arrivo della primavera, quando la frutta avanzata rischiava di andare a male per i primi caldi, la usava per fare una marmellata alla quale aggiungeva qualche limone e qualche arancia. Noi abbiamo ripreso l’antica ricetta e la proponiamo usando mele e pere di fine stagione alle quali uniamo limoni di Sorrento e arance di Sicilia.”
Ma l’espressione più alta della tipicità marchigiana che potete trovare qui nel punto vendita della SiGi (dai due nomi Silvano e Giuliana) è la sapa, un mosto cotto molto concentrato e non alcolico. È un liquido molto denso con un bel sapore caramellato e un aspetto simile all’“aceto balsamico tradizionale di Modena”. Si ottiene da uve bianche spremute con le mani. Al mosto si uniscono cannella, chiodi di garofano, la scorza di limone e altre droghe e spezie che variano da zona a zona e da famiglia a famiglia. Poi si fa bollire a fuoco lento fino a quando non si riduce a un terzo. Infine si filtra il liquido dalla cannella e dagli altri ingredienti e lo si conserva in un luogo fresco, asciutto e buio dentro a bottiglie chiuse ermeticamente. I documenti che citano la sapa marchigiana risalgono al 180 Avanti Cristo e dicono di come fosse usata dagli antichi romani per rinforzare i loro mosti deboli. Nelle Marche è da sempre il condimento della polenta che una volta si usava mangiare coralmente, versata sulla spianatoia, con un cratere al centro dentro al quale si versava la sapa. Ogni commensale prendeva un pezzo di polenta e lo insaporiva – in marchigiano “lo insapava” – intingendolo nel pozzetto centrale. La sapa è usata anche con le tagliatelle “pelose”, cioè impastate con sola acqua e senza uova, per insaporire gli umidi di carne e verdure, sul pesce, sui formaggi e nei dolci. Soprattutto nei cavallucci, che sono biscotti ripieni di fichi e frutta secca impastati con la sapa. Circostanza davvero unica, Silvano descrive nelle etichette i metodi di preparazione e tutti gli ingredienti. Per esempio, non indica gli aromi che usa con la dicitura “aromi naturali” ma li specifica uno a uno. “Non teme che la gente poi se la faccia in casa?” Gli ho chiesto. La risposta è stata: “No, anzi! Così si accorgono di quanto tempo e fatica ci vuole per farli. E magari l’anno successivo decidono di comprare i barattoli già pronti preparati da noi.”
Nell’azienda di Silvano oltre alle conserve dolci troverete anche melanzane e zucchine sott’olio e alcune preparazioni nuove, come una strana, eccellente marmellata di peperoni.
L’indirizzo è:
Azienda Agricola Biologica SI.GI
C.da Acquevive, 256
2100 Macerata
Tel. 0733 28 14 62
E-mail: silvano.buccolini@tiscalinet.it