Cereali del futuro: risultati e prospettive del progetto Re-Cereal

Matteo Garuti
3

     

     

    Immaginare i cereali del futuro che potrebbero arrivare sulle nostre tavole non può prescindere da un attento studio delle varietà del passato, come abbiamo visto nel nostro approfondimento sulle proprietà dei grani antichi, con l’aiuto del professor Enzo Spisni. Il progetto Re-Cereal dell’azienda Dr. Schär, per esempio, segue questa linea, recuperando e migliorando cultivar di miglio, avena e grano saraceno, in uno studio che analizza le tecnologie per massimizzare le qualità nutrizionali e sensoriali di queste produzioni. Quali potranno essere i vantaggi sul piano alimentare, economico e di filiera? A questa e ad altre domande hanno risposto Silvano Ciani e Luca Ciali, due ricercatori di Dr. Schär impegnati nel progetto Re-Cereal.

    Cereali del futuro: il progetto Re-Cereal

    Il progetto Re-Cereal, condotto fra il 2016 e il 2019, è stato promosso dal Dipartimento Ricerca e Innovazione di Dr. Schär, azienda di prodotti senza glutine, guidato dalla dottoressa Ombretta Polenghi e diretto dalla dottoressa Virna Cerne. Si tratta di un’iniziativa finalizzata al miglioramento genetico e al trasferimento tecnologico nell’utilizzo di granelle senza glutine da cereali minori – miglio e avena – e da un cosiddetto pseudo cereale come il grano saraceno. Il progetto è stato sostenuto dal Fondo europeo di Sviluppo regionale e Interreg V-A Italia-Austria 2014-2020, con una collaborazione internazionale di Università, centri di sperimentazione e imprese.

    Silvano Ciani, project leader di Re-Cereal, spiega che le colture sulle quali si è lavorato, pur essendo interessanti dal punto di vista nutrizionale, ambientale e storico-culturale, sono poco diffuse nell’Unione europea, dove peraltro per soddisfare la domanda si ricorre soprattutto alle importazioni.

    I ricercatori hanno individuato quattro cause per questo scarso sviluppo:

    1. Manca una buona piattaforma varietale (selezione di varietà produttive e facilmente lavorabili) che possa supportare adeguatamente la coltivazione nell’area di progetto.
    2. In Italia l’esperienza agronomica è scarsa, in quanto queste colture, a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, sono state progressivamente abbandonate, con una conseguente dispersione delle conoscenze acquisite.
    3. Il miglio e il grano saraceno necessitano di decorticazione (rimozione della buccia dai chicchi), procedimento che comporta l’utilizzo di attrezzature specifiche, diverse da quelle destinate ad altre coltivazioni.
    4. I consumatori italiani non sono del tutto abituati ai gusti caratteristici di queste granaglie.

    Come ha sottolineato il dottor Ciani, Re-Cereal ha voluto rispondere a queste criticità, testando diverse varietà e costituendo una piattaforma di miglioramento genetico, per dare sostenibilità di lungo periodo alle coltivazione dei cereali del futuro. La ricerca, in sintesi, si è posta questi obiettivi:

    1. Trovare soluzioni per aumentare le rese in campo, attraverso l’introduzione e la valutazione di nuovo germoplasma (basi genetiche).
    2. Evolvere le pratiche agronomiche, in merito alla densità e all’epoca di semina, in particolare per il grano saraceno.
    3. Aumentare il potenziale d’uso di queste colture nell’alimentazione quotidiana, migliorando il gusto e salvaguardando le proprietà nutrizionali, attraverso la selezione varietale e le tecniche di lavorazione.
    4. Trasferire le conoscenze acquisite agli agricoltori e all’industria alimentare, per dare seguito al progetto e agli sforzi della ricerca.
    cereali

    Scharfsinn/shuttertstock.com

    Fasi e modalità della selezione

    Per raggiungere questi risultati, sono state condotte analisi nutrizionali sulle granelle, per valutare le differenze tra le varietà e mettere a punto processi ottimali di elaborazione della materia prima, alle quali hanno fatto seguito piani applicativi negli alimenti gluten free per le farine ottenute. Il progetto, quindi, ha spaziato dal lavoro in campo fino allo sviluppo di prodotti, attraverso il miglioramento delle lavorazioni.

    Le varietà scelte per la sperimentazione, spiega Ciani, provengono da diverse nazioni, spesso extraeuropee, e in generale dai Paesi che hanno mantenuto le colture di miglio, avena e grano saraceno. Sono state condotte prove parcellari in diverse località in Italia e Austria, paragonando i risultati ottenuti e, parallelamente, i ricercatori hanno raccolto dati morfo-fisiologici sulle piante e sul loro ciclo vegetativo, identificando dei modelli da raggiungere e replicare attraverso la selezione genetica. Queste scelte sono state supportate da dati agronomici, nutrizionali, sensoriali e tecnologici, per ottenere un miglioramento su tutti questi fronti.

    È significativo precisare che queste coltivazioni, nel corso del Novecento, non hanno vissuto un’evoluzione paragonabile a quella del grano tenero e del mais. Fino agli anni Trenta, ad esempio, le rese del miglio e del granoturco erano simili, con 2-3 tonnellate per ettaro. Nei decenni successivi, però, questa seconda coltivazione ha aumentato moltissimo la produttività, mentre il miglio non si è sostanzialmente discostato da quel dato. Nel nostro approfondimento sui grani antichi, insieme al professor Spisni, abbiamo visto che le selezioni troppo focalizzate sulla quantità hanno finito per peggiorare le peculiarità nutrizionali dei cereali. Il dottor Ciali aggiunge che sul grano saraceno, in passato, si è lavorato per ottenere varietà adattabili alle diverse condizioni climatiche, specialmente in Polonia e Lituania dove questa coltivazione è sempre stata praticata.

    Oggi l’uso prevalente del miglio riguarda l’industria mangimistica per l’alimentazione animale, mentre per il consumo umano prevale per il grano saraceno, che sul piano sensoriale e nutrizionale negli anni ha mantenuto lo stesso profilo, anche perché è sempre stato legato alla tradizione, con ricette che ne valorizzano la tipicità.

    farine senza glutine

    Lucie Peclova/shutterstock.com

    Tecnologie e lavorazioni dei cereali

    L’aspetto tecnologico più importante sul quale lavorare riguardava il trattamento meccanico dei cereali, per mantenere al meglio le caratteristiche nutrizionali, favorire la conservazione e supportare la filiera. Per gli aspetti relativi all’ottimizzazione dei processi di lavorazione delle granaglie e all’analisi di chicchi e farine, Re-Cereal ha visto la collaborazione dell’Università di Innsbruck.

    Nel caso della macinazione, le scelte sono state condotte in funzione delle caratteristiche intrinseche della granella, della versatilità del mulino e della produttività a esso richiesta, oltreché delle specifiche del prodotto finito, in termini di caratteristiche sensoriali e nutrizionali. Pertanto, il tipo di impianto migliore per la macinazione di questi cereali doveva combinare queste variabili e i mulini sono stati classificati per tipologie tecniche: a laminatoio, a impatto, a pietra e criogenici. Per il grano saraceno, sono stati identificati due tipi di macinazione, in base ai quali si ottengono prodotti finiti differenti.

    1. Il metodo europeo prevede la decorticazione completa prima della macinazione;
    2. il metodo italiano, invece, prevede la rimozione del tegumento esterno scuro durante la macinazione, quindi nei prodotti si riscontra la presenza della tipica puntinatura associata al grano saraceno.

    I ricercatori hanno cercato di capire quale fosse la tipologia di macinazione migliore per conservare le proprietà nutrizionali, tra le quali il contenuto di rutina, come vedremo tra poco, riscontrando che tra i due metodi la presenza di questo bioflavonoide non varia significativamente, pur essendo lievemente superiore nel metodo italiano.

    Una procedura analoga è stata seguita per lo studio della decorticazione, accertando un’associazione ottimale fra granelle e impianti di lavorazione – a pietra o a laminatoio – a seconda delle differenti caratteristiche. Il miglio, in particolare, è sensibile all’ossidazione – con la possibile comparsa di irrancidimento, gusti sgradevoli e impossibilità di utilizzo – e le prove hanno evidenziato i processi termici innovativi e strumenti che possono diminuire questi rischi, donando stabilità alle farine e ottimizzandone l’utilizzabilità.

    Per l’avena, invece, sono state vagliate varietà vestite e nude, così definite se necessitano o meno della decorticazione prima della macinazione. In seguito, sono stati realizzati pani con tutte le farine testate, sottoposti poi ad analisi tecnologiche e alla valutazione sensoriale da parte di un panel test.

    miglio

    Bildagentur Zoonar GmbH/shutterstock.com

    Analisi e risultati

    Il progetto Re-Cereal si è avvalso di circa 1.300 analisi, sia in laboratori interni che in strutture esterne accreditate, anche in collaborazione con l’Università di Udine, in un percorso condiviso con i partner. Attraverso esami chimico-fisici e sensoriali, i prodotti sono stati valutati in ogni aspetto, per mettere a punto metodiche mirate al raggiungimento degli obiettivi sopra citati.

    Questa iniziativa ha il merito di essere riuscita a recuperare e valorizzare produzioni considerate minori, grazie al miglioramento genetico, all’ottimizzazione delle tecniche agronomiche e alla lavorazione delle granaglie. Inoltre, si è dimostrata l’adattabilità di queste piante selezionate, che hanno grandi potenzialità agronomiche e notevoli peculiarità nutrizionali e sensoriali, tali da poterle annoverare tra i cereali del futuro.

    Cereali del futuro: applicazioni e possibile diffusione

    Nella sperimentazione, come spiega Luca Ciali, con le farine senza glutine ottenute sono stati prodotti pani, applicando diverse combinazioni interessanti sul piano sensoriale. Sono stati realizzati anche snack salati, con ottimi riscontri da parte del panel di assaggio. Per questi prodotti, in particolare, oltre al gusto sono importanti anche la consistenza, giudicata migliore rispetto a quella dei prodotti con amidi di mais o di patata, grazie alla croccantezza e all’assenza di gommosità durante la masticazione. Anche il pane di avena, che normalmente sconta una carenza di succosità della mollica, è stato apprezzato.

    Le prove sensoriali hanno preso in esame dei prototipi, e per il momento è presto per fare stime sui prezzi di questi alimenti, ad ogni modo bisogna considerare il pregio di queste di materie prime, che hanno costi di produzione e lavorazione superiori rispetto a quelli dei prodotti standard. Queste farine senza glutine necessitano di essere inserite in preparazioni nelle quali non sono l’unico costituente, e sul piano tecnologico sono più difficili da gestire.

    cereali avena

    Timmary/shutterstock.com

    Miglio, avena e grano saraceno: pregi nutrizionali

    Come abbiamo anticipato, le produzione sulle quali il progetto si è concentrato hanno proprietà nutrizionali notevoli. Ciani ricorda che il miglio è ricco di fibre, antiossidanti, ferro, magnesio, zinco, vitamine B1, B6 e aminoacidi essenziali, dei quali ognuna delle tre varietà selezionate presenta contenuti diversi. Il progetto Re-Cereal, peraltro, ha perseguito una valorizzazione di queste specificità, attraverso protocolli agronomici precisi in zone differenziate, per massimizzare i nutrienti.

    L’avena, invece, si distingue per il contenuto di fibre nobili quali i beta-glucani, ma apporta anche vitamine B1 e B6, ferro, magnesio, fosforo, omega 3 e omega 6.

    Tipica del grano saraceno è la rutina, un bioflavonoide con proprietà anti trombotiche che favorisce la circolazione sanguigna, e sembra avere proprietà anticancerogene, attualmente al vaglio della comunità medica, come puntualizza Silvano Ciani. Questo pseudo cereale è anche ricco di proteine, magnesio, zinco e vitamina E.

    grano saraceno

    Ulada/shutterstock.com

    Costituire e promuovere una filiera

    Come precisa Ciani, Re-Cereal non ha la velleità di spingere nel breve periodo l’economia delle zone interessate dal progetto. L’introduzione di alcune delle varietà più interessanti e l’evoluzione delle tecniche di lavorazione di queste granaglie, tuttavia, può costituire il seguito più immediato e auspicabile dei risultati degli studi. Secondo i ricercatori, queste colture hanno un buon potenziale di mercato, con la possibilità di sviluppare una filiera, con la collaborazione di tutte le professionalità e le competenze che la costituiranno.

    Per trasferire le conoscenze raggiunte, in questo senso, sono state organizzate giornate in campo durante le stagioni vegetative insieme agli agricoltori e, parallelamente, proseguono le pubblicazioni di articoli su riviste scientifiche e divulgative.

    Luca Ciali precisa che il concetto di filiera si basa su aspetti di sicurezza molto importanti:

    • tracciabilità del seme
    • garanzia della varietà seminata
    • attività agricola in campo
    • riduzione della cross contamination (contaminazione con un altro materiale o prodotto), con un’attenzione particolare per il glutine.

    Grazie a queste basi è possibile standardizzare le caratteristiche della materia prima, permettendo anche ai mulini di lavorare in modo replicabile, con determinati settaggi e buone rese produttive. Per strutturare la filiera, è fondamentale costruire collaborazioni con tutti gli attori coinvolti, per crescere assieme e garantire sicurezza alimentare, equità e sostenibilità.

    Gli agricoltori, peraltro, sono sempre più interessati a colture alternative, in grado di resistere agli attacchi parassitari e al rischio di contaminazione da micotossine, a maggior ragione considerando la scarsa redditività delle colture tradizionali e i margini superiori che si possono ottenere con produzioni ricercate e di qualità.

    In conclusione, Silvano Ciani ricorda che queste coltivazioni, seppur parzialmente dimenticate, da secoli fanno parte della nostra cultura alimentare. Ad esempio, sono molti i piatti della tradizione alpina e friulana a base di grano saraceno, dai pizzoccheri valtellinesi alle torte altoatesine. Il miglio, invece, prima dell’introduzione del mais dall’America era la base per la polenta e per la panissa piemontese, progenitrice del risotto.

     

    Pensate che tra i cereali del futuro possano rientrare anche queste colture? Ogni tanto vi capita di mangiare prodotti che contengono miglio, avena o grano saraceno?

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

    Lascia un commento