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Il tartufo d’Alba: celebrità italiana in tavola

Adriana Angelieri

Servi della gleba
Non importa che sia sferico o piatto. Che il peridio, la sua parete esterna, sia di color bianco latte o giallo d’ocra. In fondo va benissimo che al tatto si presenti liscio o sculturato, l’importante è che sia  attraente, non troppo rigido né troppo elastico, che ci rapisca con il suo odore intenso e inconfondibile. Che custodisca gelosamente la gleba, una polpa di colore marrone frammisto a venature biancastre.
Non ne ignorava il potere seduttivo Camillo Benso di Cavour, che ne fece un mezzo diplomatico. Caddero ai suoi piedi persino Rita Haywort, Harry Truman,  Winston Churchill, Joe Di Maggio, Marylin Monroe, insieme a tante altre celebrità. Seppur avvezzi a fama, attestati di stima, premi e riconoscimenti, di certo non dovettero rimanere impassibili quando Giacomo Morra, albergatore e ristoratore d’Alba a cui si devono fortunate intuizioni, pensò bene di lusingarli con un regalo inconsueto: il migliore esemplare d’annata.
Non è per sempre, ma per il portafogli, vedere per credereè come se lo fosse.
Non un tartufo qualsiasi, no. Ma il tartufo d’Alba, meglio noto tra gli addetti ai lavori come  Tuber magnatum Pico, Trifola per i conterranei.

Dagli Appennini alle Langhe
Lo possiamo trovare anche in Romagna, in Toscana, nelle Marche, in Umbria, in Campania, in Veneto ed in Lombardia. Ma il suo regno, si sa, sono le Langhe.

Che non si dica che sono tutti uguali
Non bisogna essere cani da tartufo per apprezzarne l’odore inconfondibile, per carità. Ma dietro la targa dell’esemplare qualificato c’è il parere di circa cento giudici istruiti allo scopo dal Centro Nazionale Studi Tartufo, dediti alla sua analisi sensoriale.
Perchè dev’essere bello, profumato, piacevole al tatto.

Il più bello
La valutazione sensoriale comincia dall’analisi visiva. Il corpo fruttifero anzitutto dev’essere integro.  Non solo perché diversamente sarebbe bruttino, ma anche perché sarebbe portato e deteriorarsi più facilmente. Anche l’igiene personale gioca un ruolo importante nell’assegnazione della fascia Mr Bianco d’Alba: lo vogliamo acqua e sapone, senza residui di terra, senza trucchi che ne occultino difetti e imperfezioni.
L’ultimo criterio di giudizio, come in tutti i concorsi di bellezza che si rispettino, è puramente soggettivo: non è bello il tartufo bello, ma è bello il tartufo che piace. Ad ogni giudice il diritto di affidarsi al suo personale colpo di fulmine.

Non troppo duro, né troppo elastico
Non è solo la ricetta vincente per conquistare una donna. È ciò che spinge i suoi cultori a dire che è perfetto al tatto: turgido, compatto, non troppo duro, non troppo morbido.

A ciascuno la sua fragranza
Fermentato, fungo, miele, fieno, aglio, spezie, terra bagnata e ammoniaca. La composizione aromatica del tartufo bianco d’Alba viene identificata attraverso precisi descrittori.

A volte bisogna essere crudi
Ed è il caso del nostro ospite d’onore. Che si accompagna bene tanto a piatti caldi che a piatti freddi a patto che che sia crudo e tagliato a lamelle sottili. Superfluo precisare che si sposa perfettamente alla cucina piemontese.

Alla fiera dell’Ovest
Per vederlo da vicino, stringergli la mano, ascoltare i pareri di chi lo conosce bene, pendere dalle mani di chef che sanno il fatto loro, c’è da aspettare veramente poco. Dall’11 Ottobre al 16 Novembre il Tartufo d’Alba si mette in mostra. Basta andarlo a trovare a casa, per l’84esima edizione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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