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Ristorante Tamo: la nuova cucina abruzzese

Giovanni Angelucci
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    La proposta enogastronomica offerta dai ristoranti d’Abruzzo cresce sempre più in termini qualitativi: è la regione dove si trova uno dei più acclamati del momento, il tristellato Reale di Niko Romito a Castel di Sangro, i pilastri dell’autenticità Villa Maiella e La Bandiera (entrambi stellati), e una compagine di grandi insegne in cui il culto della buona cucina è declinato attraverso grandi piatti e forte territorialità.

    Oggi parliamo di una delle nuove chicche, una realtà che sta per compiere un anno. Sono giovani, belli, capaci e lavoratori: “siamo Mariachiara e Antonio, compagni nel lavoro e nella vita. Tamo, il nostro ristorante, è il nostro progetto, la sintesi culinaria di un viaggio esperienziale che ci ha condotto a voler esprimere in libertà la nostra idea di cucina e ristorazione”. I due ragazzi hanno osato senza esagerare, proponendo una formula di ristorante unica nella regione che si offre attraverso l’alta cucina e la condivisione. Vediamo di cosa si tratta. Preparatevi, è un vero viaggio all’insegna dei sapori!

    Tamo: il ristorante dove la cucina supera i confini del gusto

    tamo

    Antonio e Mariachiara

    Lui ha 27 anni ed è cuoco, Antonio Blasi di origini pugliesi proveniente da una famiglia di pescatori; lei ne ha 28 e si chiama Mariachiara Guastadisegni di Chieti, pasticciera prestata alla sala che inizia nel 2013 un corso presso l’ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana diretta da Gualtiero Marchesi. Lavora con Heinz Beck (presso Les Pallottes, Pescara, 1 stella Michelin) e ancora nel 2014 parte per Dubai e Parigi dove vive la cucina di Alain Ducasse. Dopo la Francia si sposta verso il Portogallo in cui matura la sua esperienza anche con lo chef Dieter Koschina. La sua anima è dedita alla pasticceria e il suo tocco leggiadro e nobile è occupato, al momento, anche in sala.

    Antonio è di San Pietro Vernotico in provincia di Brindisi, trascorre la sua adolescenza nella pescheria di famiglia e il suo cuore è tutto mare e cultura del pesce. Il diploma in aeronautica non lo convince, vuole cucinare: nel 2012 avvia la sua formazione in cucina con lo chef Davide Pezzuto a Les Pallottes per poi essere accolto alla corte di Heinz Beck nei ristoranti di Dubai, Roma e in Sardegna. E ancora Parigi, Portogallo, Tokyo nella cucina dello chef Yoshihiro Narisawa, e infine la Spagna per avere una visione il più possibile ampia sulle cucine mondiali più rilevanti. Dimenticate la schiera di cuochi super eroi autoreferenziali, questi due ragazzi  conservano tanta bravura quanta umiltà, un valore di non poco peso nel cv di uno chef d’oggi.

    Il luogo

    In un edificio d’epoca, nel borgo medioevale di Spoltore, in provincia di Pescara, vive Tamo e il suo contesto minimal-contemporaneo espresso con un unico grande tavolo. Commensali che condividono un’esperienza, la più alta di tutte, quella culinaria e della convivialità. Una sola sala rettangolare e un lungo tavolo per circa venti persone a cui viene servito un menù in continua trasformazione. D’estate è invece possibile cenare all’esterno, in un bellissimo giardino che guarda la natura.

    La cucina

    “A partire dalla ricerca delle materie prime e dall’elaborazione di nuovi metodi di trasformazione, senza mai dimenticare la loro essenza e la loro origine, nasce il nostro menù. Il risultato è una cucina personale, colorata e dai sapori mediterranei e, allo stesso tempo, contaminata dagli influssi internazionali”, raccontano i ragazzi. E come potrebbe essere diversamente quando i piatti vengono creati da chi (sacralmente) ha posto alla base della propria esistenza il viaggio e la diffusione culturale?
    Antonio a giorni alterni si reca nell’azienda ortofrutticola a due passi dal ristorante per fare la spesa e comprare i prodotti semplici e genuini che la terra abruzzese gli concede, rispettando quindi la stagionalità delle materia prime. Ed è proprio da qui che nasce poi lo stupore per ricette entusiasmanti e studiate, unite dalla  semplicità.

    tamo cucina

    Appagano i percorsi sensoriali proposti dai giovani cuochi, fuori da ogni schema, ma con un viaggio assicurato di piatto in piatto. Il menu, come detto, varia parecchio e riprende le esperienze di chef Blasi, quella emozionale e di vita basata sul pescato che conosce benissimo, e la tecnica appresa nelle diverse cucine, in primis in quelle giapponesi per quanto riguarda le lavorazioni. Lo scampo con ceviche di mango, guacamole e rafano nero o la ricciola con spuma di cetriolo, soia e salsa di lemongrass sono solo due entusiasmanti preludi ai primi, tra cui gli agnolotti di zafferano con astice, salicornia e granella di guanciale e il risotto all’acqua di peperoni con baccalà, latte di alici e prezzemolo. Un secondo tra tutti? La triglia croccante farcita con sapori mediterranei, estratto di olive verdi e salsa di arrosto di mare ma anche il piccione con foie gras marinato alla genziana, barbabietola e menta. Sapori, agilità, fantasia e coraggio di osare in un menù che troverete in parte diverso da un mese all’altro. Ovviamente in questo caso la chiusura dolce è d’obbligo considerato che è Mariachiara ad occuparsene (detto da chi normalmente non mangia dessert).

    “Il nostro obiettivo è offrire un’esperienza culinaria che supera i confini dei sapori; un viaggio che inizia dal tavolo, unico, dove i commensali si incontrano e condividono pensieri, e che continua con la presentazione dei piatti, sintesi di un confronto di idee, tecnica e ricerca, e si conclude con uno scambio e un arricchimento tra noi e i nostri ospiti”, racconta la coppia di cuochi sul sito web del ristorante.
    La coppia di cuochi parteciperà durante gli ultimi giorni di ottobre alla competizione Chef Emergente, la più importante gara nazionale per i giovani chef e dal mio punto di vista daranno del filo da torcere agli avversari perché nonostante siano under 30 hanno talento, esperienza e la giusta dose di fantasia con cui andare lontano.

    Staremo a vedere ma intanto cosa state aspettando per fargli visita?

    Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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