Scent Dinner profumi

Cosa sono le scent dinner, le cene sensoriali

Angela Caporale
2

     

    Un piatto prelibato lo riconosci alla vista, al gusto e anche all’olfatto. Sappiamo bene che l’esperienza enogastronomica è per natura multisensoriale, e questa sua caratteristica è sempre più importante per i consumatori. Gli italiani, infatti, sono disposti a muoversi, a ricercare e anche a spendere pur di poter aggiungere una dimensione esperienziale a una cena. Non è un caso che il turismo enogastronomico sia un trend in forte crescita e che l’Italia, con le sue ricchezze, ne sia leader. Ma vi siete mai chiesti quanto i sensi influenzino il sapore di quello che mangiamo? Per aiutare i commensali a trovare autonomamente una risposta, sono nate diverse proposte che hanno sempre più successo anche nel nostro Paese: è il caso di “scent dinner” e “blind dinner”. Curiosi di sapere di cosa si tratta? Scopriamolo insieme!

    Scent dinner: come “mangiare con l’olfatto”

    Chandel Burr Scent Dinner

    Esperienza raffinata e particolare è quella della “scent dinner”, ovvero una cena esclusiva in cui ciascuna delle portate del menù è ispirata da una specifica fragranza. È l’odore, dunque, a tradursi in piatto da mangiare prima con il naso e poi con la bocca. L’idea è di Chandler Burr, uno dei più importanti esperti di profumi al mondo, nonché perfume critic del New York Times. Dalla sua esperienza e specializzazione sull’argomento è nato questo inusuale e itinerante percorso gastronomico, che coinvolge importanti che fin tutto il mondo.

    In Italia, la scent dinner è arrivata per la prima volta nel 2012. Durante quell’edizione di Pitti Fragranze, a Firenze, Chandler Burr stesso ha presentato la sua idea. Tra i profumi che hanno ispirato i piatti creati e realizzati dallo chef Michele Griglio, troviamo la vaniglia del Madagascar di Shalimar di Guerlain e il mango verde di Jardin sur le Nil di Hermès. Ma ogni scent dinner ha un percorso a sé stante: cambiano sia le fragranze scelte sia i piatti proposti, perché è lo chef che, di volta in volta, si fa ispirare da un dettaglio o da un altro.

    L’esperienza della cena parte dall’olfatto. Ai partecipanti, infatti, viene presentata la fragranza su un classico cartoncino, ed è lo stesso Chandler Burr a proporre una guida a una corretta interpretazione e “degustazione” del profumo. Segue il piatto ispirato nel quale si ritrovano gli stessi aromi e lo stesso ambiente.

    Scent dinner, un menù degustazione al St. Regis di Venezia

    Scent dinner Pitti

    Si tratta, naturalmente, di cene esclusive, a numero chiuso e molto spesso riservate agli addetti ai lavori. Tuttavia nel mese di novembre è stato inaugurato un percorso dedicato alla scent dinner all’Hotel St. Regis di Venezia. Dopo essere stato “testato” durante una serata privata, è stato presentato un menù degustazione che potrà essere prenotato dagli ospiti dell’hotel in caso di eventi speciali e celebrazioni su misura.

    Il menù del St. Regis è elaborato insieme dal designer di profumi Carlos Huber, con l’executive chef Nadia Frisina e il bar manager Facundo Gallegos. La fragranza da cui sono partiti per elaborare i piatti è il “Caroline’s Four Hundred”, ispirata a Caroline Astor, matriarca della famiglia che ha fondato il St. Regis. 

    Blind dinner, la cena sensoriale senza vista

    Le scent dinner restano un’esperienza esclusiva, mentre sono sempre più diffuse le serate di “dark dining”, dette anche “blind dinner”. Come suggerisce il nome, si tratta di cene durante le quali non è possibile vedere nulla di quanto si mangia. La scelta di escludere la vista è finalizzata a una stimolazione degli altri sensi, dall’olfatto al gusto, per far sì che l’estetica del piatto non vada a condizionare la nostra percezione. Tra i primi locali che hanno proposto le cene al buio c’è stato il Blindekuh di Zurigo, inaugurato nel 1999, e l’Unsicht Bar a Colonia nel 2001. L’esperienza delle cene sensoriali, una moda soprattutto a Londra e nel Regno Unito, è diventata popolare anche in Italia. 

    Cena al buio: come cambia la nostra percezione del cibo?

    Gli psicologi Charles Spence and Betina Piqueras-Fiszman hanno osservato come cambia, per esempio, la socialità che gravita attorno alla condivisione del pasto. Si perde, infatti, la percezione della prossimità e della distanza dagli altri commensali, e anche la tipologia di discorsi verte prevalentemente su questioni pratiche, come la difficoltà di trovare il piatto o di distinguere gli alimenti serviti.

    Per quanto riguarda l’aspetto sensoriale, invece, si osservano due differenze. La prima è che, eliminando la vista, si riducono e quasi annullano le aspettative sul cibo, perché ci priviamo della possibilità di valutare a un primo sguardo la qualità di quanto andremo a mangiare. Si tratta, dunque, di una parziale compromissione dell’esperienza gastronomica perché, appunto, completata senza la dimensione visiva e ciò che essa comporta. La seconda differenza è che, rinunciando alla valutazione estetica dei piatti, gli altri sensi risultano potenziati. Le blind dinner sono, quindi, occasioni per stimolare percezioni che, normalmente, risultano secondarie e spesso dimenticate.

    I cibi sono più buoni oppure no al buio? Partire dalle fragranze quanto modifica l’esperienza gastronomica? Sia le scent dinner che le blind dinner sono serate assolutamente da provare, per chi ne ha la possibilità, per poter capire a livello soggettivo quanto i vari sensi abbiano un impatto sul rapporto col cibo.

     

    Avete mai preso parte a queste serate sensoriali?

     

    Foto: pittimmagine.com – Credits: V. Bassetti

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

    Lascia un commento