Prosecco di Valdobbiadene

Prosecco di Valdobbiadene: cosa lo rende Superiore?

Silvia Trigilio

Se la sua produzione si attesta attorno ai 72 milioni di bottiglie, il suo valore di produzione ai 362 milioni di euro e quello di consumo a circa 450 milioni di euro, un motivo ci sarà.

Il Prosecco di Valdobbiadene, questo “vino fighetto” – come l’ha definito Giuseppe Cruciani durante l’incontro che il 20 Giugno Luca Telese ha moderato a Villa dei Cedri, in occasione di “Sorsi d’Autore” – evidentemente ha qualcosa che piace tanto, qualcosa per cui gli 80 paesi in cui viene esportato sono disposti a pagare.

 

Telese e Cruciani a Sorsi d'Autore

 

Un quid che volevamo “tastare” in loco e che volevamo farci raccontare: per questo “Il Giornale del Cibo” non si è lasciato scappare l’occasione di fare una capatina al primo appuntamento di “Sorsi d’Autore” e mi ha spedito a Valdobbiadene dove, oltre a prestare (chiaramente a malincuore) la mia presenza per eccellenti degustazioni, mi sono avventurata tra le colline completamente invase da vigne, per un eroico “Walk and Wine” organizzato dalla fondazione Aida.

L’eroico terroir del Conegliano-Valdobbiadene

Se state pensando che sia eroico per l’eccellenza del gusto, i volumi di produzione e di esportazione ci avete preso, ma in parte. Alcuni dei vigneti che danno vita a questo uvaggio, infatti, sono eroici perché lavorati grazie a quella che viene definita viticoltura eroica, praticata laddove le difficoltà strutturali del territorio rendono difficile qualsiasi forma di meccanizzazione, che dunque e limitata e lascia all’uomo il grosso del lavoro, per un totale di ore che, in alcuni casi, possono arrivare a più di 2200 all’anno (per uomo, s’intende…).
A parlarcene è una delle nostre guide, Gianluca Macchi, direttore CERVIM, che insieme a Miro Graziotin (che questo territorio lo conosce come le sue tasche e si presenta come “VIP, vecio in pensione”) ci spiegherà cosa rende unico questo territorio e, dunque, il suo vino.

 

Tra Conegliano e Valdobbiadene: Il Prosecco Superiore e…storico

Quella del prosecco nel territorio trevigiano è una storia antica che rende questo ricercatissimo vino ancora più nobile, anzi, imperiale. Se è vero che le sue origini risalgono infatti ai tempi dell’Impero Romano, quando il nostro pregiatissimo vino era prodotto dalle colline carsiche intorno al golfo di Trieste – ci raccontano le nostre guide – è vero anche che ben presto arrivò nella sua attuale patria. E dunque, già nel VII secolo abbiamo notizia del prosecco nel trevigiano, dove oggi trova una delle sue massime espressioni.

Uva Valdobbiadene

Ma partiamo dalle nozioni basilari: il Superiore DOCG Conegliano-Valdobbiadene che ci viene raccontato tra una salita e l’altra, è composto da un uvaggio che comprende principalmente Glera (almeno per un 85%) e in percentuali variabili altri prodotti locali. “Solitamente Verdiso, Bianchetta e Perera”, ci istruiscono le nostre guide.
A questo punto, siamo curiosi di capire qualcosa in più di questo territorio. O meglio: terroir

 

Il clou dei cru: i Superiore di Cartizze

Il comuni interessati nella produzione di Conegliano-Valdobbiadene sono ben 15: circa 20 mila ettari di vigneti, 6000 dei quali iscritti all’albo. Tutto “terreno fertile” per una produzione Superiore d’eccellenza in cui spiccano i cru, primi fra tutti i Superiore di Cartizze, che vanta una produzione totale di 400 milioni di bottiglie DOCG e più di 1 milione e mezzo di fatturato annuo.

Il terreno vitato per la sua produzione si estende per 107 ettari, “praticamente un fazzoletto di terra”, commenta Miro, “compreso tra le colline più scoscese di S. Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, nel comune di Valdobbiadene, definito il Pentagono d’Oro”.
Una denominazione che gli ha dato il Consorzio di Tutela in virtù della sua forma, della qualità delle uve (in assoluto, le uve di massima qualità) e (aggiungiamo noi) del valore delle particelle vitate, “comodamente acquistabili” alla “modica” cifra di circa 250 euro al metro, come ci informano, ancora, Gianluca e Miro.

Vitigno Prosecco di Valdobbiadene
E poi ci sono i Rive, ottenuti da uve che provengono esclusivamente da un comune o da una sua frazione, particolarmente adatti dunque ad esaltare le caratteristiche che un territorio conferisce a quel vino. Ma questo punto ci chiediamo: cos’è che rende questa zona “votata” al prosecco?

 

Cosa rende così prezioso il terroir del Conegliano Valdobbiadene?

Dopo averci parlato di viticoltura eroica, Gianluca Macchi, ci illustra gli aspetti importanti del terroir, quelli che determinano la qualità dei nostri (magari!) vini:

  • Paesaggio
  • Il Clima, mite in tutta l’area, con inverni non troppo freddi ed estati calde, ma non afose.
  • L’intervento dell’uomo

I suoli in cui sono coltivate le uve del Prosecco di Valdobbiadene sono assai differenti. Esistono tuttavia due macrozone: quella del già decantato “pentagono d’oro” e quella in cui siamo in visita, dal suolo arenario marnoso, che permette alla pianta di esprimere al meglio il suo genoma. L’apporto minerale  di questi inimitabili prosecchi deriva proprio da queste caratteristiche, peraltro “in alcune zone di questi territorio affiorano antichi fondali marini. Ecco perché noi diciamo che il vino deve parlare del mare…”, scopriamo da Miro.
Ma – oltre al già citato clima – mai come in questo caso è essenziale l’intervento dell’uomo, che si concretizza anzitutto nella viticoltura eroica praticata in aree in cui le pendenze raggiungono a volte anche il 70% e che richiedono, dunque, un’abilità e un’esperienza tramandata di generazione in generazione.
Al punto che “ci sono zone in cui si vendemmia cordati”, specifica Gianluca.

Valdobbiadene
L’intervento dell’uomo tuttavia lo si ritrova anche nell’uso di acque purissime con cui i vitigni vengono trattati, “Quella che noi chiamiamo acqua santa”, racconta Miro.
E poi, anche negli antichi casolari sparsi per il territorio, testimonianza degli antichi e preziosissimi allevamenti di mucche, che “benedivano”e arricchivano il terreno con il loro letame. “Qui c’è la nostra storia. Non nei depliant patinati che viaggiano per il mondo”, conclude Miro.

 

L’ ‘ombra’ della cantina Tanorè

La nostra eroica passeggiata tra i vitigni pendenti si chiude alla cantina Tanorè, dove veniamo accolti non per un bicchiere, ma per un’ombra de vin (siamo in Veneto, dunque: che ombra sia!). Un’azienda che produce ogni anno 80 mila bottiglie all’anno di eccellente qualità, una parte delle quali destinate al Superiore di Cartizze DOCG Dry.

La grande sorpresa è che i vini non ci vengono serviti in flute: giammai! A Valdobbiadene hanno estirpato questo viziaccio brutto che ostacolava la prova olfattiva, ed è per questo che riusco a sentirne l’odore fresco e variegato, le note di pera, di miele, i fiori d’acacia e le foglie salvia (li sento, per carità, ma soprattuto li leggo sul sito della cantina Tanorè).

A questo punto, non ci resta che brindare a “Sorsi d’Autore” e alla fondazione AIDA per averci invitato a questo tete-a-tete con il Prosecco di Valdobbiadene!

Nata ad Augusta, in provincia di Siracusa, vive a Bologna, dove lavora per l'agenzia di comunicazione Noetica. È direttore responsabile de Il Giornale del Cibo, per cui si occupa di Food Innovation. Il suo piatto preferito è l'insalata di polpo, a patto che sia fresco e cotto bene, perché "è un piatto semplice che riesce a portarmi a casa senza prendere l'aereo". Per lei in cucina non possono mancare il limone, l'origano, l'olio buono e una bottiglia di vino bianco.

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