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“Panino da casa” nelle scuole, dal Consiglio di Stato il via libera

Angela Caporale
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    La vicenda che vede contrapposta la ristorazione scolastica e il “panino da casa” si arricchisce di un nuovo episodio. Infatti, a due anni dalla sentenza della Corte d’Appello di Torino, che si espresse a favore del pasto portato da casa, è intervenuto anche il Consiglio di Stato, con una sentenza che ha dato ragione ai genitori del Comune di Benevento, i quali avevano impugnato un regolamento che vietava qualsiasi tipo di cibo portato da casa nelle scuole. Una decisione che potrebbe avere effetti anche sul piano nazionale: esistono infatti pro e contro rispetto a questa alternativa, che coinvolgono la libertà di scelta, l’autonomia delle istituzioni scolastiche, ma anche la salute. Per questo, noi abbiamo voluto approfondire la tematica, in particolare dal punto di vista nutrizionale: quali potrebbero essere le conseguenze di questa apertura alla “schiscetta”? Per rispondere alla domanda abbiamo intervistato il dottor Claudio Maffeis, professore di Pediatria dell’Università di Verona.

    Panino da casa: la sentenza di Benevento annulla il divieto

    panino da casa scuole

    Africa Studio/shutterstock.com

    Facciamo un passo indietro per comprendere cosa è successo a Benevento. La giunta comunale aveva approvato un regolamento che prevedeva il divieto del consumo a scuola di cibi portati da casa e imponeva la mensa pubblica nelle scuole della città. Si è trattata di una norma osteggiata sin da subito, tant’è che già nel marzo scorso si era espresso il Tar della Campania che aveva annullato il regolamento. La questione è arrivata, però, fino al Consiglio di Stato che, con una sentenza del 5 luglio scorso, pubblicata il 3 settembre, ha confermato la pronuncia del Tar.

    Le motivazioni

    È la prima volta che si arriva ad un livello di giudizio così elevato e il Consiglio di Stato sottolinea due elementi differenti. Da un lato, infatti, si evidenzia come il Comune non sia l’organo competente per imporre un regolamento del genere che va a minare l’autonomia dei dirigenti scolastici. Dall’altro, invece, la sentenza spiega che “la scelta restrittiva radicale del Comune limita una naturale facoltà dell’individuo – afferente alla sua libertà personale – e, se minore, della famiglia mediante i genitori, vale a dire la scelta alimentare, che è per sua natura e in principio libera, e si esplica vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno”.

    Via libera, dunque, al “panino da casa” a Benevento che segue una serie di comuni come Torino, Venezia, Verona, Milano, Genova, Lucca e altri dove si è replicato uno scontro simile dal medesimo epilogo. Poche sono le eccezioni, sebbene non irrilevanti come la sentenza del tribunale di Napoli del maggio 2017. Al netto, tuttavia, delle battaglie legali, resta da chiarire in cosa consista questo tipo di alternativa al pasto in mensa, perché viene scelto e, soprattutto, quali sono pro e contro da un punto di vista nutrizionale.

    Panino da casa: pro e contro secondo il pediatra

    Ciascuno, potrebbe essere superfluo ricordarlo, è libero di scegliere il proprio stile alimentare in maniera autonoma e, come sottolinea il dottor Maffeis, esistono indicazioni su come alimentarsi in maniera salutare, ma non obblighi. Ciò è vero per l’adulto che è responsabile della propria salute, ma la questione si fa più delicata quando si parla di bambini che hanno bisogno di un determinato apporto energetico e di nutrienti per poter crescere sani e forti, e che dipendono dalle scelte alimentari della famiglia.

    Fatta questa premessa, portare il panino da casa come pranzo o come merenda ha certamente dei pro: “da un lato – spiega il pediatra – c’è la questione del gusto: le aspettative del bambino vengono graficate se a preparare la merenda è un genitore che sa cosa piace e cosa no. Dall’altro, è altamente probabile che il pasto venga effettivamente consumato e ciò rappresenta un altro elemento positivo.”

    Tuttavia il professor Maffeis sottolinea come esistano anche delle concrete criticità e dei rischi legati a questa pratica. In primo luogo, ogni genitore prepara per il proprio figlio ciò che ritiene opportuno con una naturale conseguenza: “il fatto che emergano delle differenze tra un bambino e un altro. Chi si trova, per esempio, a mangiare uno spuntino meno “trendy” può sentirsi inadeguato, meno amato o addirittura parzialmente discriminato.” In altre parole, è importante non sottovalutare l’aspetto psicologico della libera scelta del genitore.

    Inoltre, l’esperienza del pediatra suggerisce che non è detto che i genitori sappiano fornire al bambino la merenda oppure il pasto corretto dal punto di vista nutrizionale: “ciò che accade più spesso è che l’errata composizione della merenda si traduca in un eccesso di zuccheri o grassi oppure in un eccesso di calorie.” Fattori che, come abbiamo visto nel corso degli approfondimenti della campagna #CrescereATavola, possono aumentare il rischio di sovrappeso e obesità.

    Mensa scolastica, educazione e sperimentazione

    mensa scolastica

    LightField Studios/shutterstock.com

    D’altro canto, condividere il pasto insieme ai propri coetanei in una mensa scolastica ha dei vantaggi dal punto di vista dell’educazione alimentare, un tema cruciale proprio perché strettamente connesso alla salute. “Riassumendo – aggiunge l’intervistato – la ristorazione scolastica può svolgere una triplice funzione di formazione in quest’ambito.”

    1. Informazione: è possibile, infatti, coinvolgere bambini e famiglie e fornire loro  incontri, esperienze, poster, volantini, immagini, manuali e materiali utili a spiegare come funziona la corretta nutrizione.
    2. Esempio: la varietà di proposte e preparazioni di una mensa, condivise con i compagni di classe, può incoraggiare anche i bambini più diffidenti a mangiare tutto.
    3. Sperimentazione: infine, proprio il confronto con i compagni e le differenti soluzioni proposte dalla ristorazione scolastica possono stimolare la scoperta di cibi che, talvolta, a casa non si trovano.

    Un beneficio ulteriore della condivisione del pasto proposto dalle mense riguarda la lotta contro sovrappeso e obesità infantile. “La somministrazione di pasti equilibrati è – spiega Maffeis – già un fattore di prevenzione. Inoltre, esiste anche un certo controllo degli apporti di vari elementi nel piatto. Persiste sempre la criticità legata al fatto che i bambini non hanno tutti gli stessi fabbisogni di energia e di nutrienti, ma la mensa permette un maggior controllo e personale competente per poter evitare gli eccessi.”

    Il pasto condiviso come l’Erasmus

    La dimensione della socialità e della condivisione del pasto non è di poco conto anche dal punto di vista nutrizionale. “I bambini – riflette il professore – stanno a tavola insieme, parlano, si confrontano, imparano a mangiare cibi nuovi perché lo fanno gli amici. È fondamentale, in un’ottica di crescita, perché è un modo, al pari del viaggiare, di sperimentare qualcosa di diverso rispetto all’ambiente dove si è nati.” Abituarsi ad uscire dalla propria zona di comfort e iniziare fin da piccoli a sperimentare realtà nuove non è che una buona pratica per coltivare educazione e conoscenza già a scuola. Altro non è, in fondo, come svolgere, più tardi, un periodo di studio all’estero, un viaggio di lavoro, un’opportunità di formazione continua. Solo da bambini e in una dimensione ancora in qualche modo familiare.

    Vegetariani, vegani e altre scelte

    mense vegetariane e vegane

    ChiccoDodiFC/shutterstock.com

    All’interno del dibattito sul “panino da casa” si discute spesso anche delle scelte di chi adotta uno stile alimentare diverso da quello tradizionale, non per ragioni di salute. “È ovvio che sulle scelte personali non si può discutere, ognuno può mangiare ciò che vuole”, precisa il dottor Maffeis. Tra l’altro, le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica prevedono i menù speciali per rispondere a scelte etiche e religiose. “Le raccomandazioni nutrizionali pediatriche – aggiunge l’intervistato – hanno solo l’obiettivo di garantire che l’alimentazione del bambino rispetti il suo fabbisogno energetico e dei nutrienti”, senza dunque esprimersi sulla libertà e l’autonomia decisionale delle famiglie.

    È sicuramente complicato per la ristorazione scolastica rispondere alle esigenze di tutti per ragioni di tipo pratico ed economico, tuttavia l’intervistato è convinto che, da un lato, alternative già siano messe in atto e, dall’altro, sia possibile in futuro migliorare l’offerta per poter continuare a esercitare l’inclusività.

    In conclusione, il professor Maffeis spiega che, da un punto di vista nutrizionale, la merenda e il pranzo offerti dalla scuola sono preferibili rispetto alla “schiscetta” o al panino da casa perché “si tratta di un pasto equilibrato che va bene per i bambini. Non cadiamo nell’errore di pensare che sia perfetto, ma mediamente va bene per tutti, consente la socializzazione ed è un importante veicolo educativo. Non dimentichiamo, inoltre, che vi è sempre un controllo della qualità e della quantità dei cibi proposti.”

     

    Qual è la vostra esperienza con il pranzo dei bambini a scuola? Raccontatecelo nei commenti.

    Immagine di Copertina: Petrovich Nataliya/shutterstock.com

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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