Olio di palma sostenibile

Olio di palma, colza e girasole: qual è il più sostenibile?

Matteo Garuti

L’olio di palma può essere sostenibile? Mentre questo ingrediente inizia a essere escluso dalle ricette di molti prodotti dell’industria alimentare, ci si chiede se le alternative siano realmente preferibili. Olio di girasole e olio di colza attualmente sembrano i sostituti più accreditati, anche se queste piante hanno caratteristiche diverse fra loro.
Dopo aver parlato delle certificazioni che attestano la sostenibilità dell’olio di palma, abbiamo dunque voluto chiedere un parere a Lorenzo Barbanti, docente di agronomia dell’Università di Bologna, che si è anche occupato dei bilanci economici ed energetici delle coltivazioni di palma. A lui abbiamo chiesto se effettivamente l’industria alimentare può fare a meno di questo ingrediente, alla luce di un confronto sulla resa dei diversi oli vegetali.

Palma da olio

La caratteristiche e i vantaggi dell’olio di palma. È vero che la palma da olio è molto più produttiva e richiede meno risorse rispetto agli altri vegetali alternativi?

Lorenzo Barbanti: L’olio di palma è un grasso semi solido, pensiamo a una sorta di burro. Pertanto, non è un grasso liquido, diversamente dagli altri grassi vegetali, come gli oli di semi o l’olio d’oliva.
La coltura della palma è nettamente più produttiva rispetto alle altre oleaginose. In particolare l’olio di palma è confrontabile con gli oli di semi, non con l’olio d’oliva che ha caratteristiche diverse.
Confrontando la palma con la colza e il girasole, si nota che la palma è sempre più produttiva. Dal bilancio economico dipendono anche le zone di coltivazione, che sono sempre diverse. I bilanci energetici sono migliori, perché producendo molto di più è chiaro che il numeratore è sempre più alto.

Dal punto di vista delle coltivazioni, dei costi e delle risorse, quindi, la palma ha un’economicità imbattibile su scala industriale. È così?

L.B.: Tendenzialmente sì, globalmente è la palma è l’oleaginosa più produttiva. Se ad esempio confrontiamo un chilo di olio di girasole prodotto in Umbria o in Emilia Romagna rispetto a un chilo di olio di palma prodotto in Malesia, l’olio di palma è nettamente vincente.

Resa oli vegetali

Fonte immagine: palmoilandfood.eu

Anche l’impiego di acqua e fertilizzanti, pertanto, è minore per le coltivazioni di palma?

L.B.: Sì, sempre grazie a questa grande produttività. I consumi per chilogrammo di materia utile prodotta sono sempre più bassi.

La coltivazione di palma da olio può essere sostenibile?

L.B.: In questo senso, ci sono diversi piani di lettura. Se la palma è coltivata correttamente – senza causare un disboscamento eccessivo – non crea particolari problemi. Non più problemi di quanti abbia creato, ad esempio, il passaggio dal bosco planiziale ai campi coltivati avvenuto nella pianura padana, un panorama agricolo che conosciamo bene.
È vero che negli ultimi 10-15 anni c’è stato un grosso incremento delle coltivazioni di palma (la produzione negli ultimi dieci anni è più che raddoppiata, ndr). Rispetto alla semplice coltivazione per usi alimentari, ha inciso sensibilmente anche la crescente richiesta di oli per le produzioni bio-energetiche, per essere trasformati in biodiesel o altro. Anche gli usi food posso non essere esenti da conseguenze negative sull’ambiente.

Olio di palma

Tuttavia, dobbiamo considerare che i Paesi nei quali si coltiva la palma da olio – come ad esempio la Malesia e l’Indonesia – in genere sono economie in via di sviluppo. È chiaro che è difficile immaginare che una nazione emergente possa rinunciare a sfruttare una sua importante risorsa agricola, peraltro ampiamente richiesta dall’industria alimentare occidentale. L’olio di palma rappresenta una voce di esportazione fondamentale per alcune economie emergenti, che non possono contare su molte altre risorse. Bisogna cercare di non limitarsi a interpretare il problema con il punto di vista occidentale, ma vedere la situazione anche dalla diversa prospettiva dei Paesi produttori, che difficilmente accetterebbero un “divieto” da parte occidentale nella coltivazione e nell’esportazione di questo loro prodotto.
Come si può notare, il quadro è molto sfaccettato. Le criticità ambientali e di sostenibilità senz’altro sussistono, non si può negarlo, ma bisogna chiedersi quale tipo di sviluppo alternativo potrebbero realisticamente adottare questi Paesi.

Su scala industriale, la palma da olio può essere sostituita da altri vegetali, come ad esempio la colza o il girasole? E queste coltivazioni sono davvero preferibili dal punto di vista della sostenibilità?

L.B.: Dipende da come si gestiscono le coltivazioni. Sicuramente, se per fare spazio alla palma si disbosca indiscriminatamente la foresta pluviale l’impatto è tremendo, anche per la forte immissione di anidride carbonica in atmosfera che si causa. Se invece si avvia una coltivazione di palma ben gestita, in terreni non vergini, magari precedentemente destinati a seminativi non particolarmente efficienti, non si creano conseguenze negative.
Si vedono foto in cui le coltivazioni di palma sono contornate da foresta pluviale, sottintendendo il recente disboscamento causato da questa coltura, ma per motivare l’allarmismo sono necessari dei dati.

Olio di girasole

Potenzialmente, le conseguenze negative delle coltivazioni di palma possono essere molto gravi. Se invece questa essenza è coltivata entro determinati limiti il danno si riduce molto. Nelle ricerche condotte questa voce è abbastanza pesante, mentre per quanto riguarda l’uso delle risorse, come l’acqua e i fertilizzanti, la palma è sempre più economica rispetto alle altre colture di semi da olio. Consideriamo inoltre che si tratta di una coltura poliennale, un vantaggio non trascurabile. L’impianto per la palma si fa una volta sola e dura qualche decennio, almeno 10-15 anni. Il girasole e la colza, invece, vanno seminati anno per anno.

Girasole e colza vengono prodotti a latitudini diverse rispetto alla palma, giusto?

L.B.: In genere, sì. Faccio notare che si parla di girasole e colza, ma per superficie coltivata la grande oleifera a livello mondiale è la soia. È vero che nel seme di soia, a fronte di un contenuto proteico del 40%, il contenuto di grassi si attesta al 20%, pertanto l’olio non è il prodotto principale.
Nonostante questo, però, bisogna tener presente i molti milioni di ettari in più destinati alla soia rispetto agli altri vegetali. Ecco perché, su scala mondiale, la principale oleifera, rispetto alla colza e al girasole, è la soia. La soia in Europa è poco coltivata, mentre è molto diffusa negli Stati Uniti, in Sud America e in Cina.
Per quanto riguarda colza e girasole, si tratta di piante da ambiente temperato. La colza, in particolare, si coltiva in ambiente temperato freddo. In Europa, in genere, è coltivato sopra la linea delle Alpi e dei Pirenei. Il girasole necessita di meno acqua e predilige il clima temperato intermedio, per questo lo troviamo nell’Italia centrale e nella pianura padana.

(Secondo i dati dell’European palm oil alliance, su scala mondiale la soia prevale nettamente per la superficie delle coltivazioni, mentre l’olio di palma prevale per quantità prodotta, grazie all’eccezionale produttività della pianta, ndr.).

Ultimamente si sono diffusi diffidenza e sfavore verso l’olio di palma, sia per le sue caratteristiche nutrizionali che per i problemi di sostenibilità della coltivazione della palma, tanto che molti marchi dell’industria alimentare lo stanno abbandonando. Cosa ne pensa?

L.B.: Personalmente, penso che in certe situazioni entrino in gioco anche logiche di concorrenza all’interno del mondo dell’industria alimentare. Ad ogni modo, i rischi in merito alla sostenibilità ambientale dell’olio di palma permangono, soprattutto riferiti alla deforestazione e alla consistente richiesta determinata dall’uso duale dell’olio di palma, sia alimentare che combustibile. D’altra parte, come detto, la crescita economica dei Paesi produttori, che non vogliono rinunciare all’esportazione, si poggia fortemente su quest’olio.
Ma il discorso è ampio e coinvolge il modello di sviluppo. Ad esempio, per ragioni ambientali noi possiamo non volere che i cinesi inizino tutti a girare in auto, come già facciamo noi, ma i cinesi, dal canto loro, possono reclamare lo stesso diritto allo sviluppo di cui noi da tempo usufruiamo. In sostanza, sono gli interessi e le preferenze del mondo occidentale contro quelli del mondo in via di sviluppo.

Dopo aver letto il parere di un esperto, pensate che l’olio di palma possa essere sostenibile?

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

Una risposta a “Olio di palma, colza e girasole: qual è il più sostenibile?”

  1. dario dauria ha detto:

    Credo che sia l’olio più sostenibile in assoluto. Occorre però regolamentare seriamente le coltivazioni per via del deforestamento, e di trovare soluzioni per eliminare i residui tossici.

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