salmone grigliato e condito

Il salmone futurista dell’Alaska 

Giuliano Gallini
2

     

    “Il salmone è fra i pesci più pregiati e ricercati, per le sue carni molto gustose, morbide e dal tipico colore rosato. Il valore commerciale, pertanto, è molto elevato, con una commercializzazione che interessa gli esemplari selvaggi – più pregiati e costosi, pescati con reti da posta – e quelli allevati, che costituiscono la gran parte delle vendite e sono molto meno costosi… su scala globale, il salmone proviene soprattutto da Norvegia, Scozia, Cile, Canada e Alaska.” (Il Giornale del Cibo).

    Trentacinque anni fa andai a Palazzo Grassi, a Venezia, per vedere una importante mostra sul Futurismo. Allora Palazzo Grassi era gestito dalla Fiat di Giovanni Agnelli. La Fiat investiva molto in cultura e aveva ristrutturato questo antico palazzo veneziano per ospitarvi mostre d’arte. Altri tempi: la Fiat ha poi disinvestito in Italia, sia in arte che in fabbriche, e ha persino spostato fuori dal nostro paese la sua sede. E Palazzo Grassi è stato comprato da un imprenditore francese, che vi allestisce a sua volta importanti mostre.

    Agnelli aveva affidato nel 1983 la ristrutturazione del Palazzo a Gae Aulenti, Pinault nel 2004 ne affidò la rivisitazione a Tadao Ando.

    Un bene che Palazzo Grassi non sia diventato un centro commerciale (niente contro i centri commerciali, ma non se ne sente più tanto il bisogno e sembra che si facciano centri commerciali perché non ci sono idee migliori), ma un male che non sia più italiana la sua gestione. Orgoglio nazionalista? Un po’. Ma soprattutto amarezza, perché l’abbandono degli investimenti in cultura delle aziende è un sintomo del loro impoverimento imprenditoriale, e avanti di questo passo dell’impoverimento di intere aree, di un paese, di un continente.

    Il Manifesto della Cucina Futurista di Filippo Tommaso Marinetti

    Torno alla mostra sul Futurismo, che se non sbaglio inaugurò la stagione della Fiat a Palazzo Grassi. Fu una scelta coraggiosa: non era facile parlare di futurismo in quegli anni, c’era ancora una sorta di stigma nei confronti di un movimento artistico che aveva fiancheggiato il fascismo, e che fu interventista e guerrafondaio. Ma non si potevano più ignorare artisti come Ardengo Soffici, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Fortunato Depero, Enrico Prampolini, Gino Severini, Mario Sironi; e la grande mostra di Palazzo Grassi li sdoganò definitivamente, facendoli tornare nel cuore della grande arte italiana. E così, di seguito, furono rivalutati i grandi architetti di quegli anni, come Marcello Piacentini. La condanna del fascismo non doveva più significare condanna dei movimenti artistici di quegli anni, molti dei quali, tra l’altro, traevano ispirazione da movimenti internazionali che nulla avevano di fascista, come il cubismo, il razionalismo, l’astrattismo. Moltissimi artisti futuristi, peraltro, non furono mai fascisti.

    Lo fu invece e convintamente Tommaso Marinetti, l’ideologo del movimento futurista. Scrisse Il Manifesto del Futurismo e numerosi altri manifesti, romanzi, poesie. Fu un attivista dalle idee non saprei dire se rivoluzionarie o solo bizzarre e stupide, come quella di interrare tutti canali di Venezia per togliere alla città la sua aura passatista che contrastava con il progresso tecnico che lui invocava.

    Tra gli altri, Marinetti pubblicò anche, nel 1931, il Manifesto della Cucina Futurista. Da leggere. Invocava l’eliminazione della pasta asciutta, che alimenterebbe spiriti indolenti negli italiani, e proponeva molti piatti alternativi. Non riesco a perdonargli la sua adesione al fascismo, ma non posso non apprezzare la sua ricetta futurista del Salmone dell’Alaska. Eccola qui. “Per preparare il Salmone dell’Alaska ai raggi del sole con salsa Marte, si prende un bel salmone dell’Alaska, lo si trancia e passa alla griglia con pepe e sale e olio buono finché è bene dorato. Si aggiungono pomodori tagliati a metà preventivamente cotti sulla griglia con prezzemolo e aglio. Al momento di servirlo si posano sopra alle trance dei filetti di acciuga intrecciati a dama. Su ogni trancia una rotellina di limone con capperi. La salsa sarà composta di acciughe, tuorli d’uova sode, basilico, olio d’oliva, un bicchierino di liquore italiano Aurum, e passata al setaccio.“

    Cosa ve ne pare?

    Scrittore di romanzi, lettore appassionato ed esperto del mondo del cibo e della ristorazione. Crede profondamente nel valore della cultura. In cucina non può mancare un buon bicchiere di vino per tirarsi su quando sì sbaglia (cosa che, afferma, a lui succede spesso).

    Lascia un commento