La campagna non è solo una risorsa ma anche una maestra che ci parla di ambiente, tutela del territorio e sviluppo rurale. Le fattorie didattiche possono insegnare molto a grandi e piccoli, e le fattorie sociali possono offrire una possibilità in più a chi è disabile o ha difficoltà di inserimento nella società.
Si sente spesso parlare di multifunzionalità dell’agricoltura. La campagna non rappresenta solo una attraente fonte di investimento e parlare di agricoltura vuol dire anche occuparsi di ambiente, di sviluppo rurale, di tutela del territorio e delle sue produzioni tipiche: è questa la sua multifunzionalità.
Un importante punto di incontro tra cittadini e agricoltori è rappresentato dalle fattorie didattiche, centri di educazione ambientale e alimentare a disposizione di scuole e famiglie. Le fattorie didattiche sono delle vere e proprie aziende agricole e agrituristiche che accolgono scolaresche e gruppi interessati guidandoli alla scoperta del territorio, delle sue coltivazioni e delle tecniche di produzione seguite nell’azienda.
Le fattorie nascono con uno scopo prima di tutto educativo che inizia con attrarre e incuriosire il cittadino, soprattutto quello appartenente alle generazioni più giovani, guidandolo alla scoperta dell’ambiente che lo circonda, favorendo il recupero del valore culturale e sociale dell’agricoltura, sensibilizzando alla tutela e al rispetto della natura ed educando a un consumo responsabile e consapevole delle produzioni tipiche della stagione e del territorio in esame. Guidati da veri agricoltori, i più piccoli imparano a conoscere la campagna e a entrare in contatto con gli animali della fattoria, i più grandi a conoscere i valori della cultura contadina e l’importanza delle tradizioni e delle produzioni tipiche legate al territorio.
Le fattorie didattiche nascono per valorizzare l’identità territoriale e l’economia locale e costituiscono nello stesso tempo una importante fonte di reddito aggiuntiva per l’agricoltore.
Accanto alle fattorie didattiche troviamo anche le fattorie urbane, dette anche d’animazione o city farms, nate e sviluppatesi maggiormente nei paesi nord europei. Le city farms sono delle strutture pubbliche gestite per lo più da volontari appartenenti ad associazioni no profit e costituiscono un punto di incontro per adulti e ragazzi che vogliono avvicinarsi e scoprire il mondo della fattoria.
L’Osservatorio Agroambientale, un organismo promosso nel 1990 dalla Provincia di Forlì-Cesena per realizzare ricerche e divulgazione in ambito agricolo, ha eseguito nel 2002 un censimento delle fattorie didattiche presenti sul territorio italiano. Secondo i dati raccolti, in Italia sono presenti 444 fattorie didattiche concentrate soprattutto nel nord della penisola. L’Emilia Romagna è in cima alla lista con ben 196 aziende agricole che aderiscono all’iniziativa ed è l’unica regione ad avere ufficializzato un progetto triennale «Fattorie Aperte e Fattorie Didattiche» con una delibera congiunta degli Assessorati Agricoltura e Scuola e Formazione professionale.
Sul sito www.fattoriedidattiche.net è disponibile una mappa delle fattorie didattiche italiane suddivise per regioni.
La multifunzionalità dell’agricoltura si è da poco estesa anche nel campo del sociale. Le fattorie sociali sono aziende agricole che affiancano alla propria attività produttiva uno o più progetti a sfondo sociale. In genere si tratta di iniziative di tipo culturale, didattico o formativo rivolte a persone in situazione di disagio: detenuti e tossicodipendenti durante il loro percorso di reinserimento, ma anche anziani e persone con disabilità fisiche, sensoriali, intellettive o psichiche. Per realizzare queste attività alternative, che molte volte garantiscono risvolti molto positivi in ambito terapeutico e riabilitativo, le fattorie sociali spesso collaborano con scuole, enti e associazioni.
Le fattorie conservano la propria natura imprenditoriale permettendo nello stesso tempo a persone con disabilità di trarre grandi benefici dal punto di vista fisico e psicologico grazie al contatto diretto con la natura e al coinvolgimento attivo nei lavori manuali tipici di una azienda agricola.
Ippoterapia, pet-therapy, cure negli orti e in vigna sono solo alcune delle attività nelle quali gli ospiti-lavoratori della fattoria vengono coinvolti. Il lavoro agreste contribuisce all’integrazione dell’individuo che riesce così a scoprire nuovi interessi e sviluppare nuove abilità o recuperare quelle perdute inserendosi in un contesto che favorisce la socializzazione e il confronto.
Uno degli aspetti più importanti di queste attività è che le persone disabili ospiti delle fattorie sociali seguono un vero e proprio percorso di formazione che spesso si traduce in reali possibilità di inserimento lavorativo, a volte anche all’interno della stessa azienda che li ha seguiti.
In alcuni Stati europei le fattorie sociali sono una realtà già da molto tempo. Le prime «social care farms» riconosciute sono nate in Olanda negli anni ’90 e, grazie anche al supporto di politiche particolarmente attente, si sono moltiplicate in fretta arrivando a 700.
In Italia il concetto di impresa agricola con finalità sociali ha iniziato a farsi strada solo recentemente con alcune iniziative isolate ma anche con progetti ambiziosi che puntano alla costituzione di reti di fattorie sociali. Una spinta in tal senso è arrivata dal Decreto Legislativo n.288 del 18 maggio 2001 («Orientamento e modernizzazione del settore agricolo») che punta a rilanciare l’imprenditorialità rurale prevedendo per le aziende anche la possibilità di «sconfinare» in altri importanti ambiti quali quello educativo e didattico. Al momento nella nostra penisola questa nuova dimensione di socialità produttiva ha coinvolto circa 2 mila operatori, con 450 cooperative sociali attive ed esperienze di supporto istituzionale e ricerca avviate in Toscana da Arsia, e nel Lazio da Arsial e Provincia di Roma, per un totale di circa 1.500 operatori gratuitamente impegnati nel pubblico e nel mondo associativo.
Sul sito www.fattoriesociali.com sono disponibili molte informazioni legate ai progetti e alle associazioni presenti sul nostro territorio.
Francesco Di Iacovo, professore di Economia Agraria all’Università di Pisa e vicedirettore del Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-ambientali «Enrico Avanzi» studia da molti anni il fenomeno delle fattorie sociali. «In Italia purtroppo le fattorie sociali non sono ancora regolamentate e non viene quindi riconosciuta legalmente la loro funzione sociale, questo è un limite per l’espansione di un fenomeno che può portare grossi vantaggi sia all’azienda agricola sia al soggetto in condizione di disagio».
L’Università di Pisa insieme alla Società della Salute della Valdera, un consorzio pubblico che ha come obiettivo affrontare in maniera unitaria e partecipata le politiche per la salute sul territorio, sta sviluppando un progetto sperimentale che preveda per le aziende agricole che decidono di offrire un supporto sociale un qualche tipo di riconoscimento e una remunerazione.
Fino a oggi, infatti, tutti gli operatori delle fattorie sociali lavorano in modo del tutto volontario ma l’attività e l’impegno manifestato nei progetti permette alle aziende di acquisire un ritorno di immagine che costituisce un valore aggiunto riconosciuto nel territorio in cui operano.
«Al momento le fattorie sociali sono solo lo 0.01% delle aziende agricole italiane, ma questo soprattutto perché molte aziende non sono consapevoli dei servizi che possono offrire – spiega Di Iacovo, che aggiunge – per incoraggiare una maggiore diffusione delle fattorie sociali bisognerebbe creare una rete più efficiente che permetta una migliore comunicazione tra enti pubblici, popolazione e aziende agricole».
A livello europeo, l’Università di Pisa sta partecipando al progetto SoFar (Social Farming), che si inserisce nel VI Programma quadro dell’Unione Europea. L’obiettivo è mettere in comunicazione le diverse realtà di agricoltura sociale presenti in Europa e sviluppare nuovi contatti e nuove conoscenze che favoriscano un confronto regionale e internazionale in modo da arrivare a formulare un manifesto comune a tutti i paesi europei che possa facilitare lo sviluppo di strategie di innovazione comunitarie.
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(Le foto delle iniziative di agricoltura sociale fanno parte del progetto dell’Università della Tuscia in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Viterbo. Si ringrazia il fotografo Massimo Vollaro)
di Anastasia Scotto.