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Estasi Culinarie: alla ricerca del Sapore sublime

Adriana Angelieri

Rue de Grenelle, Parigi.
In un signorile palazzo, Monsieur Pierre Arthens, il più importante e cinico critico gastronomico del mondo, è in punto di morte.
Inizia così Estasi Culinarie, primo romanzo della scrittrice Muriel Barbery, conosciuta ai più per il suo successo letterario L’eleganza del riccio.
Attraverso i ricordi di Monsieur Arthens, Estasi culinarie prende le pieghe di un vero e proprio viaggio nei sapori e nei gusti della cucina di tutto il mondo.
L’egocentrico e spietato critico gastronomico ormai prossimo alla morte, infatti, decide di concedersi un ultimo momento di piacere, gustando il piatto portatore del Sapore sublime per eccellenza, un gusto che gli «frulla nel cuore», ma che, allo stesso tempo, diviene impossibile da ricordare.

«Un sapore dimenticato, annidato nel più profondo […] e che, alle soglie della morte, si manifesta come l’unica verità che in vita mia sia stata detta – o messa in pratica. Lo cerco, e non lo trovo»
(Estasi Culinarie, pag. 9)

Dalla cucina popolare, fino alla haute cuisine di tutto il mondo, Arthens ci accompagna in un percorso fatto di sapori, odori e aromi che attraversano e descrivono la sua intera vita e carriera.

E così leggiamo un intero capitolo dedicato alla perfezione del cibo crudo, nel quale Arthens ci parla dell’«aerea morbilezza» del sashimi, ovvero quella sensazione a metà tra la morbidezza e la mollezza che rende questo esotico piatto come «polvere di velluto simile alla seta».
E non mancano i ricordi legati all’infanzia, nei quali il critico riassapora i piatti preparati dalla nonna, nelle cui «mani esperte anche le sostanze più insignificanti diventavano miracoli di fede».

L’intero romanzo è, insomma, un susseguirsi di ricordi legati alle sensazioni gustative e olfattive provate nel corso di una vita, le cui evocazioni porteranno il critico ad approdare, infine, alla scoperta di quel Sapore sublime, tanto ricercato e difficile da raggiungere: il bignè

Morso dopo morso, Arthens, riabbraccerà il sapore primordiale dell’infanzia, abbandonandosi al solenne gusto della pasta choux ricoperta da cristalli di granella di zucchero.

Ma, al di là della trama piuttosto semplice, ciò che colpisce maggiormente di questo primo romanzo della Barbery è la forza evocativa delle minuziose e approfondite descrizioni gastronomiche che, forti di uno stile ricercato, aulico e forse un po’ lezioso, vanno a solleticare le papille gustative del lettore, trascinandolo in un turbinio di sensazioni e percezioni culinarie.

Un libro, dunque, consigliatissimo a chiunque voglia intraprendere un viaggio lungo i sentieri del gusto, avendo la consapevolezza che, nella ricerca del proprio Sapore sublime per eccellenza, «il punto non è mangiare nè vivere, il punto è sapere perchè».

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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