dôçe de læte ligure

Dôçe de læte de cabannin-a: il dulce de leche prodotto in Liguria

Giulia Ubaldi
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    Ancora una volta i fenomeni migratori ci dimostrano la loro preziosa capacità di arricchire e determinare cambiamenti, come abbiamo visto con l’Asado di Piana Battolla o con il rito del mate di Lungro. Anche in questo caso si tratta dell’emigrazione italiana in Sud America, che a metà secolo fa ritorno in Italia dando vita ad un nuovo prodotto: il dolce Mou, ovvero il dôçe de læte ligure di cabannina. In particolare è stato grazie a Anna Maria Sivori, nipote di generazioni di migranti e proprietaria dell’azienda Le Vallegge di Bogliasco, nell’entroterra genovese dell’Alta Val Trebbia, che pescando tra i ricordi di lei da piccola con la nonna argentina ha dato vita a un prodotto che sa di oltreoceano, ma anche tanto di Liguria.

    Mou, il dôçe de læte de cabannin-a: dall’argentina alla liguria

    Noi tutti conosciamo il dulce de leche, il dolce a base di latte molto diffuso in Sud America, in versioni simili a seconda dei vari paesi, come il fanguito a Cuba o o il manjar in Ecuador. Ma si trova anche in Francia, la confiture de lait, spesso abbinata ai formaggi. Di base la preparazione e gli ingredienti non cambiano: latte e zucchero, che vengono fatti cuocere a lungo fino a ottenere una crema densa, che ha un sapore simile a quello delle caramelle al mou. Ma come tanti altri dolci, quali la ganache o il panettone, anche questo sembra nato da un errore, come narra una leggenda.

    Dulce de leche: la leggenda sulla sua nascita

    La leggenda racconta che un pomeriggio a casa del caudillo argentino Juan Manuel de Rosas, la domestica stesse preparando la lechada, ovvero una bevanda a base di latte e zucchero fatta bollire fino a caramellarsi, quando sentì bussare alla porta, lasciò la lechada sul fornello e andò ad aprire. Quando tornò in cucina, si era cotta fino a trasformarsi in una crema marrone: il dulce de leche. Non sappiamo se sia davvero andata così, fatto sta che questo dolce, che nel tempo è stato apprezzato moltissimo anche in Europa, è davvero comune in America Latina, in particolare in Argentina, dove sono emigrati tantissimi di italiani.

    dulce de leche

    Beto Chagas/shutterstock.com

    L’emigrazione ligure di ritorno dal Sud America

    Non è di certo una novità che siano stati moltissimi gli italiani a emigrare in Sud America, in particolare dalla Liguria e da Genova, facilitati dalla presenza del porto. Luca Sessarego (che è sia il suo cognome, sia la frazione di Bogliasco, Genova, da cui ha origine) ha compiuto importanti ricerche sulla grande presenza del suo cognome a Buenos Aires. Infatti, nel corso del Novecento, proprio da queste zone intorno a Genova sono partiti in tanti a cercar fortuna in Cile, Perù e Argentina, invece che scegliere l’America più facile di New York, come ci racconta Anna Maria: “i miei bisnonni sono stati dei pionieri, perché da buoni piccoli imprenditori, hanno creato un campo di grano, con un mulino e un intero paese a partire dal nulla, nel bel mezzo della pampa. Poi è nata mia nonna Ernestina Campodonico: i suoi genitori la portavano di continuo in Italia affinché non dimenticasse il suo paese d’origine e la sua lingua madre. Il caso poi l’ha riportata ancora qui, quando si è innamorata di mio nonno, originario di Sori, con cui ha fatto cinque figli, tutti nati a Bogliasco”.

    In realtà, il pensiero di far ritorno a casa è sempre stata una costante, come ben rendono anche le parole di Ma se ghe pensu (Ma se ci penso), che ci canticchia intanto Anna Maria, una storica canzone genovese del 1925, simbolo della cultura musicale ligure, ma soprattutto dell’attaccamento alla propria terra durante l’emigrazione in Sud America. La canzone, infatti, parla di un genovese emigrato in America Latina, che sopraffatto dalla nostalgia ripensa alla bellezza della sua città e decide di tornare. Ed è proprio durante questa ondata migratoria di ritorno che il dulce de leche arriva in Liguria, chiamato dôçe de læte o dolce Mou e preparato con il latte di cabannina. Ma che cos’è la cabannina?

    mucche razza cabannina

    La razza cabannina, Presidio Slow Food, e i formaggi derivati

    La cabannina è l’unica razza bovina di origine ligure, che prende il nome da Cabanne, una frazione del comune di Rezzoaglio, in alta Val d’Aveto, dove l’hanno conservata e tenuta nascosta quando alcune leggi imponevano la sua sostituzione con razze più produttive. Infatti, la cabannina è molto piccola e produce poco latte, seppur di grande qualità visto che, essendo una razza rustica allo stato brado, che mangia molte erbe e foglie dell’entroterra ligure. Si riconosce anche per quel suo manto scuro con sfumature rossicce, con una caratteristica striscia chiara sulla schiena.

    Negli ultimi anni l’interesse nei suoi confronti è cresciuto, anche grazie a un nuovo utilizzo in cucina. Infatti, se in passato è sempre stata solo una vacca da latte, oggi vengono utilizzate anche le sue carni in piatti come le polpette o ravioli di cabannina, che trovate al ristorante Il Genovese. Nel tempo è nata anche l’Aparc, cioè l’Associazione Produttori Allevatori Razza Cabannina e la razza è diventata un Presidio Slow Food. Sono Presidio anche alcuni dei suoi prodotti  derivati, quali carni, formaggetta, u Cabanin, la Prescinseua, un formaggio fresco, Sarassu, una ricotta stagionata e il Dolce Mou, ovvero il dôçe de læte di cabannin-a.

    formaggi cabannina

    Il Dôçe de læte 

    A preparare per la prima volta il dolce Mou è stata appunto Anna Maria Sivori, quando nel 2011 ha aperto l’azienda agricola Le Vallegge, con vari animali tra cui la cabannina. Così, le viene in mente di provare a utilizzare il suo latte per preparare quel dolce che le ricordava tanto sua nonna: “stava ore a rimestarlo in quei grandi pentoloni dove si attaccava sempre e alla fine noi andavamo a leccare la pentola, perché è un dolce per bambini, un gioco. Infatti l’abbiamo chiamata Mou, sia perché è il verso della vacca, sia perché il sapore ricorda quello della nota caramella”.

    Gli ingredienti sono quelli della ricetta originale della nonna (argentina), ovvero latte (in questo caso però di cabannina) e zucchero, che vengono fatti cuocere e rimestati di continuo (altrimenti si attacca), finché non raggiungono la giusta consistenza. Il trucco vincente, racconta Anna Maria, è aggiungere il bicarbonato che, rendendo il contenuto più basico, evita la creazione di grumi. Ne esce un crema squisita, che ha lo golosità del dolce a cui siamo abituati, unita alla qualità di un prodotto artigianale.

    Si può mangiare sia da sola a cucchiaiate, sia spalmata su un pezzo di pane, che nel al caffè al posto dello zucchero: in questo modo la bevanda diventa quasi come un macchiato, grazie alla presenza del latte. C’è  poi chi a Sestri Levante ci fa un gelato, ovvero 100% Naturale Gelateria Artigiana.

    Oggi Anna Maria non è più la sola a prepararla, c’è anche Paolo Castagnola, presidente dell’Aparc e proprietario dell’Azienda ‘A Cimma, dove producono anche formaggi delle loro cabannine, senza alcuna intenzione di smettere: “continuiamo a tenere le cabannine, a inventarci nuovi prodotti e a rendere al massimo ciò che abbiamo a disposizione, perché mai come in questo caso è fondamentale la storia che c’è dietro, in quanto pezzo di cultura locale. La cabannina è la razza che c’era nelle stalle dei miei nonni quando nient’altro qui aveva senso, rappresentava l’unica forma di ricchezza. Ed è la razza che continuerà ad esserci nella stalla dei miei figli”.

     

    Alla fine tutto ciò che riguarda l’infanzia ha un sapore ineguagliabile, conclude Anna Maria. Non siete forse d’accordo anche voi?

     

    Immagine in evidenza: Giulia Ubaldi.

    Antropologa del cibo, vive tra Parigi e Milano, dove è nata e dove ha fondato il Laboratorio di Antropologia del Cibo. Scrive per varie testate e il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!

    2 risposte a “Dôçe de læte de cabannin-a: il dulce de leche prodotto in Liguria”

    1. Norma ha detto:

      Mandatene un assaggio al papa, pare che ne sia ghiotto

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