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Cyber food e NFT: in che modo il mondo virtuale sta cambiando l’enogastronomia?

Matteo Garuti
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    Per quanto possa apparire strano e spiazzante, anche il cibo si sta ritagliando un ruolo di primo piano nel mondo virtuale, il cosiddetto “Metaverso”. Come? Con i Non fungible token (unità di valore digitali non fungibili), i famosi NFT grazie ai quali, infatti, si può parlare di “cyber food”: il modo di vivere la gastronomia potrebbe quindi assumere nuovi connotati, finora impensabili. Ma cosa sono questi strumenti digitali e perché sono considerati sempre più importanti per il futuro dei marchi e della ristorazione? Alcuni brand e attività imprenditoriali, ad esempio, stanno già abbinando alla vendita dei prodotti fisici la cessione di NFT di opere d’arte digitale, firmate da autori noti e legate al packaging o alla personalizzazione dell’offerta ai clienti. Vedremo in che modo e con quali risultati, cercando di saperne di più sulle prospettive che sta aprendo la realtà virtuale in termini di economia e di esperienze. Pronti ad addentrarvi nel mondo del cyber food?

    Cyber food: cosa sono gli NFT e perché potrebbero rivoluzionare anche il mondo del cibo?

    Il nuovo trend del cyber food potrebbe dimostrarsi una rivoluzione di grande portata economica e culturale, resa possibile dagli NFT, che attirano sempre più l’attenzione dei brand intenzionati a scommettere sul digitale, per rivalutarsi, rinnovare la propria identità e rilanciarsi sul mercato. Per comprendere questi strumenti occorre però una premessa: gli NFT sono certificati di autenticità digitale garantiti tramite blockchain. Con questo secondo termine si definisce un registro di contabilità condiviso e immutabile, che facilita il processo di registrazione delle transazioni e la tracciabilità dei beni in una rete commerciale. Un valore patrimoniale può essere tangibile (una casa, un’auto, denaro, terra) o intangibile (proprietà intellettuale, brevetti, copyright, branding). Qualsiasi cosa che sia suscettibile di valutazione economica per un soggetto può essere rintracciata e scambiata su una rete blockchain, riducendo rischi e costi per tutti gli interessati.

    nft arte

    Troggt/shutterstock.com

    In sostanza, questi strumenti permettono di certificare tramite blockchain i media digitali (musica, video, foto, testi, opere di digital art, perfino GIF, ecc.): acquistatone l’NFT, i diritti del media in questione, ovvero la sua certificazione di autenticità, apparterranno a chi ne detiene la proprietà, anche se questi continueranno a circolare liberamente in rete. Comprare un NFT, perciò, consente a chi lo fa di ottenere gli stessi diritti e qualità di una creazione o un’opera fisica, grazie alle informazioni tracciate e garantite dalla blockchain.

    Anche per i contenuti in rete, quindi, si può ragionare in base ad autenticità, rarità e proprietà. E l’NFT – che è trasferibile ma non interscambiabile, come può invece essere un Bitcoin – risulta funzionale al concetto di opera digitale da collezione.

    Gli NFT hanno quindi dato nuovo valore ai media e alle opere digitali, sostenendo un mercato in forte crescita, dapprima specialmente nel mondo dell’arte, ma che ha appunto trovato nuovi sbocchi in ambito enogastronomico. Per comprendere questo boom, basti pensare che nel 2020 il mercato degli NFT ha maturato un giro d’affari complessivo di 250 milioni di dollari, il quadruplo del valore dell’anno precedente. Più di recente, personalità influenti come Elon Musk, patron di Tesla, e Jack Dorsey, ceo di Twitter, hanno espresso il loro interesse per questa innovazione, a metà tra finanza e mondo virtuale.

    Le (possibili) applicazioni degli NFT in ambito alimentare ed enogastronomico

    Ma come si è arrivato a parlare di NFT nel mondo enogastronomico? L’uso di queste “unità di valore digitale non fungibile” è stato di fatto mutuato dal mondo dell’arte, dove questo strumento rappresenta un certificato elettronico con un codice criptato e la firma dell’artista che attesta l’unicità e la proprietà dell’opera, favorendo scambi di mercato senza la necessità di figure di mediazione, quali gallerie o notai. La pandemia, intensificando le relazioni digitali, con ogni probabilità ha spinto la loro diffusione nel Food & Beverage, peraltro con evidenti contaminazioni con il panorama più propriamente artistico. Dopo il successo nella digital art, anche le esperienze gastronomiche potranno quindi essere autenticate con gli NFT e vendute sul Metaverso o fruite in maniera immersiva.

    nft cibo

    DD Images/shutterstock.com

    Alcuni grandi marchi statunitensi sono già entrati in questo mercato, tra questi la catena fast food Taco Bell, che ha annunciato la vendita di NFT a scopi benefici, e Pizza Hut, che ogni settimana offre ai fan del brand una nuova immagine a tema pizza. Pringles, invece, ha già venduto i suoi tubi virtuali di patatine CryptoCrisp, firmati dall’artista Vasya Kolotusha. La celebre Campbell’s Soup, nota nel mondo grazie all’arte di Andy Warhol, ha realizzato un restyling del suo packaging sempre grazie agli NFT, mentre la birra Budweiser ha creato una linea digitale delle sue lattine più famose, già commercializzata con successo.

    Ma vediamo insieme alcuni esempi!

    NFT e settore enologico

    Il settore Wine & Bar è stato tra i primi ad aprirsi agli NFT e al cyber food, e l’avvio dell’Italian Wine Crypto Bank, nel 2021, è un esempio rilevante. Si tratta della prima banca del vino italiano costruita su blockchain, con sede a Dubai e Hong Kong e con una sua moneta virtuale, l’IWB, da utilizzare per acquistare le bottiglie. Con un solo acquisto si ottengono due prodotti, perché, oltre alla bottiglia proveniente direttamente dalle cantine che aderiscono al progetto, si entra in possesso della riproduzione dell’etichetta in NFT, conservata in esemplare unico nella blockchain della banca, un’opera d’arte digitale esclusiva. Un altro esempio simile di questa ibridazione è la collaborazione tra lo street artist Teo KayKay e il fondatore della piattaforma Instagram TopChampagne Andrea Silvello, che hanno creato una prima collezione di champagne personalizzati in questo modo. A sei bottiglie di vino è stato abbinato l’NFT realizzato dall’artista che ritrae la bottiglia: ogni acquirente riceve fisicamente la bottiglia e la card digitale associata, ed entrambe sono un pezzo originale. Inoltre, c’è il caso analogo è quello della startup Yahyn, dove si comprano vini all’asta, che utilizza questi strumenti per raccogliere fondi o collezionare opere uniche di arte digitale.

    Syda Productions/shutterstock.com

    Tra reale e virtuale: il “cyber food” nella ristorazione

    Oltre alle operazioni di branding e di digital art legata ai prodotti, gli NFT stanno entrando direttamente nel mondo della ristorazione, di fatto creando un universo virtuale che dialoga con quello reale. A New York, infatti, si prepara ad aprire il primo grande ristorante NFT, il Flyfish Club, ristorante di pesce del gruppo VCR – un gigante nel settore dell’ospitalità – che sarà una sorta di circolo privato aperto unicamente ai possessori di NFT. L’ideatore del progetto è Gary Vaynerchuk, detto Gary Vee, fondatore del servizio di prenotazioni Resy, mentre a gestirlo è David Rodolitz, amministratore di VCR. Colpisce il fatto che per un ristorante di cui nella realtà non si conosce ancora quasi nulla siano già stati venduti più di 1.500 token, inizialmente al costo di 2,5 Ether (moneta digitale) o 8.200 dollari per l’accesso illimitato a sala da pranzo, ristorante, cocktail bar e spazio all’aperto. Il conto, invece, si potrà pagare con denaro corrente.

    A questo caso si aggiunge quello di Chipotle, il primo ristorante a creare un evento virtuale su una piattaforma di gaming, Roblox, che ha visto la partecipazione di giocatori con i loro avatar.

    Nuove esperienze di consumo, dal packaging innovativo alle ricette in edizione limitata

    Quanto abbiamo illustrato finora ci aiuta a comprendere meglio le potenzialità e gli sbocchi che questi strumenti possono realizzare. Tali esperienze, definibili con il concetto di “realtà aumentata”, sono in grado di coinvolgere la clientela in modi finora sconosciuti, come ad esempio:

    • gli utenti potrebbero partecipare contribuendo alla creazione del packaging e visualizzando i prodotti nelle proprie abitazioni prima di acquistarli e consumarli.
    • La realtà virtuale può migliorare la trasparenza e la fiducia, permettendo ai clienti di vedere e conoscere la catena di produzione e distribuzione, magari attraverso tour virtuali.
    • Chef e bartender potranno vendere le proprie ricette NFT in edizione limitata, così come le foto delle composizioni, per mezzo di una cena virtuale certificata NFT, con piatti che esistono solo in quanto opere d’arte digitale.
    • La creazione di un ambiente di ristorazione immersivo può trasformare una cena in un’esperienza di turismo culinario che combina il reale e il virtuale, sfruttando immagini, musica, aromi e profumi, supportati da una narrazione creata su misura: non a caso per questi progetti ancora sperimentali si parla di food entertainment.

    Tutte queste risorse, quindi, potrebbero presto rivelarsi funzionali per accrescere l’autorevolezza di un brand, quanto la sua riconoscibilità e il suo prestigio nell’opinione pubblica.

    Avevate già sentito parlare di cyber food e NFT? Questo tipo di esperienza vi attira?

    Altre fonti:
    Forbes
    Rarible
    Flyfish Club
    VCR Group
    TopChampagne

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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