La crisi climatica mette a rischio le coltivazioni in pendenza: lo studio dell’Università di Padova

Alessia Rossi
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    Come sarà il paesaggio agricolo del mondo di domani, a causa dei cambiamenti climatici? Anzi, spingiamoci un po’ più in là: come sarà alla fine del secolo? Nonostante ci troviamo “solo” negli anni ‘20, è una domanda che dobbiamo farci oggi, perché è oggi che, con le nostre azioni, si decide quello che sarà tra ottant’anni.

    Se l’è chiesto l’Università di Padova, che ha recentemente pubblicato uno studio che mostra come tra ottant’anni ci sarà un’espansione delle zone a clima arido e la siccità e scarsità idrica metteranno a rischio soprattutto le aree agricole in pendenza, di grande grande valore storico-culturale ma anche fondamentali per la produzione alimentare.

    Vediamo insieme qual è il rapporto tra crisi climatica e agricoltura in pendenza, quali sono i risultati emersi dallo studio e quali le soluzioni per aumentare la resilienza di queste zone agricole.

    Agricoltura in pendenza: perché queste aree agricole sono importanti?

    Facciamo subito una precisazione: i sistemi agricoli in aree a forte pendenza rappresentano una frazione ridotta della superficie agricola globale. Precisamente il 5,6 per cento. Nonostante questo, però, sono di grande rilevanza sia dal punto di vista agronomico, sia da quello della produzione alimentare, sia da quello storico e culturale. Al punto che, come vi abbiamo raccontato anche a proposito dei vigneti eroici, molte di queste aree, caratterizzate da coltivazioni ad altissima specializzazione, sono riconosciute dalle Nazioni Unite e identificate come siti patrimonio dell’umanità Unesco e patrimonio agricolo globale Giahs (Fao).

    Pavel Rezac/shutterstock.com

    Ma dove si concentrano? Principalmente in Messico, Etiopia e Cina. In quest’ultimo Paese, uno degli esempi più incredibili: si tratta delle aree terrazzate Honghe Hani nella provincia cinese dello Yunnan. A renderle così speciali, il fatto che siano gestite da oltre 1.300 anni dalle minoranze Hani, le quali producono 48 varietà di riso. Nel corso dei secoli, quindi, queste popolazioni hanno dato vita a un’area fondamentale per la biodiversità risicola, ma non solo: qui si è creato l’habitat ideale anche per l’allevamento di bovini, anatre e pesci, il tutto in un’ottica di economia circolare.

    Ma non c’è bisogno di andare fino in Cina, o di attraversare addirittura un oceano, perché anche l’Italia è uno dei Paesi dove si concentrano alcuni dei più grandi esempi di agricoltura in pendenza. Come non pensare subito alle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene? Oppure, alle “marogne”, ossia i muri a secco che ridisegnano a gradini i pendii del Soave e della Valpolicella? O ancora, ai vigneti “arrampicati” sui terrazzamenti della Valtellina, a quelli delle Cinque Terre in Liguria, o, scendendo a sud, all’alberello di Pantelleria. Vere e proprie coltivazioni “eroiche”, che tengono in vita territori a forte rischio abbandono e dissesto idrogeologico, al tempo stesso contribuendo alla produzione alimentare.

    Le aree agricole in pendenza a rischio per la crisi climatica: lo studio dell’Università di Padova

    Torniamo alla domanda iniziale: quale sarà l’impatto del cambiamento climatico alla fine del secolo sulle aree agricole, specialmente quelle a forte pendenza? Una possibile risposta è stata avanzata dal Dipartimento di Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova, con lo studio pubblicato su Nature Food intitolato Future climate-zone shifts are threatening steep-slope agriculture.

    nature.com

    “Possibile risposta”, perché lo studio è basato sulla proiezione delle zone climatiche attuali (1980-2016) a fine secolo (2071-2100), secondo lo scenario di concentrazione di gas serra RCP8.5. In altre parole, questo potrebbe essere lo scenario se i ritmi di crescita delle emissioni attuali rimarranno invariati e se non si dovessero attuare – adesso – iniziative a favore della protezione del clima. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo di dati satellitari e territoriali open-access analizzati tramite la piattaforma online Google Earth Engine, un programma che consente di disegnare mappe interattive dei territori e permette – non solo a scienziati, ma anche operatori del settore agricolo ed enti per la gestione del territorio – di capire quali siano i luoghi che necessitano di un intervento, senza però essere sul posto.

    Diminuzione delle precipitazioni e aumento delle temperature 

    Qual è lo scenario dipinto, dunque? Non molto roseo. Come spiega il Professor Paolo Trolli, coordinatore del progetto, i ricercatori hanno prodotto una mappa globale ad alta risoluzione dei paesaggi agricoli collinari e di montagna e hanno analizzato la loro distribuzione nelle zone climatiche attuali (tropicale, arido, temperato, freddo, polare) e nelle proiezioni climatiche future. Come si vede dai grafici, le zone aride (16%) e tropicali (27%) quasi raddoppiano nella loro quota; al contempo, le regioni fredde (13%) diventano molto meno frequenti e le regioni temperate (44%) diminuiscono leggermente. Questo rappresenta un problema, soprattutto considerando che, attualmente, l’agricoltura in forte pendenza si trova soprattutto in climi temperati (46%) e freddi (28%), che insieme ospitano quasi i tre quarti di questi paesaggi.

    coltivazioni in pendenza

    Michele Rinaldi/shutterstock.com

    L’analisi dimostra inoltre che, in futuro, aree agricole sempre più estese subiranno un aumento della temperatura, che porterà a un calo della disponibilità di acqua per l’irrigazione e la produzione alimentare. Nonostante siano caratterizzati da un’alta specializzazione della gestione dell’acqua, i sistemi di coltivazione ripidi saranno quelli più colpiti dalla siccità, mettendo a rischio intere aree agricole che, spesso, rappresentano le uniche fonti locali di cibo e reddito per quelle popolazioni. La diminuzione delle precipitazioni e l’aumento delle temperature, infatti, sono tra i principali responsabili dell’erosione del terreno e del degrado del suolo.

    Necessità di intervenire ora per impedire scenari futuri di siccità

    Piove sempre meno. Ce ne stiamo accorgendo tutti. Stando alla previsione dell’Aisam, l’Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia, a dicembre 2021 e gennaio 2022 il nostro Paese ha ricevuto l’80% di pioggia meno della media e il 60% di neve. Una situazione allarmante testimoniata anche dal report sulle risorse idriche redatto dall’Osservatorio Anbi (l’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) sulla base dei dati annuali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr Ibe Climate Service).

     

    Un’inusuale siccità si sta registrando in Valle d’Aosta, dove ai minimi livelli della neve si accompagna l’assenza di precipitazioni. Neanche la Lombardia se la passa meglio: le riserve nivali segnano -53,5 % sulla media e il fiume Adda tocca il minimo del decennio. Grave anche il Po, svuotato, e altri fiumi dell’Emilia-Romagna in sofferenza idrica, e al Nord nemmeno il Veneto si salva da questa situazione.

    Quella che sta accadendo oggi, in Italia, è una vera e propria emergenza idrica, che sembra confermare l’analisi dei ricercatori dell’Università di Padova.

    Come riportano i ricercatori, data l’urgente necessità di garantire una produzione alimentare sufficiente e sostenibile per tutti e tutte, i governi e le istituzioni dovrebbero investire di più nell’identificazione e nell’attenuazione delle sfide future di questi paesaggi unici. Allo stesso tempo, gli agricoltori dovranno adattare i tempi e le coltivazioni. In questo senso, “il nostro studio evidenzia la necessità di azioni sostenibili sui paesaggi agricoli in forte pendenza per migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici nei prossimi decenni per il loro ruolo nella produzione alimentare, nel reddito, nel valore storico e culturale e in altri servizi ecosistemici”, riportano nelle conclusioni.

    È nata vicino a Bologna, ma dopo l'università si è trasferita a Torino per due anni, dove ha frequentato la Scuola Holden. Adesso è tornata a casa e lavora come ghost e web writer. Non ha molta pazienza in cucina, a parte per i dolci, che adora preparare insieme alla madre: ciambelle, plumcake e torte della nonna non hanno segreti per lei. Sta imparando a tirare la sfoglia come una vera azdora (o almeno, ci prova).

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