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Carlo Scarsciotti su ristorazione collettiva: “Chiediamo sicurezza e provvedimenti immediati per i nostri operatori”

Erica Di Cillo
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    Come tutti sappiamo, il Decreto del Presidente del Consiglio dell’11 marzo ha disposto la chiusura di molti servizi al fine di contrastare la diffusione del nuovo Coronavirus, comprese le attività di ristorazione. Il lockdown quasi totale – che assicura però servizi di consegna a domicilio, oltre a mense e “catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di un metro” – grava ulteriormente su un settore messo a dura prova dalla fine dello scorso febbraio. La ristorazione collettiva, in particolare, risentiva della chiusura di scuole e università: a fine febbraio, infatti, Angem, Associazione Nazionale delle Aziende della Ristorazione Collettiva e Legacoop avevano dichiarato che a rischiare il posto di lavoro erano almeno 20.000 operatrici e operatori delle mense scolastiche e universitarie, chiedendo il supporto del Governo. 

    Anche le attività di ristorazione ospedaliera e aziendale, che continuano a essere operative, si trovano ad affrontare problemi legati a questa situazione straordinaria. Come segnalato in una nota stampa da Angem e Alleanza delle Cooperative Italiane, è molto difficile reperire dispositivi di protezione individuale, uno strumento indispensabile per la sicurezza dei lavoratori e per arginare la diffusione del virus. Per capire meglio l’entità della situazione, abbiamo ricostruito in breve gli eventi e le misure adottate verso il settore della ristorazione, e intervistato Carlo Scarsciotti, Portavoce Oricon, Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione, e presidente Angem. 

    La graduale sospensione dei servizi di ristorazione in Italia

    ristorante chiuso

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    Come tutti sappiamo, la sospensione dei servizi educativi, in molte regioni d’Italia, risale ad un mese fa: è datato 23 febbraio il Decreto Legge che disponeva l’interruzione dei “servizi educativi di ogni ordine e grado” nei comuni e nelle aree in cui erano state individuate persone positive al virus (Lombardia e Veneto). Parallelamente, come è facile immaginare, venivano momentaneamente sospesi anche i servizi di ristorazione scolastica. 

    A questo provvedimento, ha fatto seguito il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo, con cui si disponeva la chiusura, in via precauzionale, delle scuole di tutta Italia, fino al 15 marzo. Con il decreto dell’8 marzo, la chiusura è stata estesa al 3 aprile, ma non solo: l’ordinanza ha infatti imposto anche una serie di limitazioni a tutte le attività commerciali e lavorative, comprese quelle della ristorazione, consentendo a i bar, ai pub e ai ristoranti, di restare aperti dalle ore 6 alle 18, a patto che venisse garantito il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro tra gli avventori. Proprio in quell’occasione, avevamo intervistato alcuni ristoratori milanesi per parlare dell’impatto di tali restrizioni: tutti avevano evidenziato un calo di affluenza, e qualcuno aveva già deciso di chiudere momentaneamente o di aprire soltanto a pranzo.

    Visto il numero crescente di contagi, come già ricordato, un ulteriore decreto, datato 11 marzo, ha determinato la chiusura dei servizi di ristorazione, con alcune eccezioni: le mense ospedaliere e quelle di altre strutture sanitarie. Vediamo cosa ci ha detto a questo proposito il portavoce Oricon.

     

    Ingegner Scarsciotti, in seguito all’annuncio della pandemia da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’11 marzo, il Governo italiano ha varato un nuovo dpcm. Tra le misure si legge: “sono sospese le attività dei servizi di ristorazione […] ad esclusione delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di un metro”. Ci spiega meglio qual è la situazione per il settore della ristorazione collettiva alla luce di queste novità?

    Carlo Scarsciotti: “Le misure restrittive prese dal Governo si sono rese necessarie per evitare il prorogarsi del Covid-19 e l’incremento del numero di persone positive al coronavirus, ma l’OMS e il Comitato medico scientifico che collabora con il Governo hanno chiarito che il contagio non può avvenire tramite l’assunzione di alimenti.

    Il servizio offerto dalle nostre aziende rappresenta, quindi, una garanzia per la sicurezza dei dipendenti di tutte quelle realtà che, nonostante l’emergenza in corso, non possono interrompere o ridurre i processi di lavoro. Impedirlo, confondendo il luogo-mensa con il servizio-mensa, significa esporre le persone a maggiori rischi perché, senza pasti garantiti, a pranzo dovrebbero uscire dallo spazio aziendale, in cui sono applicate tutte le misure preventive, dirigendosi verso zone a maggiore possibilità di contagio”.

    mensa ospedaleshutterstock.com

    Bar e ristoranti chiudono, ma molte aziende restano aperte, e non tutte sono provviste di una mensa aziendale. Come si sta muovendo il settore in questo momento? Le aziende stanno reagendo proponendo nuovi servizi, come ad esempio il food delivery?

    C.S.: “Al fine di tutelare la salute e i diritti di quei lavoratori che oggi si trovano nell’impossibilità di usufruire del luogo-mensa, ma non certo di usufruire del servizio-mensa, molte aziende di ristorazione collettiva hanno definito nuovi modelli per continuare a garantire il servizio, confermando così l’importanza della nostra funzione sociale. Diverse realtà, ad esempio, si sono organizzate mettendo a fattor comune la loro consolidata esperienza, per garantire che i lavoratori che si recano nei luoghi di lavoro possano usufruire di pasti preparati da operatori muniti di dispositivi di protezione individuale, prodotti in ambienti conformi a tutte le normative sanitarie, confezionati singolarmente e consegnati presso le postazioni dei lavoratori, che non devono recarsi all’esterno a cercare un pasto in zone dove, tra l’altro, gli esercizi potrebbero essere chiusi”.

     

    La chiusura delle scuole implica anche la chiusura delle mense scolastiche. In che modo le aziende di ristorazione stanno gestendo il problema degli sprechi alimentari?

    donazione alimentare

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    C.S.: Oricon è in prima linea contro gli sprechi alimentari. Siamo stati soggetti attivi alla promozione della Legge 166/2016 e partecipiamo al Tavolo permanente di coordinamento contro gli sprechi alimentari istituito presso il Ministero delle politiche agricole. In questa ottica di solidarietà e responsabilità sociale, le aziende della nostra rete si sono subito attivate e hanno donato eccedenze alimentari e pasti pronti, confezionati in ambienti protetti e provenienti dalle loro mense scolastiche, a enti caritativi e Onlus che si occupano di aiutare persone in difficoltà, come gli anziani soli in casa”.

     

    Molti dei vostri associati servono ogni giorno migliaia di pasti anche nelle strutture ospedaliere. L’aumento di ricoveri su tutto il territorio ha fatto emergere delle esigenze particolari, legate alla contingenza?

    C.S.: “Le operatrici e gli operatori delle nostre aziende stanno fronteggiando l’emergenza con professionalità e spirito di sacrificio. Anche noi, però, abbiamo grande difficoltà nel reperire le mascherine e i dispositivi di protezione individuali (DPI) necessari a garantire la sicurezza di chi opera nella ristorazione ospedaliera. Senza queste misure, sono a rischio sia la salute e la sicurezza dei dipendenti delle imprese che operano nel settore, sia la continuità della fornitura dei pasti a pazienti e operatori delle strutture ospedaliere e sanitarie.

    Le nostre imprese forniscono un servizio di pubblica utilità che non può fermarsi e, come il personale curante, anche gli addetti alla ristorazione necessitano dei DPI, per far fronte all’emergenza che il Paese sta attraversando in queste drammatiche settimane. Per questo, abbiamo chiesto al Governo e alla Protezione Civile un’immediata risposta sulle forniture delle mascherine e dei dispositivi di protezione, per far sì che i nostri operatori possano continuare a lavorare in sicurezza e a offrire un servizio essenziale per la collettività: preparare pasti sicuri per pazienti e personale sanitario”.

     

    Per far fronte all’emergenza coronavirus, il Governo ha stanziato 25 miliardi per famiglie e imprese. Quali sono i provvedimenti concreti che dal vostro punto di vista potrebbero aiutare la ristorazione collettiva in questo momento? Dove c’è maggiormente bisogno di investire/allocare le risorse stanziate per ciò che riguarda il vostro settore?

    C.S.: “Il nostro settore non ha provvedimenti specifici di coperture in caso di inattività, a parte il fondo di integrazione salariale, e residualmente la cassa integrazione per il servizio di ristorazione presso aziende, che comunque deve essere finanziato dal Governo, e che non copre l’intera massa salariale. Tra i costi delle aziende di ristorazione collettiva, il lavoro è la voce più determinante. Fino a febbraio il personale delle nostre aziende è stato regolarmente pagato, ma una contrazione delle attività influirebbe sull’occupazione e sui salari.

    Siamo in costante contatto con i Sindacati, con il Governo e con le Istituzioni competenti, li informiamo tempestivamente sulle ripercussioni non solo economiche, ma soprattutto sociali, che interessano la collettività e le lavoratrici e i lavoratori delle nostre imprese. Ciò che chiediamo sono provvedimenti immediati, snelli e idonei a coprire le retribuzioni future. Le aziende sono pronte a fare il loro dovere, ma con la caduta verticale dei pasti prodotti e del fatturato non possono gestire il carico dei costi senza un supporto dello Stato. Abbiamo rappresentato al Governo la crisi del settore e ci aspettiamo una risposta adeguata”.

     

    Una volta che questa emergenza sarà passata, quali scenari ipotizza per il mondo della ristorazione collettiva?

    C.S.: “Con il Covid-19 stiamo vivendo una pandemia e ognuno di noi sta provando sulla propria pelle la paura del contagio. Ci saranno ripercussioni economiche e sociali e sperimenteremo nuovi stili di vita e di socialità. Anche il mondo della ristorazione collettiva dovrà adeguarsi e concepire modalità di servizi probabilmente differenti. Non sarà un periodo facile, ma credo molto nella professionalità dei nostri manager e di tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore. Svolgiamo un lavoro ad alto valore sociale, indispensabile per la collettività e per le fasce più fragili della popolazione: sono certo che riusciremo a trovare soluzioni appropriate per affrontare il futuro che ci aspetta”.

    futuro ristorazione collettiva
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    Al pari di altri settori, anche la ristorazione collettiva sta fronteggiando una situazione difficile, nella quale si evidenziano, da un lato, le criticità legate alle ripercussioni economiche della chiusura forzata e, dall’altro, i problemi che devono affrontare le realtà che invece continuano a lavorare. Come ha sottolineato Scarsciotti, le sfide sono tante e continueranno a esserci nell’immediato futuro, ma l’auspicio è che vengano adottate misure adeguate a sostenere le aziende e i lavoratori.

     

    Erica è nata in Molise ma da undici anni vive a Bologna, dove lavora come web writer, social media e content manager freelance. Il suo piatto preferito sono le polpette, perché prepararle la mette di buonumore. Nella sua cucina non devono mancare la salsa di soia e un wok per saltare le verdure e organizzare al volo una cena.

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