Casizolu Del Montiferru

Adriana Angelieri

di Vostromo.

Il Casizolu del Montiferru è un formaggio tipico sardo a pasta filata dalla caratteristica forma a pera piuttosto panciuta. Rientra tra i prodtti a rischio d’estinzione ed è tutelato da diverse istituzioni. E’ fatto esclusivamente con latte di vacche bruno-sarde e sardo-modicane. Bestie di razza rustica, allevate per tutto l’anno al pascolo brado in terreni prevalentemente ad agricoltura biologica, conosciute come ‘vacche da corsa’. E’ facile nelle campagne del Montiferru incontrare le mandrie che corrono per le praterie e spesso gli allevatori debbono faticare parecchio per radunarle. Il Montiferru è una sub-regione della Sardegna situata a nord di Oristano, i comuni interessati alla produzione di questo formaggio tipico sono Cuglieri, Bonarcado, Seneghe, Paulilatino, Scano di Montiferro e Santu Lussurgiu, tutti in provincia di Oristano.
I produttori del Casizolu Del Montiferru si sono riuniti in associazione e hanno stilato un disciplinare di produzione che garantisce tutta la filiera. Bisogna in ogni modo precisare che anche in altre zone della Sardegna, senza norme codificate, viene prodotto artigianalmente lo stesso tipo di formaggio vaccino. Il gusto inimitabile del Casizolu del Montiferru è il risultato del fortissimo rapporto con il territorio e dell’unicità dell’ambiente: i pascoli ricchi di erbe preziose e profumate, la macchia mediterranea di mirti e corbezzoli, assieme alle roverelle, l’olivastro e la filirea, trasferiscono al latte i loro profumi e sapori.

Il Casizolu ha una storia plurisecolare, a differenza dei formaggi di pecora anticamente era preparato dalle donne. Lavoro faticoso e scomodo: la pasta deve essere manipolata nell’acqua bollente appena raggiunge il giusto grado di lievitazione ed il momento adatto può arrivare a qualunque ora del giorno o della notte. La cagliata è ottenuta dal latte intero, non pastorizzato, riscaldato a 36/38°, solitamente in caldaie di rame. E’ utilizzato per lo più caglio di vitello, ma anche di capretto, più piccante. Dopo la fase di raffreddamento comincia la lavorazione del formaggio. E’ lasciato riposare per ventiquattr’ore in contenitori in modo che fermenti e diventi acido. La prova dell’avvenuta fermentazione si ottiene prendendo un pezzetto di formaggio, riscaldandolo sul fuoco e verificando che diventi filante. Al momento giusto si comincia a manipolare il casizolu, tutto rigorosamente a caldo. La cagliata è ridotta in pezzi e immersa in una tinozza di rame dove viene aggiunta dell’acqua che è portata ad ebollizione. Quando la pasta è elastica e malleabile si estrae e si modella con le mani, dandogli la classica forma panciuta. A questo punto il casizolu è messo in salamoia per dieci o dodici ore. Le pere di formaggio vengono fatte riposare per circa una settimana prima di essere legate per il collo e messe a stagionare in fresche cantine con temperatura costante.
Con la stessa pasta del Casizolu si fa anche la ‘fresa’, una formaggetta ovale e cremosa prodotta solo in autunno, preferibilmente con il latte ricco di grassi delle vacche gravide. Il Casizolu Del Montiferru può essere consumato giovane oppure dopo una media o lunga maturazione: sei-otto mesi sono considerati il periodo ideale. La pasta ha un colore giallo paglierino e tende alla sfoglia con la stagionatura, comunemente è percorsa da piccolissime bolle. Col passare del tempo il formaggio diventa più sapido e piccante. Al naso esperto rivela sensazioni di erba verde e latticello, sentori di bosco e di foglia. Le note di gusto fanno da contrappunto ai profumi: tornano con una buona persistenza ed un sentore finale di mandorle.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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