bee my job

Bee My Job, un progetto di apicoltura urbana per promuovere l’integrazione

Angela Caporale
2

     

     

    “Nel mondo delle api dove c’è collaborazione, c’è valore. È un’ottima metafora di quella che dovrebbe essere anche la nostra società”, così Mara Alacqua, presidente dell’associazione Cambalache, riassume in un’unica suggestione il senso del Bee My Job, progetto di apicoltura urbana e sociale che coinvolge, ad Alessandria e non solo, richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione internazionale. La sinergia e la collaborazione tra apicoltori, operatori dell’accoglienza e persone di origine straniera ha dato vita ad un’esperienza di integrazione riconosciuta come best practice anche dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR), ma che soprattutto ha un impatto di arricchimento sul territorio. Abbiamo intervistato proprio Mara Alacqua, responsabile del progetto, che ci ha raccontato come è nato e si è sviluppato Bee My Job fino a produrre anche una sua (piccola) linea di prodotti a base di miele.

    Bee My Job, apicoltura urbana e sociale per l’integrazione

    Bee My Job è un progetto nato nel 2015 dell’Associazione di promozione sociale Cambalache che mette in relazione due necessità: da un lato, quella di alcune aziende del territorio che hanno bisogno di manodopera specializzata e, dall’altro, quella di sviluppare attività di integrazione per rifugiati e richiedenti asilo accolti ad Alessandria. “Il settore dell’apicoltura e dell’agricoltura in generale – spiega la presidentessa dell’associazione – rispondono perfettamente a questa esigenza. Il miele è stato, negli ultimi anni, riscoperto e valorizzato, tant’è che ci sono persone che lo preferiscono allo zucchero e, quindi, gli apicoltori hanno bisogno di personale, stagionale, da assumere.”

    Non soltanto, l’apicoltura si presta ad un percorso di formazione ed inserimento lavorativo perché il tempo necessario per preparare anche una persona che non ha già esperienza nel settore non è molto. La maggior parte dei richiedenti asilo coinvolti nel progetto, ben 140 dal 2015 al 2019, non si era mai occupato di apicoltura, anzi era piuttosto spaventato dalle api che, nel continente africano soprattutto, sono molto più aggressive. Alla paura iniziale si sono presto sostituiti interesse e entusiasmo.

    bee my job apicoltura

    Contratti e tirocini come alternativa al caporalato

    Il progetto prevede, dunque, una prima fase di selezione tra i titolari di protezione internazionale e i richiedenti asilo accolti sul territorio: le persone più adatte (selezionate sulla base delle competenze sia tecniche che relazionali) vengono inserite in un percorso di formazione che dura circa tre mesi, solitamente in primavera, durante il quale vengono insegnate loro le tecniche dell’apicoltura, ma non soltanto. “Il percorso formativo – spiega l’intervistata – prevede anche una serie di moduli complementari come uno corso di lingua italiana settoriale dedicata ai termini tecnici dell’apicoltura, uno spazio dedicato alla sicurezza sul lavoro, ma anche lezioni su come orientarsi nella ricerca della casa o di un lavoro in un contesto, come quello italiano, molto diverso da quello d’origine della maggior parte delle persone coinvolte.”

    A conclusione del percorso di formazione, Bee My Job prevede per tutti i partecipanti un tirocinio riconosciuto presso un’azienda della zona che si occupa di apicoltura o che opera, più in generale, nel settore agricolo. “Le competenze richieste sono diverse, proprio per questo il percorso formativo è orientato a formare i partecipanti a rispondere alle varie esigenze che emergono sul posto di lavoro”.

    Tra i pregi che hanno portato Bee My Job ad ottenere numerosi premi e riconoscimenti fino alla partnership dell’UNHCR, c’è proprio la priorità che viene data ad un inserimento regolare nel mondo del lavoro per persone che, diversamente, spesso, finiscono nelle maglie dello sfruttamento e del caporalato. Il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori viene richiesto anche a tutte le aziende partner che, per poter collaborare, devono rispettare una Carta Etica e un codice di condotta che determinano alcuni principi applicati all’agricoltura per tutelare tanto il pianeta quanto le persone. “Si tratta di una delle iniziative più recenti – aggiunge Alacqua – e ci consente di replicare il progetto anche lontano da Alessandria, con la garanzia di muoverci all’interno di determinati standard comuni.” Nel 2018, infatti, Bee My Job è partito anche in Calabria, a Lamezia Terme, grazie alla Comunità Progetto Sud e a San Giorgio in Piano, in provincia di Bologna, con la Cooperativa La Venenta.

    bee my job orto sinergico

    Interessante anche l’opportunità, concreta, per cui si può passare da un tirocinio ad un rinnovo e addirittura, in alcuni casi, ad un vero e proprio contratto agricolo: “il settore dell’apicoltura è stagionale per cui quello che accade più frequentemente è che le persone vengano semplicemente richiamate l’anno successivo, ma è interessante sottolineare come tra i rinnovi del 2018 sono stati 12 quelli ad Alessandria e 5 quelli nel bolognese a conferma che esiste una concreta domanda di lavoro in questo settore.”

    E il percorso di espansione di Bee My Job non si è concluso. Al contrario prosegue in alcuni dei territori più controversi proprio per la prevalenza di forme di sfruttamento di manodopera illecite, come la Piana di Gioia Tauro. Partirà a breve a Rosarno un progetto congiunto dell’associazione Cambalache con Medici per i Diritti Umani sempre con l’obiettivo di coinvolgere richiedenti asilo e titolari della protezione internazionale in percorsi di formazione ed integrazione lavorativa virtuosi e legali.

    bee my job api

    Non solo campi, ma anche cultura e miele in vasetto

    Bee My Job non si occupa solo di lavoro etico e sociale. Da anni ormai, e nel 2018 grazie nuovamente al sostegno dell’UNHCR, i ragazzi che partecipano ai programmi di formazione si dedicano ad attività di api-didattica, sensibilizzazione e divulgazione nelle scuole. “Protagonisti degli incontri sono stati apicoltori, rifugiati o richiedenti asilo che sono diventati a loro volta “docenti” per un giorno, per guidare gli studenti alla comprensione del mondo delle api, utilizzate come veicolo per ragionare sulla società e l’inclusione.”

    È stato avviato nel 2018, inoltre, un corso di agricoltura sinergica finalizzato alla realizzazione di un orto urbano, con il sostegno di Intesa San Paolo. “L’idea è stata quella di coinvolgere in questo percorso le persone più vulnerabili dal punto di vista psicologico, tutte quelle persone che a causa dei traumi vissuti prima e durante la migrazione non sono pronti a lavorare in un’azienda, ma nel frattempo si inseriscono in un percorso che consente loro di acquisire competenze in ambito agricolo e di confrontarsi con insegnanti e colleghi.”

    produzione miele bee my job

    Il futuro e la diffusione del modello di Bee My Job sono, infine, legate allo sviluppo di due prodotti concreti realizzati dall’associazione Cambalache. Esiste una linea di prodotti alimentari a base di miele in vendita nel loro piccolo spazio di Alessandria, in occasione di fiere di settore e presto anche direttamente sul sito del progetto.

    Ancor più recente è il lancio della collana “A come APE”, una serie di volumi che illustrano i percorsi e gli strumenti del progetto affinchè sia sempre più semplice applicarlo anche altrove, rispettando gli stessi principi e gli stessi valori. È già disponibile il “Tool Kit per attività nelle scuole con i rifugiati”, che racchiude percorsi di didattica per parlare di inclusione e sostenibilità attraverso la conoscenza del mondo delle api e delle migrazioni. Si aggiunge anche una dispensa per l’insegnamento dell’italiano L2 settoriale con focus su apicoltura, agricoltura biologica, allevamento, elicicoltura, una dispensa didattica per i laboratori, e un manuale di implementazione del progetto Bee My Job, rivolto agli operatori.

    “Crediamo che Bee My Job possa espandersi anche oltre Alessandra e che abbia un valore intrinseco – spiega in conclusione Mara Alacqua – perché punta sulla sostenibilità ambientale e umana del settore agricolo, e per di più coinvolgendo le api che sono chiamate animali sentinella perché in un ambiente inquinato e non rispettoso della natura, non possono sopravvivere. Mentre noi vogliamo che vivano, in un ambiente dove l’aria è pulita e i richiedenti asilo e i titolari di protezione internazionale non siano sfruttati.”

     

    Conoscevate il miele di Bee My Job e il loro interessante progetto di inclusione professionale e sensibilizzazione?

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

    Lascia un commento