L’anguilla da secoli è considerata un risorsa alimentare importante, sia per la pesca che per l’allevamento. In passato abbondante e alla portata di tutti, oggi è rara e costosa, oltre a distinguersi per un’ottima considerazione in ambito gastronomico. L’eccessivo sfruttamento commerciale, il deterioramento del suo ecosistema e i cambiamenti climatici, infatti, hanno prodotto un rapido declino di questa specie, che oggi rischia l’estinzione. Ma per cosa si caratterizza l’anguilla? Quali sono le sue proprietà nutrizionali e cosa bisogna sapere prima di acquistarla? Dopo aver approfondito i pregi del pesce azzurro, riporteremo i contenuti di un’altra conferenza che si è svolta all’Accademia di Agricoltura di Bologna, dove si è discusso di questa preziosa eccellenza del mercato ittico.
Anguilla: caratteristiche e biologia
L’anguilla (Anguilla anguilla) è un pesce bizzarro, dalle caratteristiche davvero singolari, che riesce a combinare tratti fisici da serpente e capacità da anfibio. Per la scienza alcuni dei suoi comportamenti sono ancora un mistero e, in particolare, si sa poco della sua riproduzione, nonché del viaggio di migliaia di chilometri affrontato dagli esemplari adulti per portarla a termine. Come ha ricordato il professor Corrado Piccinetti dell’Università di Bologna, infatti, le anguille “italiane” vivono in un’ampia gamma di ambienti, pur provenendo da un solo areale di riproduzione, detto Mar dei Sargassi, nella fascia centro-occidentale dell’Oceano Atlantico. In quelle acque, a una profondità di diverse centinaia di metri, le uova vengono deposte e fecondate dai riproduttori, che non sopravvivono alla straordinaria migrazione.
Gli avannotti, dopo la schiusa, vengono trasportati dalle correnti verso l’Europa e impiegano più di due anni per raggiungere le coste italiane e l’Adriatico. Giunte alle foci dei fiumi, le piccole anguille, quasi trasparenti, abbandonano le acque marine assumendo la tipica pigmentazione giallastra. Trascorsi altri dodici mesi e raggiunto il peso di 8-15 grammi, gli esemplari vengono detti ragani. La maggior parte di quelli che durante la risalita si fermano in prossimità del mare diventano maschi, mentre quelli che si allontanano di più dalle acque salate diventeranno prevalentemente femmine. In autunno, le anguille adulte iniziano a dirigersi verso il mare, per poi allontanarsi progressivamente dalle coste e scendendo in mare a profondità sempre maggiori. Per i biologi, ancora non è chiaro come questi pesci riescano a orientarsi correttamente dalle foci dei fiumi nell’Adriatico settentrionale fino all’area atlantica dei Sargassi, dove avviene la deposizione delle uova.
L’allevamento dell’anguilla
Nell’ambito del mercato e dell’acquacoltura, oggi l’anguilla europea è una delle specie più pregiate, che per decenni ha sostenuto un settore produttivo di alta qualità, specialmente nella zona di Comacchio e nelle aree vallive del Nord Adriatico. L’allevamento intensivo, praticato in tutta Europa, ha vissuto il suo apice negli anni Novanta, ha affermato il professor Oliviero Mordenti dell’Università di Bologna.
L’avvio dell’itticoltura prevede il prelievo in natura del novellame, che poi viene svezzato e accresciuto in vasche di cemento o vetroresina, utilizzando acqua dolce per accelerare il processo. In Olanda e Danimarca questo tipo di allevamento ha raggiunto forme iper-intensive, con carichi finali di 150 chilogrammi di anguille per metro cubo d’acqua.
L’anguilla europea rischia l’estinzione?
Ad allarmare, però, è il netto declino di questa specie in natura, che la FAO quantifica globalmente in un calo di quasi l’80% delle catture nell’ultimo trentennio. Questa situazione, per certi versi simile a quella del tonno rosso, ha diverse cause. Ecco quelle imputabili direttamente alle attività umane:
- Lo sfruttamento commerciale, come si accennava, è stato e continua a essere ingente, anche sulla spinta dell’elevato valore della specie.
- Ciò ha determinato prelievi eccessivi delle forme giovanili – dei quali è responsabile anche l’itticoltura – deleteri per la sopravvivenza di una specie, come abbiamo visto nel nostro approfondimento sulla pesca sostenibile.
- Anche l’inquinamento ambientale ha contribuito a rendere difficile la vita di questi pesci. Recentemente, le ricerche hanno addirittura attestato che la presenza di residui di cocaina nei fiumi mina il sistema nervoso delle anguille, ostacolando notevolmente le traversate oceaniche alla base della loro riproduzione.
- Ancor più dannosa è la presenza di sbarramenti nelle acque libere (dighe e chiuse), che può impedire fisicamente gli spostamenti lungo i fiumi, necessari per le complesse dinamiche dell’accoppiamento.
Ad aggiungersi a questa lista ci sono altre due cause, che indirettamente fanno capo alle attività antropiche:
- Pare che anche la variazione delle correnti oceaniche, determinanti per la prima fase della vita delle larve, siano favorite dai cambiamenti climatici.
- In parte, anche l’aumento e la diffusione delle malattie parassitarie è spinto dal riscaldamento globale.
L’insieme di questi fattori ha spinto l’anguilla verso il cosiddetto “rischio critico”, uno stadio prossimo all’estinzione, come attesta lo IUCN, che ha inserito questo pesce nella sua Lista rossa. Per contrastare questa situazione, nel 2007 la Comunità europea ha emanato il Regolamento 1100, che pone l’obiettivo di ricostituire lo stock della specie, adottando misure urgenti e concrete per la sua tutela. Queste norme restrittive, inevitabilmente, hanno ridimensionato le attività economiche legate a questo pesce, determinando innanzitutto una maggiore difficoltà nel reperire esemplari giovani per avviare l’allevamento. La rapida impennata dei prezzi delle piccole anguille – fino a mille euro al chilo, ha sottolineato Mordenti – non può che ripercuotersi sui costi finali per i consumatori. Inoltre, esiste una commercializzazione illegale verso il mercati asiatici, dove gli itticoltori sono disposti a spendere fino a duemila euro euro al chilo per le anguille giovani.
Al netto di tutto, perciò, il prezzo delle due forme comunemente commercializzate – il buratello (maschio di 120-180 grammi) e il capitone (femmina sopra i 350 grammi) – è aumentato notevolmente. L’anguilla di valle selvatica, ad esempio, nel periodo natalizio può sfiorare i 50 euro al chilo.
Anguilla: caratteristiche delle carni
Come è facile intuire, il pregio dell’anguilla deriva innanzitutto dalla qualità delle sue carni, uniche per gusto e ricchezza sensoriale, aspetti legati a un contenuto di grassi particolarmente elevato, che contribuisce a conferire anche una consistenza morbida nei diversi tipi di cottura. Concentrandosi sul profilo nutrizionale, come stiamo per vedere, l’anguilla presenta anche altre caratteristiche significative.
Proprietà nutrizionali dell’anguilla
Prima di entrare nel dettaglio dei valori nutrizionali, il professor Piccinetti ha precisato che questi dati variano significativamente in base allo stadio di sviluppo degli esemplari e al sesso, la cui determinazione avviene dopo alcuni anni, quando le giovani anguille raggiungono i 15-18 centimetri di lunghezza. In genere, i maschi non superano i 200 grammi di peso, mentre le femmine possono crescere oltre i 2 chili. Questa differenza è molto importante sia sul piano nutrizionale che dal lato economico, soprattutto quando l’allevamento è finalizzato a ottenere anguille di taglia maggiore e con un accrescimento più rapido.
La complessità del ciclo biologico, quindi, influenza notevolmente i valori nutrizionali, e in questo contesto il contenuto di grassi cresce all’avanzare dell’età dei pesci, aspetto che a sua volta condiziona gli usi gastronomici. Ad esempio, le cosiddette “ceche” (esemplari più giovani), il cui consumo era tradizionale in Toscana, sono molto più magre degli adulti. I ragani, invece, sono adatti per le fritture, mentre gli esemplari di 50-150 grammi si sposano bene con gli umidi. Le anguille più grandi, non a caso, vengono cucinate con metodi che disperdono i grassi o li sfruttano per mantenere la morbidezza delle carni, su tutti la cottura alla brace. Ad ogni modo, l’anguilla ha caratteristiche che impongono un consumo moderato, non ultimo perché si tratta di una specie sempre più rara e soggetta a norme di pesca restrittive.
Ecco cosa contengono, indicativamente, 100 grammi di filetto di anguilla allevata:
- Calorie: 319,0 kcal
- Proteine: 14,2 g
- Grassi: 28,9 g, di cui saturi 6,8 g; monoinsaturi 11,2 g; polinsaturi 7,3 g; colesterolo 87,0 mg
- Minerali: Potassio 217,0 mg; Ferro 1,0 mg; Calcio 20,0 mg; Fosforo 480,0 mg; Sodio 65,0 mg;
- Vitamine: B1 0,15 mg; B2 0,20 mg; B3 2,50 mg; A 1230,0 µg; C 2,00 mg; E 0,82 mg
Come si può notare, a spiccare è il contenuto di grassi – quantitativamente paragonabile a quello dei salumi, ad esempio – ma è significativo anche l’apporto di proteine, minerali e vitamine.
Acquistare e pulire l’anguilla
Come ha ricordato il professor Atos Cavazza, delegato di Bologna dell’Accademia della Cucina, le anguille vengono commercializzate fresche, essiccate, congelate, affumicate, salate, marinate e inscatolate. Le più pregiate sono quelle di mare, seguite da quelle di lago o fiume sassoso, e da quelle di allevamento in valle. Nel periodo estivo, però, le anguille selvatiche possono avere un gusto poco gradevole, a causa della moria dei molluschi tipica di questo periodo, dei quali i pesci possono nutrirsi. Gli esemplari di minor pregio, invece, sono quelli provenienti da allevamenti intensivi in vasca.
Secondo il professor Cavazza, è fondamentale che questo pesce venga eviscerato al più presto, perché un ritardo eccessivo favorirebbe un rapido deterioramento. Pertanto, è sempre da preferire un’anguilla pulita subito e congelata rispetto ad una tenuta in frigorifero senza che le interiora siano state asportate.
Va segnalato, inoltre, che il sangue dei murenoidi – dei quali l’anguilla fa parte – è velenoso se non viene cotto, per via della presenza di ittioemotossina. Questa sostanza ha un potere emolitico, ovvero è in grado di aggredire e rompere la membrana dei globuli rossi, causando paralisi sensoria e motoria, fino a un blocco della respirazione.
L’anguilla in cucina
Per quanto concerne gli usi in cucina, esclusa la tradizione natalizia – dove regna la preparazione in umido – si tende a preferire la cottura alla brace, che permette la colatura del grasso, garantendo così una maggiore digeribilità, oltre all’esaltazione del gusto e alla combinazione tra croccantezza delle carni all’esterno e morbidezza all’interno. Con questo tipo di preparazione, il pesce perde fino al 50% del proprio peso in acqua e grasso. La procedura inizia con il taglio lungo la schiena, e non dalla parte ventrale, mentre la tradizione prevede che l’anguilla in cottura venga girata solo due volte. La legna migliore per formare la brace da dedicare a questo pesce è quella ricavata dalla vite o da alberi da frutto non trattati.
A causa del limitato periodo della pesca, che in valle è permesso da novembre a gennaio, si è sempre fatto ricorso alla marinatura in aceto, che consente una lunga conservazione delle carni. Grazie a questa tecnica, di antica origine, l’anguilla può essere consumata durante l’intero arco dell’anno.
A livello mondiale, però, oggi è il mercato asiatico la principale destinazione commerciale dell’anguilla, le cui caratteristiche sono valorizzate da diverse preparazioni della cucina giapponese e di quella cinese.
Avete mai mangiato l’anguilla? Se siete abituati a cucinarla, potete presentarci le vostre ricette?
Altre fonti:
IUCN Red List
Regolamento (CE) n. 1100/2007