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Alla scoperta delle saline d’Italia e d’Europa

Redazione

Breve viaggio nel mondo del sale, fra sapori e paesaggi

di Serena Canu.

Quando si parla di paesaggi agricoli, con ogni probabilità le prime immagini che ci vengono in mente sono infinite distese di campi coltivati a grano, colline ricoperte da vigneti, terrazzamenti di ulivi. In realtà, con qualche spunto in più la nostra mente può andare ben oltre, scoprendo un’infinità di immagini che in un primo momento non avevamo neanche preso in considerazione. E’ forse il caso delle saline, luoghi modificati dall’uomo che nel corso degli anni sono spesso diventate parte integrante del paesaggio costiero di molte regioni d’Italia e del mondo.

Da secoli il sale marino è un elemento fondamentale della nostra dieta, sia come ingrediente che – soprattutto in passato – come conservante naturale per i cibi.
In un viaggio ideale alla ricerca delle saline marine più belle e caratteristiche, ho deciso di prendere come punto di partenza la nostra penisola, dove ho scoperto realtà a volte poco conosciute ma ricche di storia, luoghi dove è possibile trovare ancora qualità di sale particolari e molto differenti fra loro.

Saline siciliane, lungo le rotte dei Fenici

La prima tappa è nelle saline di Trapani, Paceco e Marsala, i cui produttori aderiscono al Consorzio Sale Natura e allo SMART (Consorzio per la valorizzazione del Sale Marino di Trapani). Quest’area si è trasformata nel corso dei secoli, da quando i Fenici vi scoprirono un luogo ideale per ricavare il sale a quando Federico II la dichiarò ambito di monopolio della corona, fino al momento in cui si è deciso di passare dalle tecniche artigianali a quelle industriali di produzione.

Questi cambiamenti hanno lasciato tracce indelebili sul paesaggio, puntellato da mulini a vento e grandi vasche di raccolta. Oggi, oltre alla realtà produttiva industriale, possiamo trovare anche i segni delle tecniche artigianali, riscoperte di recente quando si è deciso di puntare sulla qualità del prodotto e non sulla quantità. Non a caso, il sale di Trapani è diventato un Presidio Slow Food, usato anche nella salatura della famosa bottarga di Favignana, altro Presidio siciliano di grande interesse. Considerando che, a differenza della Francia, in Italia non esiste una vera cultura del sale, l’inserimento nel progetto dei Presidi è anche un modo per far circolare maggiore conoscenza attorno a questo ingrediente, oltre che accertare la qualità del prodotto.

Ma cos’ha questo sale di diverso rispetto agli altri? La sua caratteristica principale è che sala di più! Rispetto ad altri, infatti, contiene più potassio e più magnesio, che lo rendono più amaro, e una quantità minore di cloruro di sodio. Questo sale si presta inoltre a garantire una elevata sicurezza alimentare, soprattutto conservante nella salagione, il più antico e diffuso metodo di trattamento degli alimenti.

Ritornando al paesaggio, tutta la zona ricade all’interno di due splendide aree protette: la riserva naturale orientata delle saline di Trapani e Paceco e le saline dello Stagnone (nel comune di Marsala). I mulini restaurati sono parte integrante del contesto e ci portano indietro nel tempo, quando il vento muoveva ancora le vele. Ma probabilmente l’aspetto più affascinante rimangono le grandi piramidi bianche di sale, che nella loro semplicità riescono a trasmettere tutta l’essenza del luogo.

 

Saline di Cervia, il sale dolce

Proseguo il mio viaggio alla scoperta di un altro Presidio Slow Food: il sale dolce di Cervia. In quest’area della Provincia di Ravenna, chiusa fra le campagne e il mare, la tradizione salinara risale ai tempi dei Romani e alla mitica Ficocle e arriva fino ad oggi passando attraverso cambiamenti sostanziali del paesaggio dell’intera area. Se prima l’attrazione principale erano le Terme – di cui rimangono tracce tutt’oggi lungo la strada che dall’interno arriva al centro abitato – ora l’elemento caratteristico solo le immense vasche per la produzione del sale.

Nel Medioevo, a circa un chilometro da dove all’epoca arrivava il mare, proprio al centro dell’area dedicata alla produzione del sale è sorta l’antica Cervia, oggi conosciuta come Cervia vecchia. Fra il 1698 e il 1740 il centro abitato è stato poi letteralmente smontato e ricostruito lungo la striscia di terra che costeggia il mare e le vasche. Il nuovo nucleo si è plasmato attorno alle necessità dei salinari e le loro case – una vera e propria cinta che circonda la piazza principale – sono ancora oggi molto ambite per la loro particolarità.

Come mi hanno spiegato al Museo del Sale, allestito nel seicentesco Magazzino costruito lungo il canale di comunicazione fra le saline e l’Adriatico, la fisionomia stessa delle saline si è drasticamente modificata negli ultimi decenni. Nel 1959 i Monopoli dello Stato hanno scelto di abbandonare il sistema tradizionale di raccolta multipla per puntare sulla raccolta unica e, quindi, su un sistema industrializzato. Questa scelta si è dimostrata fallimentare e ha portato alla chiusura dell’impianto. In realtà, i vecchi salinari hanno deciso di non abbandonare la produzione, ma di riconvertire la raccolta puntando a una riqualificazione delle tecniche tradizionali e di un utilizzo differente delle varie vasche di evaporazione.

Lo scopo di questa scelta è soprattutto quello di mantenere viva la memoria della popolazione attraverso un’attrazione strettamente legata al luogo e alla sua storia. In realtà, l’effetto collaterale è la produzione di un sale particolare, chiamato sale dolce per le sue caratteristiche organolettiche. A differenza del sale di Trapani, infatti, questo risulta meno amaro e un po’ più piacevole al gusto. Il segreto sta non solo nel clima incostante e nella debolezza delle acque marine dell’Alto Adriatico, ma anche nella raccolta, che avviene giornalmente evitando che l’acqua madre superi i 28,5 gradi Baumè (sistema per la misurazione della salinità dell’acqua).

Secondo i rappresentanti dell’Associazione Culturale Civiltà Salinara, il sale integrale dolce è più adatto di altri alla salagione dei formaggi e delle carni porcine. Oltre agli usi classici, però, questo sale marino non raffinato è oggi utilizzato anche per preparazioni più atipiche: un esempio fra tutti, le barre di cioccolata con sale! Merita invece una citazione particolare il Salfiore di Romagna, sale marino integrale medio fine che i salinai chiamano ancora il sale del papa, per la tradizione secolare di portare alla mensa pontificia il primo sale raccolto.

A proposito del paesaggio modellato dalle saline cervesi non bisogna dimenticare il Parco, che si estende su una superficie di 827 ettari ed è abitato da specie rare come i fenicotteri rosa, i cavalieri d’Italia o le avocette.

Le saline della Camargue e della Bretagna

A proposito di Salfiore, non si può non citare il Fleur de Sel francese, lavorato nell’assoluto rispetto dei ritmi naturali delle maree e delle correnti e prelevato manualmente dai salinari più esperti. Detto anche caviale del mare, questo prodotto è lo strato di sale bianchissimo e croccante che si forma in determinate condizioni climatiche.

Oltre a questa qualità speciale, anche il sale normale merita però una citazione. Prodotto nella Salina di Aigues, il sale di Camargue è purissimo, naturalmente bianco e ricco di magnesio. Il sale grosso viene considerato l’ideale per le cotture in crosta di sale o per le salagioni, mentre quello fine viene usato come condimento o per la preparazione di salse.

La Salina di Aigues è ovviamente una costruzione artificiale, ma rappresenta uno di quei rari esempi nei quali si è cercato di ridurre l’impatto al minimo. L’essere umano, in questo caso, non ha cercato di modificare l’ambiente solo in base ai propri bisogni, ma lavora nel più grande rispetto della flora e della fauna, cercando di preservarne le caratteristiche.

Sempre in Francia, ma lungo le coste settentrionali che danno sull’Atlantico, si trova il sale di Guèrande. Raccolto nel periodo estivo seguendo l’antico metodo celtico con l’uso di pale di legno per non contaminare la purezza del prodotto, questo sale non viene raffinato e risulta grigio alla vista grazie alla quantità di sali minerali che contiene e al fondo argilloso delle saline.
Il sale di Guèrande ha un sapore molto delicato e per questo viene usato in molti tipi di preparazioni. C’è chi dice che abbia un retrogusto floreale e che proprio per questo ultimo motivo il re Luigi XIV lo richiedesse esplicitamente, perché solo in esso trovava un lieve sentore di violetta.

Il sale nel resto d’Europa

Dando una rapida occhiata al resto dell’Europa, ci si imbatte in molte altre qualità di sale marino che devono le loro caratteristiche ai luoghi di produzione. Due in particolare, a mio avviso, meritano una citazione. Il primo è il sale nero di Cipro, il cui fiocco è caratterizzato dalla forma perfetta di piramide concava e, soprattutto, dal colore: un nero profondo dovuto al carbone attivo che contiene. Abituati a pensare a sali bianchissimi, è inusuale trovarsi di fronte al prodotto delle saline di quest’isola al centro del Mediterraneo. In realtà, i suoi fiocchi nascono bianchi e luminosi e la polvere di carbone attivo viene aggiunta in seguito, lasciandoli quindi non completamente neri ma, a tratti, ancora candidi.

Questo prodotto scenografico, usato da alcuni chef per abbellire e rendere particolari alla vista le perparazioni, nasce nelle regioni di Larnaca e Limassol, dove si trovano dei laghi salati. Qui l’acqua del mare filtra attraverso la roccia porosa e si combina con quella dolce, dando vita alle saline. L’intera area è diventata di recente una riserva naturale, popolata da una fauna e flora tipica.

Se il sale di Cipro va citato per il suo colore, quello grosso di Doñana è importante per il contesto paesaggistico in cui viene prodotto. Il Parco Nazionale di Doñana è infatti un’area protetta della costa sud-occidentale della Spagna, la cui biodiversità è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’UNESCO per la grande varietà di ecosistemi e di specie animali che ospita.

Il contributo dell’uomo, qui, si mostra più che altro nel tentativo di preservare le condizioni originarie della zona. A differenza di altri luoghi, infatti, il sale rappresenta un’attività collaterale e l’attenzione è concentrata più sull’atmosfera che sulla produzione. Durante la visita del parco, il sale è soprattutto un elemento che collega i diversi aspetti che caratterizzano il luogo, in particolare grazie al suo profumo che segna in maniera assolutamente distintiva l’intero percorso.

Non posso, però, non parlare almeno per un momento della qualità di questo prodotto, che ha un fiocco bianco, asciutto e friabile e viene utilizzato intero in cottura e macinato su tutti i piatti, ma in particolare per esaltare il sapore delle carni rosse.
Ad essere sinceri, questo breve viaggio nel mondo del sale non esaurisce neanche in piccola parte le scoperte che si possono fare in giro per il mondo. Oltre i confini europei, infatti, troviamo molti altri luoghi degni di nota e molte altre qualità che suscitano grande curiosità.

Al di là dei meri elenchi, però, è importante capire che accanto al gusto di ogni prodotto e alle sue caratteristiche estetiche non vanno sottovalutati i luoghi in cui i diversi sali vengono raccolti. Ogni salina, infatti, è stata modificata in modi differenti dall’uomo e si inserisce nell’ambiente che la circonda secondo logiche che, almeno nei casi citati, tendono a ricreare un equilibrio unico fra mare, acqua e terra, rendendo il paesaggio unico nel suo genere.

Una risposta a “Alla scoperta delle saline d’Italia e d’Europa”

  1. Davide ha detto:

    Interessante articolo, ma cosa pensi del sale di Pirano, penso meriti di essere citato se non altro per la tradizione centenaria legata alla produzione.

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