Dalla filiera al tappo di sughero: il settore vitivinicolo si fa sempre più green

Angela Caporale
3

     

    Il vino italiano viene bevuto in tutto il mondo. Solamente nel periodo delle feste natalizie dello scorso anno, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio UIV-Ismea, sono state vendute 341 milioni di bottiglie. Oltre a essere uno dei settori più floridi e rilevanti del made in Italy e un traino per lo sviluppo del turismo enogastronomico, il mercato vitivinicolo è all’avanguardia anche dal punto di vista della sostenibilità.

    Da diversi anni, le aziende italiane hanno iniziato a investire su azioni e strumentazioni che permettano di ridurre l’impatto ambientale, impiegare energia green e innescare circoli virtuosi. Tante le iniziative interessanti, quella portata avanti dal progetto Naturity realizzato dalla divisione italiana del gruppo Amorim, premiato con il Technology Innovation Award del Salone Internazionale Macchine per Enologia e Imbottigliamento di Unione Italiana Vini dello scorso novembre. L’idea è di sviluppare dei tappi di sughero monopezzo che garantiscano il pieno rispetto della materia prima e dell’ambiente: scopriamo come e cosa comporta questa novità!

    Viticoltura e sostenibilità: un connubio sempre più rilevante

    Il settore vitivinicolo, in Italia, è uno di quelli che risente maggiormente degli effetti della crisi climatica. L’aumento della temperatura e i lunghi periodi di siccità influiscono significativamente sulla salute delle piante di vite e sulla maturazione degli uvaggi. Una vendemmia anticipata di tre o quattro settimane significa, sottolineano gli esperti, una perdita di acidità, un grado di maturazione sbilanciato e condizioni di lavoro estreme. I vini stessi avrebbero livelli di acidità, zuccheri e alcol molto elevati con sentori e aromi diversi. Secondo quanto emerso durante la Slow Wine Fair 2023, svoltasi a febbraio a Bologna, i viticoltori si trovano di fronte a un bivio: trovare soluzioni e risposte immediate per garantire un futuro ai territori più prestigiosi – dalle Langhe alla Toscana, dalla Borgogna a Bordeaux, passando per la Napa Valley – o migrare altrove, a quote e latitudini diverse.

    cambiamento climatico vino

    Juan Enrique del Barrio/shutterstock.com

    Non sorprende, dunque, che le aziende del settore siano molto attente al tema della sostenibilità e costruiscono le strategie di sviluppo tecnologico sulla base di valori orientati al green. Dal 2011 esiste un vero e proprio programma del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che coinvolge 10.483 aziende fornendo strumenti, standard e supporto per lo sviluppo sostenibile. Si chiama VIVA e rappresenta uno standard pubblico nazionale per la misura e il miglioramento delle prestazioni di sostenibilità nel settore. In particolare, sono stati individuati quattro indicatori che rappresentano la produzione del vino e ambiti di sviluppo:

    • Aria – per cui viene musicata l’impronta di carbonio;
    • Acqua – l’impronta idrica;
    • Vigneto – impatto sul suolo e riserve idriche della gestione agronomica dei vigneti;
    • Territorio – analisi del legame tra il vino e il suo territorio di riferimento. 

    L’attenzione è alta, tanto che, secondo i dati del rapporto AGRIcoltura100, il 66,1% delle aziende coinvolte nell’indagine ha ridotto l’uso di fertilizzanti nel 2022; il 70,4% ha organizzato attività per la valorizzazione del capitale umano e il 63,3% ha migliorato la sicurezza sui luoghi di lavoro.

    Un altro vettore di sviluppo è quello dell’economia circolare, ovvero tutti quei processi che permettono di valorizzare l’eventuale scarto e ridurre la quantità di rifiuti prodotti dalla filiera. Per esempio, le cantine di Gruppo Caviro puntano a eliminare ogni forma di scarto lungo il percorso di produzione: dalla vinaccia si estraggono prodotti destinati poi all’industria come l’acido etilico, l’acido tartarico, l’enocianina e i polifenoli. I semi dell’uva, invece, sono alla base dell’estrazione di oli essenziali riutilizzati in ambito cosmetico e farmaceutico. Gli scarti di produzione meno “nobili” – fecce, reflui e potature – vengono invece convogliati in un impianto che produce biogas, una delle strategie di circolarità più interessanti e trasversali, come conferma l’inaugurazione di un impianto simile da parte di Granarolo rivolta alla filiera lattiero-casearia.

    Dalla filiera al brindisi: cosa fare dei tappi di sughero?

    Migliorare la sostenibilità di un intero settore come quello vitivinicolo richiede sforzi collettivi. Ed è indubbio che, oltre agli investimenti pubblici e aziendali, un gesto è fondamentale anche da parte dei fornitori, così come dei consumatori finali.

    Un tema molto interessante da questo punto vista è l’utilizzo del tappo di sughero, che tradizionalmente è il modo più classico per chiudere una bottiglia e conservarne il vino. Tra pregi e difetti, negli anni sono emerse diverse alternative, dai tappi a vite a quelli sintetici. La divisione italiana del gruppo Amorim, specializzato proprio nella produzione di tappi, ha sviluppato diverse linee di prodotto unendo sostenibilità e innovazione. In particolare, la tecnologia Naturity è stata insignita del Technology Innovation Award durante il salone di settore Simei del novembre 2022. Si tratta di un sistema che elimina alcuni composti volatili presenti nel sughero monopezzo che possono interferire con l’evoluzione del vino. Di fatto, si va a migliorare la conservazione del prodotto e di conseguenza ridurre gli sprechi e la perdita di qualità. 

    Kati Finell/shutterstock.com

    Dalla produzione al riciclo, una delle problematiche più rilevanti che riguarda i tappi di sughero è come smaltirli in maniera ecologica. Gettarli nel secco residuo è un grosso spreco perché si tratta di un materiale naturale e riciclabile. La stessa Amorim ha creato una linea di tappi, chiamata Suber, che utilizza la graniglia dei tappi raccolti da alcune onlus insieme alle quali ha avviato un progetto chiamato “Etico” di recupero post utilizzo. La polvere di sughero che deriva dalle varie della produzione viene, invece, bruciata in appositi macchinari che producono energia, riutilizzata dalla stessa azienda.

    Un’altra iniziativa virtuosa è quella di Rilegno, consorzio nazionale che si occupa del recupero e il riciclaggio degli imballaggi di legno e di sughero. Già dal 2009 ha dato avvio al programma “Tappoachi?” che, in maniera capillare, si impegna alla raccolta dei tappi per reimpiegarli nell’edilizia e nell’artigianato. Ha realizzato già numerosi accordi con i gestori dell’igiene urbana per promuovere insieme la raccolta differenziata.

    Sia il programma Etico sia “Tappoachi?” vede la collaborazione di privati, aziende ed enoteche che si impegnano a esporre delle confezioni dove raccogliere i tappi e dar loro una nuova vita.

    Sapevate di queste opportunità?


    Immagine in evidenza di: FranciscoMarques/shutterstock.com

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

    Lascia un commento