ristoranti etnici milano

3 Ristoranti Etnici di Milano che dovete assolutamente provare

Giovanni Angelucci

Forse una delle qualità enogastronomiche di Milano è la possibilità di spaziare da un paese all’altro cambiando semplicemente linea del tram, da una strada all’altra si alternano cucine di tutto il mondo in cui viaggiare seduti a tavolaLa scorsa volta vi abbiamo accompagnato alla scoperta di sapori tanto differenti tra loro quanto decisi, e abbiamo spaziato dalla Svezia alla Cina attraverso un percorso sensoriale fatto di contaminazioni gastronomiche e culture profondamente diverse.
Nel nostro terzo viaggio tra i ristoranti etnici di Milano, voliamo fino in Oriente ma ci concentriamo maggiormente sui sapori della nostra Europa.

Ristoranti etnici di Milano: 3 realtà da assaporare

1. Gong

È il terzo genito della famiglia Liu, Gong arriva dopo le altre due eccellenze Iyo e Ba asian mood, ristoranti diversi tra loro ma accomunati dall’alta qualità che ognuno possiede. Poche parole con questo locale, a parlare sono i piatti che divertono e convincono senza però dimenticare che dietro ogni creazione c’è una mente, e se la mente è anche pensante si ottengono i risultati trionfanti.

La padrona di casa Liu

ristorante gong

È la giovane Giulia Liu la creatrice di Gong, il ristorante dagli ampi spazi in cui incontrare persone e culture diverse che scelgono una cucina di livello che strizza l’occhio ad una cucina elegante contaminata a cavallo tra Cina e Giappone. “La nostra è una cucina asiatica: non ci siamo mai posti il problema di un confine da tracciare nel gusto e i limiti geografici non ci interessano. L’oriente ha molto da raccontare a tavola, soprattutto nella sua versione moderna. È per questo che ho deciso di partire dalle mie radici cinesi e di creare una squadra multietnica, guidata da un cuoco giapponese creativo, che possa fornire un punto di vista non convenzionale”.

Effettivamente di convenzionale c’è davvero poco, partendo innanzitutto dalla presenza di Giulia in sala, non esiste giorno in cui andrete al Gong e non la vedrete pronta a servirvi e coordinare la brigata con eleganza e grazia.

I piatti dello chef Koga

Dalla cucina fa il suo ingresso l’Hamachi in cupola di fumo, la ricciola del Pacifico servita con insalata cresciona, affumicata al momento sotto vetro: contare fino a dieci in mondo che i sentori dell’affumicatura si attenuino e assaggiare la delicata maestosità di un semplice piatto. Seguono sulla stessa linea di equilibrio gustativo e delicatezza i Chang Fung Sockeye Salmon,  cannelloni di pasta di riso tirata al vapore su crema di guacamole ripieni di salmone d’Alaska e le sue uova o con radice di wasabi.

All’apparire dei Dim Sum si inizia a fare sul serio, con la loro composta formata da ravioli al vapore con zafferano, carne caramellata e tartufo, gli scuri al nero di seppia con le sue uova e calamari, il saccottino di verdure miste, i dim sum con pasta di barbabietola rossa ripieni di king crab, asparagi e uova di tobiko nero, e in aggiunta lo Xia Jiao al vapore con gamberi argentini e punta di Mazara del Vallo. E ancora il consiglio va sul raviolo Wagyu ripieno dell’omonima carne con salsa al foie gras e tartufo. Il menù è ancora tanto ampio tra piatti a base di pasta, zuppe e carne tra cui l’orayaki con pane dolce al thè verde, terrina di foie gras marinato al miso e crema di castagna, un quadro oltre che un piatto ma da ordinare come chiusura e non tra gli antipasti. Gong è oriente, è cultura enogastronomica, è un pranzo rilassante e rigenerante.

gong milano

2. Albufera

La Albufera rappresenta il lago più grande di Spagna e una delle zone umide più importanti della penisola iberica vicino a Valencia, conosciuta per la produzione dell’omonima varietà di riso. Albufera è anche il luogo in cui Mateus Ávila Lobo Coelho e Alice Paglia hanno deciso di perseguire il loro sogno portandolo in Italia. Lui cuoco brasiliano, lei milanese proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Brera, sono diventati il punto di riferimento della zona, quella a due passi da Porta Venezia in cui tre anni fa hanno dato vita al loro ristorante spagnolo Albufera. Entrambi hanno vissuto in Spagna e lui ha imparato il mestiere proprio lì, e si vede, anzi si sente.

La semplicità di Albufera

Piatti tipicissimi che si esprimono con l’idioma local, gustosi, appaganti, concreti, esaurienti. Il locale è contenuto e accoglie una trentina di persone, non c’è nulla che parli italiano, compresa la carta dei vini che conta decine di etichette spagnole e tanto di sangria base tempranillo servita per cena. Alice è sorridente e cortese, sa come ospitare i propri clienti e offre i consigli per il menù divertente e invitante.

albufera

Dalla cucina

Non v’è forse dubbio alcuno nell’iniziare con una corposa sfilza di classiche tapas, tipiche ma innalzate dai banconi delle stradine spagnole, dove rappresentano un rito, a rivisitazioni nella forma e negli abbinamenti: il baccalà cotto in olio d’oliva a bassa temperatura con purè di patate, prosciutto disidratato e porro croccante, i calamaretti fritti con salsa di pomodoro piccante e maionese all’aglio, le commoventi costine di maiale iberico cotte 30h a bassa temperatura e glassate con salsa barbecue, la tagliata di picanha servita con brunoise di pomodori, cipolla e peperoni in vinagrette, la profumata orata marinata con lime e melograno, insieme ad avocado, cipolle rosse, peperoncino e aria di melograno. E queste sono solo alcune delle tapas, giuste anche nelle dimensioni.

Il cavallo di battaglia

Se è vero che non si può visitare il ristorante Albufera senza provarle, è altrettanto vero che non si può andar via prima di aver ordinato una delle paellas della casa, con frutti di mare, nero di seppia, astice o la valenciana a base di riso, pollo, coniglio, lumache e verdura di stagione. Ricche e gustose con il pesce fresco direttamente dal mercato. Da usanza spagnola a fine pasto (o prima) è possibile bere un buon vermouth autoctono ma chiedete ad Alice di farvi assaggiare il liquore al frutto della passione che prepara con le sue mani.

paella albufera

3. Le Vrai

Un po’ di Francia a Milano. Nato nell’estate 2015 per mano della italo-francese Claire Pauze, Le Vrai è il locale francese per antonomasia a Milano. Non si è sugli Champs Élysées ma all’angolo tra via Galileo Galilei e viale Monte Santo, tuttavia è qui che è possibile godere di ciò che di enogastronomico la Francia è in grado di regalare, e chi è filo francese di stomaco sa bene che non è facile stare sugli alti standard d’oltralpe.

Le declinazioni di Le Vrai

Vengono servite le specialità e le tradizioni di alcune sue regioni principali come l’Alsazia, la Borgogna, la Provenza e la Normandia. Una brasserie 2.0, ma anche una boulangerie, cafè e ristorante. Andiamo per ordine, da Le Vrai si può andare da mattina a sera e si comincia proprio ad inizio giornata con i prodotti preparati nel laboratorio interno: i panettieri francesi sfornano più volte al giorno le baguette (quelle vere) a doppia lievitazione utilizzando la farina del Mulino Guénégo (100% bretone di grano tenero, di cereali antichi e integrali e farine speciali macinate a pietra) e tanti altri prodotti dolci e salati tra cui pain au chocolat, croissant, pain brioche, pane burro e marmellata.

le vrai milano

Cosa ordinare a cena

La brasserie al primo piano, tra tradizione e modernità, propone classici francesi e ricette creative: terrina di foie gras d’anatra cotto a bassa temperatura con pane integrale tostato, vol-au-vent di capesante bretoni in salsa vellutata, battuta di manzo di Borgogna al coltello, magret d’anatra di Nantes alle spezie con pesche caramellate, cosce di rana al prezzemolo, capesante saltate in padella e flambate al Pastis, degustazione di formaggi.

le vrai milano

I migliori vini

La carta dei vini è composta esclusivamente da etichette francesi e ci si può divertire all’aperitivo degustando le diverse declinazioni di Champagne o Bordeaux ordinando uno speciale croque madame. Un ambiente fine dove scegliere di trascorrere diversi momenti della giornata sui divanetti, il velluto rosso e l’atmosfera calda a coinvolgere. Un po’ di Francia a Milano.

Se siete indecisi e volete volare ancor più lontano allora date un’occhiata ai ristoranti etnici che vi abbiamo suggerito l’ultima volta.

Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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