Raclette, un piatto che sa di convivialità e condivisione

Giulia Ubaldi
2 minuti

     

    Con le temperature che si abbassano, è il momento ideale per gustare alcuni piatti invernali come la raclette, di cui vi parleremo oggi. In realtà c’è anche chi la mangia tutto l’anno (persino in piena estate), ma è innegabile che si apprezza di più con i primi freddi. Oltre alla raclette, ci sono altri piatti simili, alcuni meno noti, che nascono tutti dallo stesso concetto: far fondere del formaggio sul fuoco del camino e accompagnarlo con quello che avete in casa al momento, come ad esempio anche solo patate (nel caso della raclette) o pane secco (come avviene con la fonduta). 

    Foto di Giulia Ubaldi

    Infatti, sono tutte portate di origine povera, che solo nel tempo sono cambiate diventando piatti per eccellenza della convivialità e condivisione, soprattutto nelle aree di montagna, aggiungendo anche altri ingredienti più nobili come il prosciutto o il lardo. Per questo, non prendete troppo alla lettera gli ingredienti di ognuno di questi piatti, perché troverete sempre delle differenti versioni, in ogni casa così come in ogni chalet. Ma qualche regola generale possiamo comunque trarla.

    La Raclette: storia, origini e caratteristiche 

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    Iniziamo con il chiarire un po’ di cose: la raclette è di origine svizzera, in particolare del cantone du Valais, ma vista la vicinanza, si è diffusa rapidamente anche nei territori confinanti della Savoia e poi nel resto della Francia, dove oggi si mangia ormai quasi più che in Svizzera. Tra i francesi, infatti, questo piatto è stato ben accolto. 

    Ne esistono due versioni: quella svizzera che si fa con il fromage a raclette chiamato Raclette du Valais AOP; e quella savoiarda, sempre con il formaggio a raclette ma Savoie IGP, cioè formaggio savoiardo. Il nome, infatti, deriva dal formaggio omonimo svizzero, fromage à raclette, che a sua volta prende il nome dal verbo francese raclet, che significa raschiare, grattare, scrostare via il formaggio dalla piastra con una spatola, una volta che questo è stato grigliato. Prima che comparisse con questo nome, tra i pastori del Medioevo si chiamava “fromage roti” e consisteva in una mezza forma di formaggio messa a fondere nel camino, di cui si raschiava (raclet) la pasta colante.  

     

    Ma la sua notorietà arriva soprattutto con il primo apparecchio a raclette di Tefal nel 1978 che ha permesso così la diffusione di questo piatto in ambito domestico. Funziona così: si posiziona al centro della tavola dove poi vengono aggiunte tante piastre quanti sono gli invitati; ognuno quindi avrà la propria griglia in cui metterà il formaggio e attenderà che sia caldo e ben fuso per poi adagiarlo sulle patate, preferibilmente meglio quelle un po’ più piccole della varietà Charlotte. Così, si continua per tutta la sera, o almeno finché non finisce il formaggio! Ennesima conferma della forte carica sociale di questo piatto e dell’importanza dell’aspetto conviviale che lo accompagna, così come avviene con altri piatti simili alla raclette di cui vogliamo parlarvi. 

    Non solo raclette: altri 5 piatti che “filano bene” 

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    1. Aligot 

    Nella regione dell’Auvergne, in particolare nella zona dell’Aubrac, al centro della Francia, ci sono due piatti che non mancano mai. Uno di questi è l’aligot, che è una sorta di purè di patate, in cui viene fuso un formaggio fresco locale, di solito un estratto dalla lavorazione del Cantal, del Salers o del Laguiole  (tutti formaggi della zona), l’importante è che abbia la texture ideale per filare perfettamente. A questo vengono poi aggiunti burro, crème fraîche e a piacere aglio; una volta pronto si può servire con una salsiccia in accompagnamento, preferibilmente sempre dell’Auvergne. Ma in realtà questa è la versione moderna: in passato si faceva solo con resti di pane raffermo , mischiati con toma di formaggio fresco per ammorbidirlo che veniva servito ai pellegrini in viaggio sul Cammino di  Santiago de Compostela. Fu poi nel XVII secolo, in seguito a una raccolta di grano disastrosa che mise in crisi la produzione di pane, che si iniziò a preparare l’aligot con le patate. 

    2. Truffade

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    Altro piatto che in Auvergne trovate sempre e ovunque, anche in piena estate, è la truffade, una delizia, di certo non leggera. Si tratta di un grande pentolone che viene servito al centro della tavola, in modo che tutti i commensali possano condividerlo. Si prepara con patate tagliate a pezzetti e cotte con aglio, lardo, burro e un formaggio, rigorosamente auvergnat, che di solito è una tome fraîche (toma fresca), il Cantal, oppure il Salers (o in alcuni casi un mix di questi). Viene servito con un accompagnamento a parte di jambon du pays, cioè prosciutto locale paesano, insalata e vino di Saint-Pourçain. Se volete provarne una altrettanto buona a Parigi, vi consigliamo le Café L’Arsenal, specializzato in piatti auvergnat. . 

    3. Cancoillotte

    Ovunque nella Franca Contea con amore lo si gusta, sia che si porti la sottana o i calzoni, tutti mangiano la Cancoillotte”. Lasciamo l’Auvergne e andiamo nella Franca Contea, dove troviamo questo piatto poco noto e dalle origini incerte, sul cui conto circolano numerose leggende. Quel che è certo è che dobbiamo la sua notorietà a Laurent Raguin che durante la grande guerra ebbe l’idea di sterilizzarlo e metterlo nelle scatole per i soldati della Franca Contea sul fronte; per questo si trova ancora oggi in molti supermercati francesi. Ma che cos’è? Di base la Cancoillotte è un formaggio fermentato di latte vaccino a pasta molle, dalla consistenza cremosa, prodotto nella regione montagnosa e boscosa della Franca Contea. Si ottiene dal metton, una cagliata di latte scremato scaldata e fusa lentamente, a cui si aggiungono acqua o latte e burro, a volte anche aglio. In seguito viene rimestata, pressata, salata e stagionata per 5-6 giorni. 

    Nel XVI secolo si diffuse molto tra gli agricoltori, perché molto economica da produrre per loro, poiché appunto veniva realizzata usando il latte scremato avanzato nel processo di produzione del burro. Molto versatile in cucina: la cancoillotte si può mangiare così al naturale con les crudités, cioè con le verdure crude; fredda, di solito da sola o spalmata su un pezzo di pane grigliato, oppure  calda, con patate, salsiccia e insalata verde. Può anche essere utilizzata sciolta in forma di salsa da versare su secondi piatti di carne e contorni, come accompagnamento a insalate, per insaporire gratin o torte salate o anche per la classica ricetta della fonduta.  

    4. Fondue 

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    Come la raclette, anche la fonduta ha origine in Svizzera, ma nel tempo si è diffusa anche in altri paesi confinanti, come la Valle d’Aosta o la Savoia, regione francese storica delle Alpi Occidentali. Questo piatto consiste nell’immergere dei piccoli pezzi di pane raffermo, chiamato crouton – meglio se di campagna – in una pentola posta al centro della tavola per tutti i commensali, il “caquelon”, che può essere di diversi materiali come ceramica, ghisa, metallo, rame o acciaio. Al suo interno si trova un mix di formaggi fusi e su questo tema ci sono parecchie versioni, perché di base ognuno la fa con il mix di formaggi che ha e che preferisce. Ma possiamo comunque individuarne due versioni principali: una è quella svizzera che si fa con 50% di gruyère AOC suisse e 50% di vacherin Fribourgeois AOC; l’altra è quella savoiarda con Abondance AOP, Beaufort AOP (chiamato il re delle gruviere) e Meule de Savoie, scaldati su una base di aglio, vino bianco e noce moscata. In Francia viene aggiunto spesso anche il Comtè, che in realtà non sarebbe “ammesso” ma fila molto bene, quindi si presta. Poi c’è chi (tipo me) ci aggiunge anche un po’ di Reblochon, ma questo lo vedremo nel piatto successivo, dove sarà proprio questo formaggio  il vero protagonista. In tutti i casi, la fonduta si accompagna con insalata verde a lato per “rinfrescare” la bocca, ma ci possono essere anche prosciutto, salsiccia, un piatto di salumi, tra cui il tavaillon, una carne di manzo essiccata simile alla bresaola, cetriolini, molto diffusi in Francia, e sempre un calice di vino bianco della Savoia. Unico accorgimento: attenzione a non perdere il vostro pezzetto di pane nella fonduta, in alcuni posti sono previste delle penitenze per chi lo fa!

    5. Tartiflette (o pelà)

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    Per gli amanti del Reblochon come me, non c’è piatto migliore di questo, dove il gusto di questo formaggio trionfa in tutta la sua essenza. Si prepara infatti al forno, cospargendo patate e pancetta di Reblochon, poi c’è anche chi ci aggiunge cipolla e vino bianco –  che sono ammessi – ma l’importante è non aggiungere la crème fraîche: se lo fate il vostro tartiflette potrebbe diventare un altro piatto, ovvero la reblochonnade, che si fa senza pancetta. La tartiflette non affonda le sue radici troppo nel passato. Infatti, pare che sia stata inventata nel 1980 dal Sindacato del Reblochon per spingere la vendita di questo formaggio, prendendo il nome da tartiflà, che significa patate in savoiardo. A dire il vero, non se lo sono completamente inventati. Si sono ispirati alla pelà, una ricetta diffusa nei dintorni, in particolare nella catena montuosa degli Aravis, a base di patate, cipolle e reblochon, che vengono fusi in una pentola chiamata poele, in dialetto pelà.

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    Vi è venuta voglia di provarli? Particolarmente innovativa e da conoscere è la catena di ristoranti Les Fondus de la Raclette, poiché si tratta di un concept unico nel suo genere: grazie alle griglie incorporate nei tavoli in pietra, ciascuno può scegliere e cuocere il proprio piatto senza per forza doverlo condividere. “Da noi due persone possono prendere una raclette e una fonduta”, ci spiega Charlie, direttore del marchio – insieme a Sylvain e Mathieu – originario di Bourg-Saint-Maurice in Savoia. Dopo aver aperto il primo ristorante nel 2007, attualmente hanno due sedi in Europa: una a Parigi e una in Belgio, ma l’idea è quella di continuare a espandersi sempre con lo stesso principio: scaldare le persone nelle fredde serate d’inverno e ricreare attorno a loro quell’atmosfera tipica di un accogliente chalet di montagna

    Ora che la raclette per voi non ha più segreti, potrebbe essere un’ottima idea per la vostra prossima serata a casa tra amici!


    Credits immagine in evidenza: Mironov Vladimir/shutterstock.com 

     

    Antropologa del cibo, è nata a Milano, dove vive e scrive per varie testate, tra cui La Cucina Italiana, Scatti di Gusto, Vanity Fair e le Guide Espresso. Il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!"

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