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Mediterraneo, l’Organizzazione produttiva che valorizza la filiera agroalimentare

Angela Caporale
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    Da un lato lo sfruttamento, dall’altra la pressione della grande distribuzione, non sono poche le difficoltà che incontra, oggi in Italia, chi vuole vivere di agricoltura. Tra queste, quella di non trovare un ente che possa rappresentare i propri interessi. Come fare, allora? Occorre crearne uno, come testimonia la storia di Marco Nicastro, imprenditore agricolo dal 1987 e presidente di OP Mediterraneo, un’organizzazione di produttori nata in Puglia nel 2011 che aggrega più di 40 realtà agricole locali specializzate nella coltivazione di pomodoro, pesche, grano e olive. È direttamente lui a raccontarci quali sono le caratteristiche di OP Mediterraneo e che futuro immagina per l’agricoltura in Italia.

    OP Mediterraneo: l’unione fa l’autenticità

    “Mediterraneo – spiega – è nata come cooperativa nel 2011 trasformandosi in Organizzazione produttiva nel 2013. L’ho fondata perché non mi rispecchiavo in nessuna realtà esistente, e mi sono accorto che c’erano molte altre aziende sane e storiche sul mio stesso territorio che non trovavano una loro identità associativa.” In questi anni, la rete è cresciuta e si è specializzata, puntando sia sul miglioramento delle tecniche di produzione che costruendo relazioni stabili con esperti agronomi.

    Oggi quanto viene prodotto da OP Mediterraneo viene venduto come La Fiammante, distribuita dall’azienda ICAB S.p.a. del giovane Francesco Franzese che, come Nicastro, ha a cuore la qualità del prodotto, la trasparenza della filiera e il riconoscimento del valore di quanto realizzato dal produttore agricolo. Un elemento fondante anche della collaborazione con un’altra realtà made in Italy che mette al centro il pomodoro: Funky Tomato.

    Non trovavamo lealtà, nelle altre associazioni, ma interessi distorti e persone che dovevano rappresentare la mia categoria che in realtà facevano altri mestieri e non potevano interpretare bene le mie esigenze. Esistiamo per valorizzare una competenza più autentica, non d’incarico, che abbia a cuore la terra.”

    nicastro op mediterraneo

    Foto di Marco Nicastro

    Produttori veri che ci mettono la faccia

    “Tra i nostri produttori, 40 sono di pomodoro e 100 di pesche, tutti con una caratteristica comune: essere veri produttori, autentici agricoltori, etichetta che sembra una cosa semplice a dirsi, più complessa nella pratica.” La maggior parte sono giovani e Nicastro spiega questa prevalenza ragionando sul fatto che chi, e sono molti, torna in Puglia con la motivazione di dedicarsi alla terra, è consapevole del valore che questa professionalità ha, ma anche delle distorsioni del sistema agricolo e in particolare del mondo del pomodoro.

    È naturale, dunque, che i produttori di OP Mediterraneo non abbiano paura di mettere la faccia sul loro prodotto: “su ogni barattolo di pomodoro si trova un QR code che, inquadrato con lo smartphone, rimanda al sito de La Fiammante dove l’imprenditore agricolo racconta, direttamente, la sua storia.”

    Una questione di legalità

    filiera pulita pomodoro

    Foto di Marco Nicastro

    Se la conoscenza e l’amore per la terra è un prerequisito fondamentale per essere parte di OP Mediterraneo, altrettanto primario è il rispetto della legalità che si esprime in più modi. “Ciò che è non è la regola è ormai diventato la regola e noi ci battiamo per delle pratiche alternative. Per esempio l’annata agricola si conclude il 30 novembre per cui mi sembra naturale che già a dicembre si debba sapere quanto verrà pagato il prodotto per l’anno successivo. Ecco, noi stabiliamo entro la fine dell’anno i prezzi, la qualità del pomodoro e l’estensione di territorio su cui verrà coltivato.”

    Legalità significa anche contratti regolari: “ogni produttore che assume manodopera  – spiega Nicastro – deve portare tutta la documentazione negli uffici dell’OP dove vengono visionati e verificati. Ciò è valido anche per chi viene chiamato a lavorare per la raccolta: quando viene fatta meccanicamente, chiediamo il libretto di circolazione della macchina e un attestato che dimostri che i dipendenti siano in regola con norme antinfortunistiche, come avviene anche con contoterzisti”.

    Infine, un approccio sostenibile non può che intrecciarsi con il sociale: il presidente di OP Mediterraneo spiega, infatti, che vengono organizzati anche dei corsi riservati a persone di origine straniera regolarmente residenti in Italia per poter recuperare vecchie tradizioni e saperi legati alla coltivazione del terreno che, altrimenti, andrebbero perduti.

    Pomodoro, un problema di prezzo e culturale

    produzione conserve pomodoro

    Foto di Marco Nicastro

    Non è semplice operare in un settore, come quello della coltivazione del pomodoro in Italia, che rappresenta contemporaneamente un’eccellenza e un terreno di scontri e illegalità, come denunciato da inchieste e volumi. “Il mondo del pomodoro – riflette Nicastro – come ogni altro prodotto alimentare, è vittima di sofisticazioni perché il prezzo del prodotto finito non è ben remunerato, quindi l’azienda di trasformazione cerca di galleggiare mentre la grande distribuzione comprime molto i prezzi. Noi vendiamo solo a marchio La Fiammante, con prezzi più alti rispetto a quelli della GDO. Dietro a questi numeri, non c’è sfruttamento e la nostra battaglia è che nessuno possa imporci il prezzo, ma sicuramente questo modo di agire della grande distribuzione ci rallenta perché possiamo solo avvicinarci ad un prezzo più sostenibile, ma non oltre perché altrimenti il mercato ci taglia fuori.”

     

    Offerte, prodotti venduti fuori stagione, prezzi che celano sfruttamento sono, secondo il presidente dell’OP Mediterraneo, una realtà diffusa, per cui costruire un’alternativa è complicato e difficile. “Grazie alla legge sulle pratiche sleali qualcosa sta cambiando, lo sforzo è anche quello di raccontare al consumatore che cosa sta pagando” e perché quindi un prodotto che costa di più, è un prodotto “pulito”.

     

    Sapevate cosa si cela dietro al prezzo di un pomodoro?

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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