funky tomato

Funky Tomato, adotta il tuo pomodoro giusto, pulito e pop

Angela Caporale
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    Avete mai pensato di poter partecipare direttamente alla coltivazione di una o più piantine di pomodoro, scegliendo la qualità che preferite per poi veder arrivare, direttamente a casa, il prodotto finito pronto per essere gustato? Tutto ciò non soltanto è possibile, grazie alla community di Funky Tomato, ma assicura anche salse, pomodorini e pelati prodotti seguendo un rigido disciplinare che prevede il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Abbiamo incontrato Corrado Sabia, responsabile comunicazione di Funky Tomato che ci ha spiega perché sostenere la loro attività, acquistando questi prodotti, è una scelta che può fare la differenza.

    Funky Tomato, il pomodoro pulito

    funky tomato il pomodoro pulito

    “Funky Tomato – spiega Sabia – nasce nel 2015 da un’esigenza, quella che casi come quello di Paola Clemente e degli altri braccianti morti di lavoro non si replicassero più.” Da lì è nata una piccola community che ha iniziato a sperimentare metodi e strategie per realizzare una filiera di produzione del pomodoro che fosse autonoma, indipendente, pulita. “Era fondamentale che tutti gli attori camminassero sulla stessa strada, dall’agricoltore al consumatore”, per questo è stato redatto un disciplinare che tutti coloro i quali partecipano alla produzione della salsa, dei pelati e di tutti i prodotti debbono necessariamente firmare e rispettare.

    “Non ci sentiamo imprenditori, ma piuttosto editori di contenuti culturali. Ci piace pensare al pomodoro come fosse un film, un racconto o una canzone con determinate caratteristiche connaturate con la società italiana, e soprattutto del Sud, ma anche una storia fatta di migrazione e di trasformazione.” Da qui l’idea di far incontrare contadini, braccianti, collaboratori e acquirenti in incontri che si svolgono, da anni, in tutta Italia per poter permettere a tutti i membri della comunità di prendervi parte attivamente e toccare con mano quello che accade in Campania e Basilicata, dove i pomodori vengono effettivamente coltivati. Lo stesso produttore/consumatore viene oggi definito come “prosumer”, un concetto che calza a pennello su chi acquista Funky Tomato che, per sua stessa ambizione, “Alimenta la cultura”.

    Diventa “prosumer” acquistando il pomodoro

    L’intera produzione non è supportata da alcuna linea di credito e banche, anche per questo è stato naturale cercare una via per permettere a chiunque di supportare Funky Tomato. Così è nata la campagna di preacquisto che permette, già da mese di giugno, di acquistare ad un prezzo ridotto i pelati San Marzano, la passata da pomodoro tondo liscio e il pomodoro ciliegino nella sua salsa.

    Questi i prodotti più semplici e più amati della linea di Funky Tomato, quelli più adatti a questa iniziativa che è un modo per partecipare alla filiera. “Non è un semplice crowdfunding, così adotti una piantina e i pomodori che verranno prodotti, puoi entrare i contatto con braccianti e contadini, seguire tutta la produzione, essendo tu stesso garante dell’intero processo produttivo dal seme alla tavola.”

    filiera pomodoto funky tomato

    Campania e Basilicata, luoghi e metodi della produzione di Funky Tomato

    In Campania, appunto, la produzione è affidata alla Cooperativa Resistenze che, da anni, lavora sul territorio del Fondo rustico Amato Lamberti, confiscato alla Camorra. Ad arricchire il valore dell’attività di coltivazione del pomodoro pulito e giusto, esistono alcuni progetti che mirano all’inclusione lavorativa e sociale di migranti, detenuti e ragazzi di strada che proprio nei campi di pomodoro possono trovare una strada alternativa.

    I protagonisti in Basilicata sono tanti piccoli agricoltori della zona del massiccio montuoso del Pollino. Hanno risposto all’appello lanciato da Federico Valicenti, chef di Terranova e hanno dato vita all’associazione Comunanza del cibo Pollino che mira anche a valorizzare il territorio lucano.

    Terzo attore della produzione di Funky Tomato è l’azienda Fiammante che, oltre a trovarsi proprio al confine tra Campania e Basilicata, rappresenta in pieno i valori della filiera giusta e pulita. In uno dei suoi laboratori quest’anno i pomodori verranno trasformati e da qui partiranno alla volta dei consumatori finali che, come ci tiene a sottolinea Sabia, vengono considerati come parte integrante della comunità.

    progetto funky tomato

    Ambiente e lavoro: il disciplinare di Funky Tomato

    Il disciplinare di Funky Tomato, disponibile sul sito della comunità, mira, in sintesi, a “sostenere i lavoratori contro lo sfruttamento, assumere e retribuire i lavoratori, rinunciare ad intermediari e a chi fa lievitare il prezzo dei prodotti.” Ma non soltanto, una parte è dedicata all’impatto ambientale: l’idea è quella di produrre pomodoro impiegando tecniche sostenibili. Molta importanza viene data anche alla tradizione e dell’expertise locale, sono moltissime solo in Campania le varietà autoctone che andrebbero protette e valorizzate.

    Si fa, inoltre, riferimento alla normativa vigente a proposito dell’agricoltura biologica, evitando manipolazioni del genoma, pratiche che caratterizzano l’agricoltura intensiva, un alto consumo di risorse energetiche, processi inquinanti per l’ambiente, e procedure che alterano la morfologia del territorio.

    “Pensiamo che la nostra filiera partecipata – aggiunge l’intervistato – sia un atto creativo e non solo lavorativo. Siamo tutti artisti che debbono essere liberi di esprimersi nella quotidianità lavorativa.”

    agricoltura biologica filiera pomodoro

    Un pomodoro pop che fa cultura

    La creatività è una delle caratteristiche che emerge subito, approcciandosi alla community di Funky Tomato. Basta guardare l’etichetta che non si limita a presentare i valori nutrizionali del prodotto, ma aggiunge una sezione dedicata alla composizione del prezzo e il logo che rappresenta Angela Davis, simbolo dell’attivismo. “Per noi – aggiunge Sabia – è meta voca della contaminazione culturale che avviene nei nostri territori che hanno la capacità di trasformare qualcosa che arriva da fuori, come il pomodoro che comparve nel 1540, per trasformarlo in un’eccellenza.”

    Continua la riflessione del responsabile comunicazione di Funky Tomato portando lo sguardo all’orizzonte: “in questo momento siamo molto scettici rispetto a ciò che viene dal mare e in molto pensano che ciò non rappresenti un’opportunità per rinnovarsi, ma la tradizione popolare italiana racconta una storia differente, fatta proprio di questi incontri e della capacità reciproca di rinnovarsi. Ecco, per noi il pomodoro rappresenta tutto questo.” In poche parole, un prodotto pop che, pur viaggiando per mare, riesce a farsi riconoscere come tradizionale.

    Prendere parte alla comunità di Funky Tomato è molto semplice: è possibile effettuare un ordine contattando direttamente via email i responsabili, ma anche attraverso gruppi d’acquisto, piccoli retailer o ristoranti che utilizzando i prodotti e, talvolta, li vendono. L’importante, nelle parole di Sabia, è sentirsi attivi in questo acquisto perché si sceglie un prodotto sano, genuino, pulito e libero da sfruttamento, caporalato e agromafie. “Tutta la struttura – conclude l’intervistato – funziona solo se esiste un rapporto di fiducia tra tutti i membri della comunità ed è su questo punto che cerchiamo di agire, coinvolgendo il più possibile il consumatore, trasformandolo e considerandolo un partecipante e sostenitore.”

    Conoscevate il progetto Funky Tomato?

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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