minestra maritata

La minestra maritata: il “matrimonio” tra carne e verdura

Giulia Ubaldi
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    Il pranzo di Natale a Napoli si apre tradizionalmente con quella indissolubile unione vegeto-animale nella quale confluiscono, sublimandosi in una mirabile fusione, ben sei tipi di verdure (broccoli di rape, broccoli di foglie, cicorielle, torzelle, cappucce e scarolelle) e tre tipi di carne (manzo, pollo e maiale, del quale ultimo però bisogna selezionare addirittura sette “luoghi”: uoss’, ‘e prosciutto, cotiche, mascariello, vuccularo, lardo, nnoglie e verrinia). Si tratta, è chiaro, della prelibatissima minestra maritata, o pignato grasso, definita dal celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino l’ideale acconciastommaco nella sua introvabile Cucina teorico-pratica del 1837, e rimpianta con accorata nostalgia, nel lontano 1588, da un illustre napoletano. 

    Non avrei potuto trovare parole migliori di quelle del grandissimo scrittore e filologo napoletano Renato De Falco, che ci parla della minestra maritata nel suo testo “Cu’ Na Bona Salute. 10 curiosi appellativi di pietanze napoletane”. Così come non avrei potuto trovare “casa” migliore del bistrot Malìa per provarla a Milano, anche perché Malìa deriva proprio da “ammaliare”. 

    Minestra maritata: una lunga tradizione 

    minestra maritata tradizionale

    Quello tra verdure e carni è un matrimonio che regge ormai da oltre tre secoli, mai sfiorato da timori di divorzio o di separazione, scrive sempre Renato De Falco, che come prova ci riporta il testo di Antonio Latini “Lo scalco alla Moderna ovvero L’arte di Ben Disporre i Convitti”, pubblicato a Napoli nel 1694, dove scrive così la ricetta della Minestra di Foglia alla Napoletana. “Benchè io n’abbia fatta mentione, nelli piatti composti m’è parso bene di metterla nelle minestre, per essere questa squisita e molto in uso. Si piglia una gallina e si mette a bollire insieme con la vacca, quando questa sarà più che mezza cotta, acciochè la gallina non si disfaccia; e vi si mettono dentro lingue salate di porco, ma bollite, carne salata che prima sia stata a mollo, una soppressata, un pezzo di filetto, un pezzo di vestresca di porco, ossa mastre, annoglio, un pezzo di lardo battuto con il suo sale, a proporzione; e quando saranno le sopradette robbe cotte, metterai il brodo che raccoglierai dentro un tegame, tagliando le sopraddette robbe in fette e la gallina ancora o cappone; tenendo ogni cosa da parte, metterai nel brodo un terzo della suddetta robba tagliata, e poi v’aggiungerai torzi ripieni cocuzze e cipolle parimenti ripiene di vitella battuta con rossi d’ova, un poco di mollica di pane ammolato nel brodo, passarina, pignoli, a suo tempo, acini d’agresta e il pastume che avrai fatto servirà per riempire tutte le sopraddette robbe con le solite spezierie ed erbette odorifere. Vi potrai anche aggiungere lattura o la scarola ripiena; l’altra carne che sarà restata, l’anderai accomodando con ordine dentro il tegame o in un altro vaso, framezzata con fettarelle di fianchetto ripieno, con zizza prima bollita, salsiccia spaccata per metà; levatele la sua pelle, fette sottili di cascio parmiggiano grattato, fonghi di Genova, prima dissalati e bolliti con ossa mastre, avvertendo che sia il brodo buono, che sarà una minestra di buon gusto, e si potrà fare una qualsivoglia conversazione, che sempre riuscirà gustosa, quando si osserveranno le suddette regole e molte volte io ho fatto portare, queste minestre, in tavola, con tutto il tegame, che riescono di vista, e miglior sapore, e si possono spartire ne i piatti”. 

    Noi non abbiamo avuto la possibilità di provarlo in una casa napoletana durante il pranzo di Natale, ma ci siamo fatti un’idea nel bistrot Malìa di Milano, grazie allo chef Francesco Romano. 

    Malìa, la cucina napoletana a Milano 

    pasta alla genovese

    Francesco Romano e Cristina Viviano sono la dimostrazione che l’amicizia tra uomo e donna esiste; eccome se esiste! I due, infatti, si conoscono da anni: si sono incontrati all’alberghiero di Agnano, dove hanno condiviso le prime passioni per il mondo della cucina; poi hanno continuato a lavorare insieme facendo insieme esperienze importanti, sia all’estero da Londra all’America, sia con nomi che non hanno bisogno di presentazioni, quali Alfonso Iaccarino o Nino Di Costanzo. Ma poi si sono ritrovati a Milano, dove dopo quella meraviglia del ristorante Larte (ahimè oggi chiuso) hanno aperto Malìa nel 2017. Inizialmente Malìa proponeva solo street food napoletano, mondo di lui, e pasticceria campana, universo di lei; poi nel 2018 hanno aggiunto anche il bistrot con cucina, per portare la vera cucina autentica napoletana a Milano: casatiello, babà salato, pasta alla genovese, pasta e patate, tonnarelli con polpo e così via. “È stato semplice, ci è bastato pensare a quello che vorrebbe un terrone a Milano, ma alla fine anche un milanese”, ci racconta Lara, che oggi li segue e accompagna in tutto e per tutto nella gestione del locale, dalla sala alla comunicazione. L’ultima novità, oltre al catering aziendale, è il brunch domenicale, con cornetti, polpette al sugo, friarielli, verdure alla scapece e così via: “abbiamo pensato al brunch perchè abbiamo visto che qui a Milano non si usa troppo fare il pranzo della domenica, mentre invece per noi è sacro!”. La minestra maritata, invece, si trova solo a dicembre, in quanto piatto natalizio napoletano per eccellenza. Ma per Natale, hanno pensato anche ad altro. 

    Il menù: la lista dei desideri per Natale

    Francesco e Cristina hanno ideato una lista dei desideri per Natale, cioè una serie di piatti già pronti che uno può ordinare e ritirare in caso non avesse voglia di cucinare. La proposta unisce la tradizione della vigilia con quella del 25: pizza di scarola e casatiello, minestra maritata, insalata di rinforzo (cavolfiore lessato, olive verdi, cipolline, giardiniera, peperoni, tutti sottaceto e acciughe sotto sale); a seguire baccalà in insalata, sartù di riso, pasta al forno, insalata di mare, alici marinate. Come dolci, invece, gli immancabili struffoli, mostaccioli, roccocò, pastiera, sfogliatelle, babà e torrone, poiché non dimentichiamo che immenso e meraviglioso universo sia la pasticceria napoletana. Ovviamente, si può scegliere di prendere solo qualche piatto. “Volevamo portare il nostro Natale a Milano, far conoscere le nostre tradizioni natalizie, anche raccontarle; ad esempio, lo sapevi che il pesce si compra rigorosamente di notte, tra il 23 e il 24? Solo per quell’occasione le pescherie stanno tutte aperte!” 

    La ricetta della minestra maritata di Francesco Romano 

    francesco romano

    Ecco il regalo di Natale per voi da parte dello chef Francesco Romano di Malìa: la ricetta della sua minestra maritata, quella di casa, che da generazioni si cucina e si tramanda nella sua famiglia ogni vigilia. Un tempo, ci racconta, si utilizzava anche la salsiccia di polmone, mentre oggi è praticamente introvabile se non tra gli ingredienti dei più tradizionalisti. 

    Ingredienti 

    • 1 piedino di maiale
    • 1 orecchio di maiale
    • 200 g di salsiccia di maiale “a punta di coltello” 
    • ½ cappone 
    • 1 mazzetto di cavolo nero, catalogna, verza, spinaci, scarola e friarielli 
    • q.b. di parmigiano o pecorino
    • q.b. di olio evo
    • q.b. di peperoncino

    Procedimento 

    1. Riempite una pentola con acqua fredda e immergete la carne. 
    2. Portate a ebollizione e “schiumare” all’occorrenza per rimuovere le impurità. 
    3. Aggiungete il ghiaccio al brodo di carne per abbassare al minimo la temperatura.
    4. Continuate a cuocere per circa 5 ore. 
    5. Rimuovete dal brodo la carne e lasciarla raffreddare. 
    6. Aggiungete al brodo caldo le verdure precedentemente lavate e tagliate. 
    7. Dopo circa un’ora e mezza, maritate la carne precedentemente sfilacciata alle verdure nel brodo e lasciar cuocere per altre due ore (se necessario aggiungere del brodo di pollo per mantenere la minestra brodosa). 
    8. Impiattate e finite con Parmigiano o pecorino, un filo d’olio e un pizzico di peperoncino. 

    In abbinamento, Francesco consiglia in assoluto il classico rosso campano, cioè l’Aglianico, meglio se beneventano. Altri trucchi? ci risponde così: “nella tradizione non ci sono segreti”. 

     

    Per un pranzo di Natale napoletano come si deve, ordinerete la lista dei desideri da Malìa o proverete a cimentarvi a casa nella preparazione della minestra maritata? 

     

    Foto di Stefano Triulzi

    Antropologa del cibo, è nata a Milano, dove vive e scrive per varie testate, tra cui La Cucina Italiana, Scatti di Gusto, Vanity Fair e le Guide Espresso. Il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!"

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