meno longevi senza carboidrati

La dieta low-carb fa davvero bene?

Erica Di Cillo
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    Chi non si è mai lasciato tentare da una dieta che prometteva “successi” in tempi brevissimi, di solito riducendo drasticamente il consumo di carboidrati? Eliminare totalmente questi nutrienti dalla dieta, però, potrebbe essere una scelta errata, con ripercussioni sulla nostra salute a lungo termine, come ha dimostrato un recente studio pubblicato su The Lancet Public Health. Secondo i dati raccolti, infatti, un consumo moderato sarebbe associato a una maggiore aspettativa di vita: del resto, verdura, cereali e derivati sono alla base di alcune delle alimentazioni ritenute più salutari nel mondo. Vediamo allora che cosa è emerso dalla ricerca e come si è arrivati alla tesi secondo cui si è meno longevi senza i carboidrati.

    Meno longevi senza carboidrati: i dati dello studio

    carboidrati semplici e complessi

    Ekaterina Markelova/shutterstock.com

    Le diete a basso contenuto di carboidrati sono state in voga per un periodo significativo e ancora oggi alcuni regimi alimentari di gran moda escludono pasta e pane o ne limitano fortemente il consumo. Ma gli effetti a lungo termine di tale restrizione sono da sempre  controversi, e lo studio del Brigham and Women’s Hospital di Boston ha cercato di fare chiarezza proprio su questo punto. L’ospedale ha coinvolto 15.428 adulti tra i 45 e i 64 anni, appartenenti a 4 comunità americane, nell’Atherosclerosis Risk in Communities (ARIC), uno studio sui fattori di rischio cardiovascolare iniziato tra il 1987 e il 1989 e durato 25 anni. I dati sulla mortalità sono stati incrociati con le informazioni che i partecipanti hanno fornito compilando dei questionari dettagliati sulle abitudini alimentari; chi assumeva una ingente quantità di calorie (oltre le 4200 kcal al giorno per gli uomini e oltre le 3600 kcal per le donne) è stato escluso dal gruppo.

    Carboidrati e rischio cardiovascolare

    Secondo quanto emerso dallo studio, dopo i 50 anni d’età, l’aspettativa di vita si riduce sia per le persone che adottano una dieta con percentuali molto basse di carboidrati (inferiore al 40% dell’energia totale), che molto alte (oltre il 70%). Il minor rischio di mortalità è associato invece a un consumo di carboidrati corrispondente al 50-55% delle calorie assunte quotidianamente: in questi casi, dopo i 50 anni l’aspettativa di vita media è di altri 33 anni.

    Quali nutrienti al posto dei carboidrati?

    Se è vero che le diete a basso contenuto di carboidrati sono una maniera veloce di perdere chili, è altrettanto condiviso che si tratta di regimi da adottare per brevi periodi.  Inoltre, l’impatto sulla longevità e sulla qualità della vita sembrerebbe non dipendere tanto dalla presenza o dall’assenza di carboidrati, ma soprattutto dalla tipologia di alimento con la quale vengono sostituiti il pane, la pasta, le patate e le altre fonti di carboidrati. Infatti, incrementare il consumo di frutta e verdura ha effetti diversi sulla salute rispetto alla sostituzione dei carboidrati con proteine e grassi di origine animale: il problema prevalente di alcune diete, come ad esempio la Dukan, è che introducono troppe proteine animali, mentre tutti gli studi hanno ampiamente dimostrato che mangiare troppa carne, soprattutto rossa, fa male e aumenta il rischio di cancro e altre malattie.

    consumo proteine

    Ground Picture/shutterstock.com

    Insomma, eliminare o diminuire drasticamente i carboidrati non basta: lo studio di Boston si è concentrato anche su questi aspetti, comparando i risultati in termini di mortalità per i partecipanti che seguivano una dieta basata su prodotti animali e quelli che preferivano prodotti di origine vegetale. All’interno del gruppo ARIC, il maggior consumo di proteine e grassi animali è associato a un aumento del tasso di mortalità, mentre nel caso in cui i carboidrati siano sostituiti da proteine e grassi vegetali il tasso di mortalità decresce, similmente a quanto avviene alle persone che consumavano più frutta secca e semi.

    Carboidrati, paleodieta e dieta mediterranea

    In una recente intervista sulla Dieta Life120, il professor Enzo Spisni aveva fatto chiarezza sul concetto di paleodieta, che spesso è travisato. In questa definizione, infatti, spesso vengono inclusi regimi ad alto contenuto di proteine animali, mentre la vera dieta ancestrale era basata soprattutto su un largo consumo di vegetali e tuberi che contengono amido, quindi carboidrati complessi. Chiarire questo punto è fondamentale, perché spesso alcune diete del momento vengono pubblicizzate e ottengono successo proprio attraverso una simile definizione, a garanzia della loro “naturalità”.

    Il professore afferma che ciò accade anche con la dieta mediterranea, nella cui “versione originale”, ad esempio, erano del tutto assenti le farine raffinate che oggi invece utilizziamo largamente: in questo regime, l’apporto di carboidrati si aggira sul 55%, ma un’alimentazione basata su farine 0 e 00 non può certo rientrare nella definizione.

    patate carboidrati complessi

    Supod Kongkerd/shutterstock.com

    Anche in Asia l’alimentazione è basata su un largo consumo di carboidrati e verdure, mentre il pesce e soprattutto la carne sono presenti in quantità minori. In Cina si coltivano e consumano più specie vegetali di quante se ne utilizzino in tutto l’Occidente, e inoltre la cucina di questo Paese prevede l’impiego di tutte le parti commestibili – foglie, radici, semi, gambi. Latte e derivati sono quasi assenti nella tradizione e anche oggi, dopo il boom avvenuto negli anni 80, i cinesi consumano pochissimo latte pro capite. La dieta dell’isola di Okinawa, infine, uno dei “santuari” della longevità, è basata prevalentemente su prodotti locali, poco lavorati, e su quantità molto ridotte di carne.

    Lo studio dell’ospedale di Boston, quindi, sembra confermare questi dati relativi ad altri regimi alimentari adottati nei vari angoli del mondo: le alimentazioni più sane prevedono infatti  un basso consumo di proteine animali e un mix bilanciato di carboidrati e verdure, con preferenza per farine e cereali poco raffinati.

    Bisogna naturalmente aggiungere uno stile di vita attivo, che permette di restare in forma e in salute, ma dopo queste conferme sembra proprio che ci si possa concedere un buon piatto di pasta (integrale) senza troppe preoccupazioni; cosa ne pensate?

    Fonti:

    The Lancet Public Health
    Il Giornale del Cibo
    Fondazione Umberto Veronesi

    Immagine di Copertina: Ground Picture/shutterstock.com

    Erica è nata in Molise ma da undici anni vive a Bologna, dove lavora come web writer, social media e content manager freelance. Il suo piatto preferito sono le polpette, perché prepararle la mette di buonumore. Nella sua cucina non devono mancare la salsa di soia e un wok per saltare le verdure e organizzare al volo una cena.

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