5 Cose da Sapere se invitate a Cena un Lucano
È trascorso più di un mese da quando mi è stato chiesto di scrivere una sorta di vademecum per coloro che si accingessero per la prima volta o anche per la seconda, magari per correggere gli errori della prima, ad invitare a cena un lucano, ma in città non riuscivo a trovare la giusta ispirazione.
Ieri, a colpi di rustichella, fila per il bagno e incolonnamenti in autostrada, sono ritornata a casa per le vacanze pasquali, e questa mattina la tanto agognata ispirazione non si è fatta attendere ma anzi, mi ha investito appena sveglia, ancor prima del caffè, sotto le sembianze dell’odore di patane e zafarane (patate e peperoni), della cui fragranza, a sua insaputa, è stata portatrice sana della fragranza.
“A’ jurnata a fa a’ matinata” (La giornata la fa la mattina: più ti alzi presto più cose fai) risponde mia nonna quando le chiedo perché abbia deciso di cominciare a cucinare all’alba, e a questo punto mi pare che non ci sia alcuna possibilità di replica.
Dopo avervi raccontato questo piccolo aneddoto di vita familiare e aver chiaro chi sia il mio spirito guida per la stesura di questa lista, posso cominciare con il pentalogo.
Invitare a Cena un Lucano: 5 cose da sapere
1. Ah, quindi la Basilicata esiste?
Insieme ai nostri amici molisani condividiamo il disagio di questa battuta, ironica o no, sarcastica o no, ma in ogni caso scontata. A questo punto potreste andare incontro a due scenari:
a) il più auspicabile, il lucano di turno comincia a cantare la famosa canzoncina di Rocco Papaleo “Ba, Ba, Basilicata, tu che ne sai, l’hai vista mai, Basilicata is on my mind!” segue applauso e brindisi;
b) il più increscioso, il lucano di turno, ormai esasperato, vi fa na cazziata a numero uno (vi rivolge un duro ed energico rimprovero) intimandovi di smetterla di considerare la sua regione come una terra di mezzo, quando invece é piena di bellezze da scoprire. (Sì, se è un lucano doc comincerà anche con lo struluchiamindo, sproloquio, sui paesi da visitare, il cibo da assaggiare e i parenti da salutare).
2. Vade retro vegan
Donna o uomo, adulto o bambino, giovane o anziano, il motto del lucano è “Dove ‘nge panza nge crianza” (Chi ha pancia ha buona educazione) sottinteso che, per avere una pancia degna di nota, bisogna mangiare senza ritegno. Indi per cui, non fate l’errore di proporre a tavola cereali, tofu e verdurine grigliate, se non come accompagnamento di crapetto (capretto), aìno (agnello) o maiale arrosto.
3. Le parole sono importanti: zazicchia e zupersata
Il lucano non si presenterà a mani vuote a casa vostra ma cercherà di contribuire alla cena con una zazicchia (salsiccia) o una zupersata (soppressata). In molti spesso confondono questi due tipi di salame con disinvoltura e noncuranza, senza essere consapevoli delle enormi differenze che invece sono rilevanti.
La zazicchia è sottile, fresca o stagionata, con il finocchietto o il zafarano (peperone di Senise con marchio IGP), e soprattutto fatta con qualsiasi parte del maiale.
La zupersata, invece, ha un diametro leggermente maggiore, è condita con il pepe e a differenza della prima, viene preparata con carne scelta, meno grassa, diciamo. Se le confondete potreste scatenare la reazione di cui al punto.
4. L’antica tradizione della crianza ù masto
La Lucania è una terra di contadini dediti all’ospitalità e alla convivialità e in cui “A casa ì pizzinti nun manc(g)ano mai stozze” (A casa del povero è sempre disponibile un tozzo di pane), ragion per cui le tavolate sono piuttosto grandi ed eterogenee. Antica usanza è invitare a pranzo ù masto (il capo dei muratori) e i suoi aiutanti, se si stanno svolgendo dei lavori in casa.
Leggenda narra che ù masto, un po’ per far valere il suo status di capo e benestante, rispetto magari ai contadini, un po’ per dimostrare di aver gradito il pasto, lasciasse à crianza (rimanenza) nel piatto. Ecco, probabilmente il vostro ospite non solo non lascerà nulla nel piatto ma vi chiederà anche na stozza ì pane per fare la scarpetta, e sappiate che se lo farà, sarà segno di grande rispetto.
5. Aglianico a fiumi
A meno che non abbiate alle spalle una solida tradizione da viticoltori e bottiglie di vino paesano (prodotto cioè da voi e vostro padre, sapientemente coadiuvati da vostro nonno) da offrire e da far assaggiare al vostro ospite lucano, accompagnate tutti i piatti con l’Aglianico del Vulture. Sì, tutti, anche il dolce, perché l’obiettivo di ogni cena con i lucani è ridursi mani e pidi (a quattro zampe).
La Basilicata è piccola, ma molto variegata, ed essendo io della provincia di Potenza, non sono sicura che questo pentalogo valga anche per gli amici materani e per coloro che si affacciano sul mare (due mari, Ionio e Tirreno!), ma a grandi linee direi che rispettando questi precetti, potrete far breccia nel cuore del vostro commensale.
Sperando di esservi stata utile, vi lascio alla vostra cena, ché io vado a mangiare le mie patane e zafarane. Nel frattempo ditemi, ci sono altre cose da sapere, e che mi son dimenticata di dire, per invitare a cena un lucano?
Fonte immagine: Littleaom / Shutterstock.com
3 risposte a “5 Cose da Sapere se invitate a Cena un Lucano”
Una serie di luoghi comuni riassunti da una penna che con la Basilicata non ha avuto niente a che fare. Emigrata a 18 anni! Non è vero che la Salsiccia si fa con qualsiasi parte ( quella è “l’annugghia”, realizzata con la parte più grassa). I lucani non si riducono mani e piedi, forse a casa sua usano così. E’ più carino dire che” si usa il cibo come celebrazione della vita” ma immaginare i miei paesani, me compreso, uscire da ogni cena “a mani e piedi” è un concetto falso e tendenzioso. Dov’è l’amaro lucano e i frizzuli con la mollica e il cornetto di Matera? La tristezza di questo ritratto da Facilona è che lo ha fatto una corregionale. Ogni concetto come quello dei cereali è generalizzato con mediocrità. come per esempio il “non portare cereali a tavola”. Basilicata vuol dire ancora tradizione ed una cucina archeologica che si basa su cotture e ricette e modi di preparazione che non sono state ancora contaminate dalla modernità. Un esempio è la pastorale: ricetta fatta con carne di pecora adulta e fatta cucinare per ore e ogni sorta di spezie e odori. La salsiccia qui è rossa: perché c’è il peperone rosso macinato dentro, ottenuto da peperoni essiccati, infornati e poi macinati. Ne esce una paprika antica che noi chiamiamo “cift”. Nome onomatopeico derivante dal rumore che fa quando lo si butta nell’olio caldo per farci uno spaghetto.
Buongiorno Filly, mi dispiace che il mio ritratto del lucano a tavola non ti sia piaciuto 🙂 L’articolo é ironico, e gioca volutamente a fare del lucano una macchietta: se ci segui ti sarai accorta che ne abbiamo scritti di simili per molte altre città italiane. Come scrivo alla fine del mio “pentalogo”, riassumere una tradizione culinaria come la nostra in 5 punti è praticamente impossibile, e anzi, ti ringrazio per aver integrato l’articolo con il tuo commento e di aver dato la possibilità di far conoscere a chi ci legge questi dettagli 🙂 quando ci si allontana dalla regione in cui si è nati si finisce per attaccarsi ancora di più a quello che si é lasciato e di cui si sente la mancanza, nel mio caso agli insegnamenti della mia saggia nonna e delle sue compaesane che mi assicurano – parola loro! – che dalle nostre parti la salsiccia si prepara proprio con ogni parte del maiale. Ma si sa, esistono tante Lucanie in una sola Lucania, e la Pastorale, diffusa nella tua zona ma poco presente nella mia, ne è una conferma
Tu di dove sei esattamente? Patane e Zafarane sono anche da voi un piatto tipico, come dalle mie parti?
ritratto ingeneroso e generalizzante