di Gianluigi Storto
A Roma circola ancora il ricordo di un papa che, nel Medioevo, usciva dai palazzi di S. Giovanni in Laterano, antica sede del papato, mascherato per non farsi riconoscere, accompagnato da tre guardie armate di cui una munita di un’ascia molto affilata. Questo papa con l’identità segreta, accompagnato dalle sue guardie se ne andava a cavallo verso il centro della città, dove fiorivano i commerci e dove pullulavano negozietti e mercanzie di ogni tipo. Al primo fornaio che incontrava, assaggiava la sua farina, che allora era venduta sfusa direttamente nei sacchi esposti. Se gli veniva qualche dubbio sulla genuinità del prodotto, prendeva un bicchierino che s’era portato appresso, ci metteva un po’ d’acqua e infine vi gettava dentro un po’ di quellafarina. Se notava che una parte della polvere biancastra andava subito a fondo mentre un’altra restava a galla, non perdeva troppo tempo in ripetizione d’analisi, contraddittorio legale, determinazione della riproducibilità dei dati, ma chiamava le guardie e faceva tagliare la testa al fornaio accusato, giudicato e condannato colpevole di aver aggiunto gesso alla farina. Era questo, infatti, un diffusissimo sistema, rimasto in auge in Italia fino alla fine della seconda guerra mondiale, di frode alimentare.
Se ancora oggi in Oriente si va in qualche mercatino, non molto dissimile da quelli romani del Medioevo e si osservano i sacchi in cui si vendono le mercanzie sfuse, occhio alle frodi alimentari! A volte queste sono innocue per la salute e dannose soltanto per il portafoglio, altre volte però, quando le sostituzioni o aggiunte fraudolente sono tossiche, il cibo può risultare pericoloso. Per esempio, sempre in Oriente è ancora oggi diffusa l’usanza di vendere foglioline di tè “esaurite”, ovvero che hanno già subito una prima infusione, spacciandole per foglioline di tè di primo raccolto. sembrerebbe trattarsi di una frode pericolosa solo per il portafoglio (si vende qualcosa di diverso dal dichiarato per lucrare sul prezzo) ma spesso non è così. Infatti le foglioline esaurite hanno un colore più sbiadito di quelle vergini, che non hanno ancora subito l’infusione. E allora i venditori, ignoranti di chimica e tossicologia ma avidi e furbacchioni, aggiungono alle foglioline scolorite dei coloranti, per ravvivarne colore ed aspetto.
Il problema è che spesso questi coloranti sono tossici. Fra quelli meno pericolosi c’è il campeggio, una segatura di un legno tintore esposta all’aria e poi bollita, oppure il catecù, un estratto secco ottenuto per concentrazione del succo di un’acacia giapponese. Fra le sofisticazioni pericolose invece ci sono le aggiunte di coloranti artificiali come l’indaco, la grafite, il giallo di cromo (quello che un tempo si usava per colorare le copertine dei libri “gialli” o di “Topolino” e risultato molto pericoloso per la salute umana), l’azzurro di Berlino e altri coloranti assolutamente tossici e la cui assunzione, nel tempo, porta a intossicazione cronica.
In una vignetta del 1855, apparsa sul settimanale satirico inglese Punch, appariva una bambina che entra in una drogheria e fa all’’avventore questa richiesta: “Mamma chiede un etto di tè della migliore qualità per uccidere i topi e mezzo etto di cioccolato per sterminare gli scarafaggi!”.
Questa lunga premessa dovrebbe servire a dimostrare che le frodi alimentari non soltanto sono antiche quanto l’uomo ma devono la propria ragione di esistere all’ingordigia umana di denaro e alla disonestà piuttosto che alla diffusa disponibilità di sistemi tecnici o addirittura all’esistenza stessa della chimica, ormai additata come l’untore dei nostri tempi nel mare internettiano da personaggi più o meno sprovveduti o in malafede.
Mi infervoro così perché la nostra bravissima Silvia della redazione mi ha inviato un link a un articoletto apparso su internet sulle malefatte della chimica fin dall’ottocento per sofisticare i nostri alimenti!
E invece la chimica è soltanto una branca della fisica, ovvero della scienza che studia la natura, qualcosa di fondamentale per la conoscenza del mondo ma assolutamente indifferente da un punto di vista etico, aspetto che nasce soltanto dall’utilizzo umano. La chimica stringe il proprio interesse conoscitivo alla materia, a come essa è fatta realmente, a come si combina, a come si comporta in varie situazioni, alle sue proprietà generali e particolari.
La chimica è un modo scientifico di conoscere il mondo, di descriverlo e di capire come funziona. E anche di sfruttare queste conoscenze per costruire materiali che prima non c’erano ma che restano inevitabilmente sempre assolutamente naturali, perché tutto avviene “nella” natura e non fuori di essa: non esistono materiali innaturali e nulla può esistere fuori della natura e delle sue leggi! Che poi alcuni materiali nuovi siano utili all’uomo, come le medicine che salvano milioni di vite, o dannosi come le armi chimiche, dipende soltanto dalla volontà di chi li utilizza. Provatevi a mangiare mezzo chilo del migliore antibiotico e poi mi direte se fa bene! Insomma la solita storia del coltello, di per sé eticamente “indifferente” ma che può essere utilizzato per tagliare la cipolla o per sgozzare un bambino!
Già nel mondo antico l’uomo sofisticava gli alimenti, appesantendoli quando si vendevano a peso (sempre per restare sull’esempio del tè, si aggiungevano argilla, gesso,sabbia e altri materiali poco costosi e facilmente reperibili), colorandoli o profumandoli quando il colore o l’odore erano indicatori del valore e così via.
E non sempre è facile riconoscere queste sofisticazioni! Proprio la chimica e le scienze in genere sono oggi i migliori sistemi per scoprirle tant’è vero che i primi laboratori chimici nazionali nacquero appunto per contrastare il fenomeno illegale della contraffazione alimentare.
Quindi smettiamola una buona volta di additare la chimica come la madre di tutti i mali e studiamo di più non tanto la chimica ma almeno la storia.
Scusate questo sfogo ma non ne posso più di leggere sciocchezze tipo “ecco come la chimica, sin dai primordi era al servizio di chi voleva ingannare il consumatore” e tante altre che si incontrano su internet e non solo. Piuttosto si dovrebbe pensare che la chimica offre la base per capire come sono fatti (anche) gli alimenti e come funzionano i processi per produrli, in fattoria o nell’industria e che quindi essa deve stare alla base di ogni tentativo di diffusione della famosa “consapevolezza del consumatore” di cui molti straparlano e di cui pochi, con la lodevolissima eccezione de Il Giornale del Cibo, si occupano. E torniamo alla storia delle “patacche” alimentari…
Come ha ben documentato il prof. Paolo Sorcinelli, che insegna Storia all’Università di Bologna, nel suo bellissimo libro: Gli italiani e il cibo. Dalla polenta ai cracker. B. Mondadori ed. (10,33 €):
“Alla fine dell’Ottocento, la frode alimentare era oltremodo diffusa: si va dal vino fabbricato senza uva, al formaggio che non conteneva una goccia di latte.
Al caffè veniva aggiunta la cicoria, al pepe la spazzatura, allo zucchero la polvere di marmo, alla farina il gesso, allo zafferano l’ocra carmine, al pane il solfato di calce e le ossa macinate (che conferivano maggiore bianchezza). Perfino le patatetroppo vecchie «venivano umettate, pulite, spazzolate con cura e in questa nuova toilette facevano la loro apparizione sui mercati»”.
E vediamo ora cosa dice il codice penale in materia di sofisticazioni, adulterazioni e frodi commerciali:
TITOLO VI – DEI DELITTI CONTRO L’INCOLUMITÀ PUBBLICA
Capo II – DEI DELITTI DI COMUNE PERICOLO MEDIANTE FRODE
Art. 440 – Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari
Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.
Art. 442 – Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate
Chiunque, … detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte in modo pericoloso alla salute pubblica, soggiace alle pene rispettivamente stabilite …
Art. 444 – Commercio di sostanze alimentari nocive
Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all’alimentazione, non contraffatte ne adulterate, ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni …
Il reato, quindi, si configura anche per il solo fatto di esporre, porre in commercio o distribuire sostanze pericolose, pur se non sono state ancora vendute.
FRODI COMMERCIALI
Le frodi commerciali ledono i diritti contrattuali e patrimoniali del consumatore.
Reati previsti dal Codice Penale:
TITOLO VIII – DEI DELITTI CONTRO L’ECONOMIA PUBBLICA, L’INDUSTRIA E IL COMMERCIO
Capo II – DEI DELITTI CONTRO L’INDUSTRIA E IL COMMERCIO
Art. 515 – Frode nell’esercizio del commercio
Chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni…
Art. 516 – Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi…
In questi casi non vi è alterazione delle qualità dell’alimento tale da renderlo nocivo, ma un illecito profitto a danno del consumatore.
Per configurare una frode in commercio è sufficiente anche una piccola differenza circa l’origine del prodotto o la provenienza, o sul sistema di preparazione, o sulla quantità (caso tipico è la cosiddetta “vendita tara per merce”, come quando il negoziante pesa furbescamente il prodotto senza sottrarre la tara dell’imballaggio).
In particolare, il concetto di genuinità di un prodotto non si riferisce soltanto alle qualità naturali del prodotto stesso, ma comprende anche i requisiti imposti dal legislatore.
Oggi ci sono molti organismi dello Stato che si occupano di difesa dai reati contro la frode in commercio e in particolare contro le sofisticazioni alimentari, dai famosi NAS (Nuclei Anti Sofisticazioni) ai laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità, ai Laboratori Chimici delle Dogane, alle varie ASL dei nostri comuni e così via e i sistemi di lotta alle sofisticazioni si basano tutti su criteri di analisi chimica e di applicazione di norme legali. D’altra parte lo sviluppo della conoscenza offre anche ai sofisticatori sempre nuove occasioni di arricchirsi fraudolentemente… insomma il solito vecchio rapporto di guardie e ladri.
Ricordo anni fa un mio amico che ha un bellissimo laboratorio di chimica analitica, il quale mi fece vedere come si analizzavano le partite di verdure destinate alle mense degli asili nido del Comune di Roma: un fantastico strumento in cui la gascromatografia era stata accoppiata alla gas-massa, in modo da “beccare” anche pochissime molecole di pesticida che fosse rimasto sulle foglie delle verdure acquistate dal Comune… senza la chimica e i suoi strumenti di indagine sicuramente la vita di chi vuole sofisticare gli alimenti che mangiamo sarebbe più facile!