Parlare della ricetta della crema di cioccolato al sanguinaccio oggi, è un po’ come parlare di politica: ognuno dice la sua e non è detto che si giunga ad una conclusione. Sì, perché di questa crema originaria della Basilicata, tipicamente consumata per Carnevale, anticamente preparata con il sangue di maiale, esistono oggi numerose varianti e sottovarianti regionali, talvolta gluten free e, sempre più spesso, prive dell’ingrediente da cui trae il nome.
Spesso la si accompagna alle chiacchiere, talvolta ai savoiardi, in alcuni casi ai biscotti secchi, può capitare che la si spalmi sul pane, ed è irresistibile servita in coppette e gustata a cucchiaiate. E soprattutto, insieme al cioccolato, nella ricetta possiamo trovare di tutto: dal vino cotto, alla fecola di patate, ai canditi. In questa babele di sapori, abbiamo provato a districarci tenendo a mente un concetto illuminante: la crema di Sanguinaccio è come la verità. Scegliete voi quella che vi piace di più.
In principio era il maiale
Può essere una realtà cruenta e difficile da accettare, ma anticamente per i contadini il sangue del maiale era una fonte di nutrimento molto importante, oltre ad essere l’ingrediente che aromatizzava questo dolce rendendolo inconfondibile. In Basilicata poi, separarsi dall’animale durante il periodo quaresimale doveva essere davvero difficile, tanto che la maggior parte delle ricette carnevalesche aveva come base proprio lui: il porco.
Sembra che la ricetta originale della crema di sanguinaccio, sia quella che cuoce insieme cioccolato fondente e sangue di maiale, addensati con fecola di patate e aromi (per lo più cannella). Il tutto viene poi arricchito da vino rosso, canditi e uva passa.
Questo valeva in particolar modo fino al 1992, anno in cui in numerose regioni italiane venne vietata la vendita del sangue suino nelle macellerie, lasciando solo alle piccole comunità rurali il lusso di usare il sangue ricavato dalla macellazione casalinga.
Senza sangue come si fa? Il sanguinaccio napoletano
Togliete dalla ricetta il sangue e il vino, e, anche in questo caso, munitevi di cioccolato fondente e cacao amaro. Non potranno mancare latte, zucchero, burro, vaniglia, e amido per addensare. Questa è la variante più semplice della crema di sanguinaccio made in Campania che elimina il sangue. La variante Old Style, tuttavia, esiste anche qui ed è abbastanza ricca: contempla infatti la presenza del sangue di maiale, al quale si può scegliere se aggiungere il latte intero o il vino cotto. Anche in questo caso avremo bisogno di zucchero, burro o strutto, vaniglia e cannella in polvere, e come addensante potremo scegliere tra la farina 00 o l’amido. A dare il tocco finale, invece, saranno il cedro e l’arancia candita, e un po’ di rum.
Il sanguinaccio calabrese
Come in ogni regione a cultura contadina che si rispetti, in Calabria l’uccisione del maiale era un rito attesissimo che andava condiviso con parenti, amici e vicini di casa, sia perché mangiare carne era un evento sporadico che andava festeggiato, ma anche perché la macellazione era un lavoro impegnativo: più braccia c’erano, meglio era. Il rito durava tre giorni, e prevedeva delle fasi ben precise: ad infliggere il colpo mortale al maiale doveva essere il capofamiglia, aiutato dal primogenito; a raccogliere il sangue, le donne.
Una volta completata l’operazione, una parte del sangue veniva assaggiata subito, soffritto o impanato e fritto come una cotoletta. La parte restante era destinata al sanguinaccio, di cui riportiamo due versione.
Nella prima versione del sanguinaccio calabrese, la frutta secca la fa da padrona: vi troviamo sangue di maiale, latte, zucchero, cacao, cannella, mandorle, pinoli, noci e cedro candito. La variante, invece, sostituisce il latte con il mosto cotto, o con il miele di fichi, e aggiunge poca acqua, un pizzico di sale, strutto, noci, uvetta, chiodi di garofano e la buccia d’arancia grattugiata.
E voi, avete una variante regionale della crema di cioccolato al sanguinaccio da segnalarci?