Cosa Mangiano Gli Studenti Fuori Sede?
Un’inchiesta di Caterina Maddi.
Arriva un momento nella vita in cui ci si ritrova a tu per tu con i fornelli. Nella fase delicata dello “svezzamento universitario”, quando i ragazzi vanno a vivere da soli e devono imparare a badare autonomamente al proprio sostentamento, privati della rassicurante presenza di quel “qualcuno che cucina per te”, come si comportano? Si piegano facilmente al mercato del cibo spazzatura, diventando assidui frequentatori di fast food? Oppure si arrangiano come possono, diventando consumatori più oculati e cuochi d’esperienza?
I più fortunati hanno imparato a muoversi con dimestichezza in cucina osservano il lavoro sapiente della mamma. I più furbi hanno rubato qualche segreto alla nonna. I più attenti leggono le etichette; i più volenterosi si dilettano a sperimentare nuove ricette; i buongustai pretendono la qualità; i curiosi vanno alla ricerca di nuovi sapori. E poi ci sono gli svogliati, i disinteressati, i frettolosi, i pasticcioni, quelli che aprono il freezer, scongelano, riscaldano e mangiano.
“Il primo anno è tragico”, dice Giovambattista, 28 anni, Università di Milano, “vai a fare la spesa e ti accorgi di non aver comprato nulla di concreto. Alla fine vai a mangiare fuori tra aperitivi, rosticcerie e pizzerie varie… e naturalmente i surgelati, facili da preparare. Dal secondo anno ti accorgi che così non può andare. Ho imparato a cucinare e a stare più attento a quello che compro. Mi piace passare tempo ai fornelli, non mi limito alla semplice pasta con sugo pronto, ma faccio soffritti e tutto quello che rende appetitoso un piatto”.
C’è chi, per caso, scopre che stare ai fornelli è piacevole. Come Giulia, 23 anni, Università di Palermo: “Pensavo di essere inadatta, invece ho scoperto che cucinare mi piace molto e trovo che sia un momento in cui posso dedicare del tempo a me stessa. Ho resistito facilmente alla tentazione di abbandonarmi ai cibi fast food. Quando ho dei dubbi sul metodo di preparazione cerco su internet la ricetta et voilà: sto espandendo il mio menù!”.
Clelia, 25 anni, studentessa siciliana trapiantata a Pisa: “Adoro mangiare bene, e per fortuna mi piace anche cucinare. Se posso porto con me aromi, carne e pesce dalla Sicilia, ma per i prodotti che devo acquistare freschi, mi affido a quello che la Toscana offre: tagli di carne tipici, zuppe come la ribollita. Se vado a mangiare fuori scelgo spesso e volentieri menù a km 0, quindi con alimenti provenienti e cucinati nei pressi di Pisa.”.
Capita più o meno a tutti di fare una passeggiata tra gli scaffali del supermercato, di ammirare la carne in bella vista dietro il bancone di una macelleria, di scegliere la frutta e la verdura tra quella esposta sulle bancarelle al mercato. Alcuni pensano che andare a fare la spesa sia un vero e proprio spasso. Come Rossella, 22 anni, Università di Ferrara, “Perdo tantissimo tempo al supermercato e mi diverto. Mi piace frequentare supermercati puliti, ordinati, con vasto assortimento di salumi, formaggi e altri prodotti, anche i più strani. Adoro tutto ciò che è verde e bio. Per la frutta e la verdura aspetto il mercatino settimanale.”. O ancora Filippo, 22 anni, Università di Palermo: “Fare la spesa è una delle mie specialità. Valuto molto attentamente quello che compro e soprattutto vado alla ricerca delle offerte più appetibili. Cerco di cucinare, nei miei limiti, utilizzando cibi più genuini possibili. Visto che non seguo molte rubriche in tv e nelle riviste, quando mi interessa una nuova ricetta la cerco su internet. Ogni tanto preferisco mangiare qualcosa di prelibato in posti particolari, soprattutto se sto visitando una località famosa per quella pietanza, valutando sempre il rapporto qualità-prezzo.”.
Eppure anche andare al supermercato comporta dei rischi per lo studente medio. “Mai fare la spesa depressi o affamati”, Anna, 23 anni, Università di Palermo “Se quando vado a fare la spesa mi trovo in una di queste due condizioni, compro l’impossibile. Soprattutto cose che so di non riuscire a consumare prima del periodo di scadenza. Il trend generale, comunque, è il compromesso tra cibo genuino e roba precotta. Purtroppo, essendo una frana in cucina con pochissima voglia di imparare, non posso che farmi tentare dalle schifezze industriali”.
C’è chi, come Francesco, 21 anni, Università di Palermo, pensa che il pranzo sia un vero e proprio rito: “La pasta non deve mancare mai. Deve essere condita con sughi sempre freschi fatti da me utilizzando verdure e ingredienti di cui conosco la provenienza. Spesso, quando mangio da solo, non accendo la tv, sento il bisogno di concentrarmi su quello che sto mangiando”. Al contrario, c’è anche chi crede che “l’idea di mettersi a tavola seduti a mangiare un piatto di pasta sia superata da tempo”. Come Marco, 22 anni, Università di Torino. “In linea generica non cucina più nessuno!”, afferma, “Penso che la generazione dei “4 salti in padella” sia più quella dei trentenni. Noi siamo più orientati su “fai sto’ piatto di pasta con quello che hai”.
La tendenza generale, comunque, è quella di adeguarsi al tempo a disposizione. Meno tempo equivale a una più alta probabilità di piegarsi alla filosofia del panino veloce. Caterina, 22 anni, Università di Siena, racconta: “Mi piace cimentarmi in cucina. Ma quando non ho tempo, soprattutto a pranzo, può capitare che mangi frettolosamente un piatto di pasta, un’insalata, o mozzarella e pomodori, insomma qualcosa di semplice. Desiree, 22 anni, Università di Palermo: “Non mangio quasi mai la pasta. Non perché non mi piaccia, ma quando sono sola preferisco arrostire una fettina e accompagnarla con l’insalata. In un quarto d’ora cucino, mangio e lavo i piatti”.
Molto dipende anche dalla stanchezza del momento: “Ho imparato a cucinare per esperienza, ma tante volte cucini e mangi di fretta perché hai fame e sei stanco”, Emanuele, 21 anni, Università La Sapienza di Roma. Tra l’altro, va da sé che lo studente universitario stia tanto tempo fuori casa. Pochissimi quelli che, vuoi per risparmiare vuoi per avere un reale controllo di quello che mangiano, si porta il pranzo da casa. La maggior parte sfrutta i servizi che l’Università offre: “Di norma non mi trovo mai a casa a pranzo. Preferisco andare sempre a mensa, e lì decidi tu cosa prendere. Io opto quasi sempre per un secondo con contorno di verdure. La sera, invece, cenando a casa preparo io e normalmente mi piace andare sul semplice. Non faccio mai cose complicate, il tempo preferisco impiegarlo in altro modo”, Matteo, 27 anni, Università di Ferrara.
Diffuso è il consumo di carne giudicata “un alimento semplice da preparare e con mille varianti”, come ci dice Sofia, 20 anni, Università Bocconi. “Metto tanta attenzione quando faccio la spesa, ma non ho tantissimo tempo per cucinare ed evito piatti particolarmente complessi. Le minestre della nonna me le sogno mentre cucino minestroni surgelati, magari aggiungendo qualcosa di fresco.”. Qualche problema in più per il pesce: “Mi confondo, ammetto di essere sempre corsa ai ripari con bastoncini e filetti surgelati”, Flavia, 22 anni, Università di Palermo.
E se si decide di andare a mangiare fuori con gli amici? “Per quanto riguarda i ristoranti la scelta è tragica”, Vera, 23 anni, Università La Sapienza di Roma, “Spesso si fanno scelte in base al budget. Uno studente non può permettersi granché. Quindi quando si esce, la maggior parte delle volte si opta per la pizza”.
Molto di moda gli aperitivi, spesso a prezzo ridotto a scapito della qualità. Lo conferma Mariarita, 25 anni, politecnico di Milano, “Mi piace mangiare cibi stranieri e mi piace anche cucinarli per vedere quel che ne esce. Ma mi faccio facilmente tentare dalle schifezze, soprattutto se in compagnia e durante gli aperitivi. Puoi trovare di tutto, dipende molto dal locale. In generale si parla di miscugli di roba, tartine, sandwich, pasta fredda e calda, il tutto abbastanza unto! Uno dei motivi per cui l’aperitivo va tanto di moda tra gli studenti è che con un prezzo decente (in media 7 euro) puoi avere il cocktail più il buffet, anche se la qualità non è sempre al top”. Comunque c’è la tendenza ad evitare o frequentare solo in casi eccezionali i fast food, “posti in cui si mangia quel menù fisso ad un prezzo fisso e dal sapore fisso. Che tu mangi un gamberetto o una fetta di torta non importa, hanno lo stesso inutile sapore di cheese burger”, ci dice sempre Rossella, 22 anni, Università di Ferrara.
Il quadro che emerge da questa piccola indagine è vario. Ma in linea generica si riscontra che i ragazzi fuori casa propendono per consumi oculati e il mangiar sano. Certo, il discorso varia da soggetto a soggetto. Molto dipende dall’interesse personale, dall’educazione familiare e dalle abitudini. Volendo sintetizzare con qualche cifra ed escludendo i pasti fuori casa – in trattoria, al bar o in mensa – un buon 55% degli intervistati passa con piacere il proprio tempo in cucina, si informa, sperimenta e mangia con gusto; il 35% non perde tempo ai fornelli e si orienta verso cibi semplici ed essenziali per i quali non c’è bisogno di grande impiego di energie. Comunque sta attento all’alimentazione e si premura di non mangiare schifezze se non occasionalmente. Infine, il 10% – percentuale bassa ma non per questo trascurabile – mangia quello che capita semplicemente per soddisfare un’esigenza fisiologica, facendo largo uso di surgelati, cibi cotti e precotti. Insomma, un quadro meno cupo di quanto si tenderebbe a pensare. I genitori possono stare tranquilli: i loro bimboni lontani, tutto sommato, stanno attenti a quello che mangiano.
Caterina Maddi
L’immagine del supermercato è dell’utente flickr www.myfruit.it
L’immagine dell’aperitivo è dell’utente flickr frabattista
L’immagine della mensa è dell’utente flickr Cau Napoli