Di quanto sia importante sapere come scegliere la carne e dei vantaggi di quella biologica abbiamo già parlato. Ed è stato proprio in seguito ai nostri approfondimenti che abbiamo cominciato a chiederci in che modo lavora un’azienda che produce carni biologiche e quali sono i requisiti che garantiscono la qualità e la sicurezza delle sue carni.
È per questo che, quando l’azienda marchigiana Fileni ci ha invitato ad tornare ad Expo il 18 settembre per partecipare ad un convegno sul valore delle carni biologiche, abbiamo accettato con piacere. Ci si è profilato davanti un quadro denso di spunti interessanti, grazie agli interventi di Giuliano Gallini (Direttore commerciale e marketing di CIR food), Gian Luca Gregori (Pro-rettore UNIVPM, professore di marketing LUISS), Tullio Melchiorri (Responsabile allevamenti biologici Gruppo Fileni), Roberta Fileni (Direttore marketing Gruppo Fileni), Giovanni Fileni (Presidente Gruppo Fileni).
E soprattutto, abbiamo raccolto tutte le informazioni che cercavamo su un punto che ci preme: quando e perché un prodotto di carne può definirsi biologico.
Il valore delle carni biologiche: come fa un’azienda a garantirci il biologico
Per creare una filiera biologica, ci vuole tempo
È la lezione cosa che abbiamo imparato dal nostro incontro. La filiera biologica di Fileni, ad esempio, è stata avviata nel 2000 ed è cresciuta progressivamente, rispettando i tempi necessari a radicare l’attività nel territorio marchigiano e a garantire gli standard di sicurezza e qualità che ci si aspettano da un prodotto biologico. Da quel momento, ci vuole un anno per ottenere la certificazione di agricoltura biologica da parte del Consorzio CCPB: il primo passo per garantire ai suoi capi un’alimentazione controllata e far sì che le carni messe in vendita dall’azienda siano a tutti gli effetti biologiche.
Dopo più di 10 anni, nel 2013, Fileni è pronta per lanciare la linea Fileni BIO, la stessa che verrà valorizzata ed apprezzata ad Expo 2015.
Carne da allevamento biologico: che vuol dire?
Dal petto di pollo a fette ai panati crudi, dalla fesa di tacchino agli arrosticini di pollo, dagli hamburger alle polpette di pollo cotte…: un’azienda che tramite GDO e food service distribuisce una varietà simile di tipologie di prodotti a marchio bio, deve garantire che la sua filiera sia ipercontrollata in tutte le sue fasi, dalla nascita dell’animale all’immissione nel mercato, passando per la lavorazione. Il dubbio del consumatore è proprio questo: si fa presto a dire bio, ma quali passaggi mi garantiscono che sia proprio così?
L’allevamento biologico
Andando oltre l’importante constatazione che un allevamento biologico assicura benessere agli animali allevati, rispetta gli equilibri dell’ambiente e salvaguarda la salute delle persone, cerchiamo di capire nel dettaglio come funziona.
Prendiamo il caso degli allevamenti di polli e tacchini bio dell’azienda Fileni sparsi per Marche, Emilia Romagna, Umbria e Lazio. Per essere certificati, devono rispettare precisi parametri previsti dalle normative UE per la produzione biologica e che riguardano:
- Il terreno su cui sorge l’allevamento, che deve essere coltivato secondo metodi biologici per evitare qualsiasi contaminazione.
- Il benessere degli animali: la temperatura dev’essere idonea, cibo e acqua sempre disponibili, gli spazi devono essere ampi e aperti per far sì che possano razzolare liberamente. Infine, bisogna esser certi che abbiamo un opportuno numero di ore di buio.
- I ritmi di crescita, lenti come natura vuole: i polli vengono allevati per almeno 81 giorni, crescendo perciò più lentamente rispetto a quelli della filiera convenzionale, al fine di rendere le loro carni più gustose e ricche di nutrienti.
- L’alimentazione degli animali: è uno degli aspetti più importanti. Fileni, ad esempio, somministra ai suoi animali solo mangimi vegetali ottenuti da materie prime biologiche e NO OGM, a base di soia, mais e sorgo, senza utilizzo di prodotti di sintesi.
Trasformazione e confezionamento: chi ci dice che non ci siano contaminazioni?
Il disciplinare biologico non ammette la presenza di sostanze chimiche nel prodotto: è quindi necessario evitare qualsiasi tipo di contaminazione, in ogni fase della filiera.
Per la trasformazione e il confezionamento dei prodotti biologici vengono dunque utilizzati particolari accorgimenti: le carni vengono lavorate a parte, in orari predeterminati e solo dopo un’accurata pulizia e disinfezione delle linee di produzione.
Durante le fasi di trasformazione, inoltre, le produzioni e i semilavorati sono sottoposti a controlli periodici a campione.
Bio-abitudini degli italiani: carni bianche o carni rosse?
Altro aspetto interessante di questo incontro sul valore delle carni biologiche è quello che riguarda i consumi degli italiani. È l’intervento del professor Gian Luca Gregori, Pro-Rettore dell’Università Politecnica delle Marche e Professore di Marketing alla Luiss di Roma, a dirci come si è evoluto negli ultimi anni il consumo di questi prodotti, fornendoci i risultati di una ricerca effettuata dall’Università delle Marche.
Sembra infatti che, in fatto di carni bio, gli italiani preferiscano le bianche: su un campione di 800 famiglie italiane intervistate lo scorso maggio, il 63% afferma di comprare anche carni bianche biologiche, mentre si ferma al 56% la percentuale di chi acquista carni rosse bio.
Differente è anche la frequenza di acquisto delle due tipologie di carni: il 35% dei “carnivori bio” compra le carni bianche almeno una volta alla settimana, contro un 25% che acquista con analoga frequenza le carni rosse.
Dopo aver assistito all’incontro, abbiamo le idee molto più chiare su come lavora un’azienda che produce carne biologica. E voi, avete dubbi sui vari passaggi? C’è qualcosa che vorreste sapere o un aspetto su cui vorreste fare luce?