Biodiversità e agricoltura: le iniziative per il Pianeta della Riserva di Biosfera dell’Appennino

Angela Caporale
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    Il cibo è diversità, esplorazione e dialogo con il territorio dove viene prodotto.  In Italia dove le aree rurali sono moltissime, cibo e agricoltura si intrecciano con le tradizioni popolari e insieme possono raccontarci molto della storia dei luoghi e dell’importanza della terra per il nostro Paese. Oggi, di fronte alle evidenze della crisi climatica, il settore agricolo è, allo stesso tempo, causa e vittima: la filiera è responsabile di un’ampia percentuale di tutte le emissioni antropiche di gas serra che contribuiscono all’aumento delle temperature, e contemporaneamente ne subisce però le drammatiche conseguenze.

    Quale ruolo possono e dovrebbero avere, quindi, l’agricoltura e l’allevamento in un contesto in cui il Pianeta è in difficoltà? In occasione della Giornata mondiale della Biodiversità che si celebra ogni anno il 22 maggio intervistiamo la dottoressa Francesca Moretti, collaboratrice del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e della Riserva MAB UNESCO.

    Biodiversità agricola e alimentare, un valore per l’Appennino tosco-emiliano

    La Giornata mondiale della biodiversità è stata proclamata nel 2000 dalle Nazioni Unite per  commemorare l’adozione del testo della Convenzione per la Diversità Biologica, avvenuta il 22 maggio 1992. Ed è proprio quell’accordo a definire la biodiversità agricola, legata quindi alla filiera agroalimentare come “…le componenti della diversità biologica relative al cibo e all’agricoltura e tutte le componenti della diversità biologica che costituiscono gli ecosistemi agricoli, anche chiamati agro-ecosistemi: le varietà e la variabilità degli animali, delle piante e dei microorganismi a livello genetico, a livello di specie e a livello di ecosistema, necessari a mantenere le funzioni chiave degli agro-ecosistemi, la loro struttura ed i loro processi”.

    Il legame tra biodiversità e cibo è molto stretto, come ci racconta la dottoressa Moretti che, per il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-emiliano, si occupa della gestione di progetti di valorizzazione del territorio e tutela della biodiversità finanziati da programmi europei e ministeriali, oltre che del settore autorizzativo dell’Ente.

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    “Ci troviamo in un’area dell’Appennino al confine tra Emilia e Toscana, e l’area della Riserva MAB si estende quindi su due versanti molto diversi sia per caratteristiche orografiche che climatiche, tant’è che lo definiamo un punto focale della frontiera climatica euro-mediterranea.” Da un lato, infatti, prevale un clima più tipicamente continentale e dall’altro un clima più mediterraneo. Questa peculiarità ambientale, unita all’azione dell’uomo, ha generato come conseguenza un complesso mosaico ecologico e culturale che si esprime in una grande varietà di ambienti, specie, paesaggi e tradizioni che, tuttavia, oggi sono in parte a rischio.

    La dottoressa Moretti spiega come concorrano cause differenti. Si risente anche qui dell’effetto del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici che, anche sull’Appennino tosco-emiliano, stanno trasformando le condizioni per l’agricoltura e l’allevamento. Allo stesso tempo, è rilevante nella zona il tema dell’abbandono delle aree rurali: “questa tendenza ha portato ad un progressivo declino della biodiversità coltivata e allevata tipica di quest’area, e anche all’abbandono di pratiche agricole o di infrastrutture paesaggistiche tradizionali quali i muri a secco, i canali di irrigazione ecc. elementi che invece è importante conservare” e per questo nella Riserva si stanno realizzando progetti specifici.

    La ricchezza della biodiversità agricola forgia il paesaggio

    Fausto Giovanelli, Presidente del Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano e Coordinatore della Riserva della Biosfera dell’Appennino, ci ha descritto come questo sia un territorio ricco di prodotti tipici: circa 64 godono di una forma di riconoscimento. La dottoressa Moretti aggiunge come oltre alle più note produzioni agroalimentari tradizionali di presidio – tra le quali spicca il Parmigiano Reggiano e il suo “habitat” di foraggere, siano moltissime le produzioni tradizionali di nicchia, le razze zootecniche e le cultivar peculiari di questa area dell’Appennino.

    Tra le razze ovine, il cui allevamento nelle comunità di crinale ha storicamente prevalso su quello della vacca per motivi climatici e orografici, un esempio è la Pecora Cornigliese, originariamente diffusa nel solo Appennino Parmense nella zona di Corniglio, e allevata soprattutto per la produzione di carne e tutelata come Presidio Slow Food, oppure la Pecora Massese, un ovino il cui mantello di colore scuro non trova riscontro in alcuna altra razza italiana, allevato sul versante toscano e legato alla produzione di formaggio e ricotta. C’è poi la Cornella bianca, sempre destinata alla produzione di latte per la caseificazione. “Si tratta di popolazioni polifunzionali autoctone che si sono adattate al territorio, sfruttando il pascolo anche in condizioni difficili” spiega Moretti, ma che a partire dagli anni 50-60 sono state progressivamente sostituite da razze più produttive e più remunerative. Il nostro obiettivo è invece “realizzare progetti di recupero e tutela di queste razze locali e contribuire così al mantenimento della biodiversità e delle tradizioni strettamente connesse alle nostre aree rurali”.

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    Interessante è anche la biodiversità agricola vegetale dell’area. Un esempio è il Mais “ottofile”, chiamato così per via del numero di file di chicchi sul tutolo della pannocchia, una coltura rustica che non richiede grande quantità di acqua, e da cui si ricava una farina di alta qualità impiegata per la produzione di polenta. La dottoressa Moretti ricorda anche la Cipolla di Treschietto, coltivata nel piccolissimo borgo da cui prende il nome, in Comune di Bagnone (Massa Carrara). In questo luogo isolato, è stato possibile conservare una coltivazione tradizionale dalle caratteristiche uniche, come la forma appiattita e il rosso vivace dell’involucro.

    “Un discorso a sé è quello che riguarda la castagna, che ha rappresentato per secoli una delle forme più radicate e diffuse di sostentamento per il territorio appenninico. In tutto il territorio della riserva MAB viene prodotta una farina, utilizzata nella preparazione di una molteplicità di piatti tra cui i necci e il castagnaccio. L’importanza dei castagneti non è solo alimentare. I castagneti da frutto hanno infatti caratterizzato la cultura e il paesaggio di buona parte della montagna appenninica sia per la presenza di esemplari molto antichi, veri e propri alberi monumentali, che per i manufatti collegati alla loro coltivazione, come i muretti a secco, gli essiccatoi e i mulini. Le piante vetuste di castagno  inoltre ospitano nelle loro cavità comunità di insetti e altre specie faunistiche di interesse conservazionistico, rendendo i castagneti un ambiente unico che in molti casi è riconosciuto dall’Unione Europea come “habitat di interesse comunitario” evidenzia l’intervistata.

    “Nel nostro territorio le produzioni agro-alimentari sono strettamente correlate al paesaggio” riflette Moretti che cita il Parmigiano reggiano, eccellenza internazionale dell’area emiliana, riconoscibile anche dal tipo di paesaggio agrario che ha contribuito a generare. “I prati e le foraggere identificano le aziende che allevano bovini da latte per la produzione di Parmigiano reggiano sul territorio. Molto spesso queste aziende hanno intensificato lo sfruttamento agricolo dei terreni più produttivi, abbandonando quelli deteriorati, pertanto il nostro sforzo è incentivare l’applicazione di buone pratiche di gestione sostenibile dei suoli agricoli” Ciò è reso possibile grazie ad alcuni progetti finanziati dalle istituzioni, tra cui LIFE agriCOlture, cofinanziato dal programma LIFE Climate-Change Mitigation della Commissione Europea,  che permette a 15 aziende agricole testimoni dell’area della Riserva MAB di introdurre elementi di sviluppo sostenibile all’interno della filiera.

    Custodi del territorio e della biodiversità alimentare: il ruolo delle aziende agricole e non solo

    Oltre a LIFE agriCOlture per la sostenibilità della filiera del Parmigiano reggiano, esistono anche altri programmi implementati dalla Riserva MAB e finanziati attraverso gli strumenti della Commissione Europea – come il Piano di sviluppo rurale di cui ha parlato al Giornale del Cibo anche l’Avvocato de Capoa – e grazie alle risorse ministeriali per sostenere aziende agricole che si occupano di popolazioni e specie autoctone. “L’idea è promuovere un ruolo multifunzionale dell’agricoltura: non solo produzione ma anche presidio del territorio, delle tradizioni e della cultura di montagna” spiega Moretti, che ricorda l’istituzione delle Comunità del Cibo, gruppi di attori (istituzioni, aziende, associazioni, cittadini) che agiscono insieme per preservare peculiarità e caratteristiche dei luoghi.

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    Agricoltori e allevatori per primi vengono chiamati ad assumere un ruolo di custodia e tutela della biodiversità sul territorio. “In pratica, cerchiamo di sostenere le attività che riescono a valorizzare un ruolo multifunzionale delle aziende: il presidio del territorio, la cura del paesaggio, la ricettività e la ristorazione, l’organizzazione di attività ricreative e culturali, il recupero delle tradizioni sono alcuni dei servizi che gli agricoltori possono affiancare alle attività produttive di base dell’azienda, che legate alla qualità dei prodotti, incontrano anche la domanda di “natura” espressa soprattutto da coloro che risiedono nelle aree urbane.

    Secondo i curatori della Riserva MAB UNESCO, questo sforzo apporta valore aggiunto non soltanto di fronte al consumatore, ma anche all’area dell’Appennino Tosco-emiliano. “C’è grande attenzione alla sostenibilità e al ruolo che i produttori possono avere, ma agiamo anche nel riconoscere le aziende che operano in maniera coerente”.

    “I Care Appennino”: un brand per le aziende che sostengono la biodiversità e i territori

    La Riserva organizza UPVIVIUM, una rassegna gastronomica per valorizzare i nostri prodotti tipici, e ha istituto il brand I CARE Appennino, concesso a imprese ed associazioni che realizzano o sostengono progetti il cui scopo è prendersi cura del territorio, della biodiversità e delle comunità dell’Appennino Tosco Emiliano.

    Tra queste anche CIRFOOD, che ha ricevuto l’assegnazione del brand, lo scorso 12 maggio. Maria Elena Manzini, CSR Manager CIRFOOD ha dichiarato: “La sostenibilità è uno dei nostri valori guida. Se vogliamo fare impresa oggi, infatti, non possiamo prescindere da essa: è un segno di responsabilità, di impegno sociale e di amore per il nostro pianeta e per quelli che lo abitano. Tra i nostri obiettivi, per il periodo 2021/2022, c’è quello di far conoscere e promuovere la Riserva di Biosfera MAB UNESCO Appennino Tosco-Emiliano e il marchio I CARE APPENNINO”.

    In conclusione la dottoressa Moretti sottolinea come “la tutela dell’ambiente sia strettamente connessa con l’agricoltura. Metodi di coltivazione sostenibili possono aiutare a preservare lo stato di salute dei terreni agricoli e contribuire alla mitigazione degli effetti della crisi climatica. Senza sottovalutare l’interazione tra uomo e natura, protagonista dell’azione della Riserva di Biosfera MAB UNESCO.”

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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