aspartame fa male

Aspartame: cosa dicono gli studi e in quali casi è meglio evitarlo?

Angela Caporale
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    I rischi connessi ad un consumo eccessivo di zucchero sono ormai riconosciuti, motivo per cui in questi anni è cresciuto l’interesse e il consumo di dolcificanti e alternative che, però, sollevano alcuni dubbi. È il caso, per fare solo qualche esempio, dello zucchero di canna, secondo molti preferibile a quello bianco, ma a ben vedere non così diverso sotto il profilo nutrizionale, oppure del fruttosio.
    Insieme alla dottoressa Francesca Evangelisti, biologa nutrizionista, parliamo oggi dell’aspartame, un edulcorante artificiale utilizzato molto spesso in campo alimentare per dolcificare prodotti industriali, ma anche farmaceutici. Viene impiegato per produrre cibi “light” e dietetici, particolare che potrebbe suggerire un minor apporto calorico rispetto allo zucchero tradizionale, ma è davvero così? Grazie al contributo della biologa nutrizionista cerchiamo di capire se l’aspartame fa male o no, e perchè.

    L’aspartame cos’è?

    Come anticipato, l’aspartame (sigla E951) è un edulcorante artificiale costituito da due aminoacidi, l’acido aspartico e la fenilalanina, la cui estremità carbossilica risulta esterificata con metanolo. “È caratterizzato – spiega la dottoressa Evangelisti – da un elevato potere dolcificante, molto maggiore del saccarosio (circa 200 volte maggiore), per cui per  cibi e bevande ne risulta sufficiente una piccola quantità.” Questa è, dunque, la ragione del suo successo commerciale e del fatto che lo troviamo tra gli ingredienti di  snack, merendine, bibite gassate, yogurt, gelati, prodotti caseari e chewing-gum. Il suo utilizzo si estende anche in campo farmaceutico, dato che si trova come eccipiente in alcuni farmaci, soprattutto sciroppi e antibiotici per bambini.

    L’aspartame si trova in commercio anche puro, in forma di polvere bianca oppure lavorato in capsule, ed è caratterizzato da un sapore molto simile a quello dello zucchero, così come è simile l’apporto calorico: 4 kcal per grammo. “Il motivo per cui è ampiamente usato nella produzione di alimenti e prodotti dietetici deriva quindi non da un minor apporto calorico in sé, ma dal fatto che avendo un potere dolcificante molto maggiore dello zucchero, ne può essere usata una quantità esigua per dolcificare, con conseguente riduzione dell’apporto calorico complessivo.”

    L’aspartame fa male?

    L’aspartame e il suo utilizzo in campo alimentare sono da sempre oggetto di controversie, a causa dei suoi possibili effetti negativi sulla salute, sottolineati da alcuni autorevoli studi pubblicati dopo il 2005, verificati dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che ha fissato i limiti di consumo giornaliero nel 2013.

    aspartame

    SpeedKingz/shutterstock.com

    Aspartame e cancro: gli studi

    Dopo la sua entrata in commercio, avvenuta nel 1981 a seguito dell’approvazione da parte della Food and Drug Administration degli Stati Uniti, il dibattito si affievolì per poi riaprirsi prepotentemente nel 2005 dopo la pubblicazione di uno studio della California Enviromental Protection Agency che mise in evidenza come, a seguito di somministrazione di basse quantità di aspartame, in alcuni animali da laboratorio aumentasse l’incidenza di linfomi e leucemie. Anche uno studio italiano, effettuato dalla Fondazione Europea di oncologia e scienze ambientali di Bologna, pubblicato in contemporanea dallo European Journal of Oncology, evidenziò effetti negativi, dimostrando come il legame tra la formaldeide liberata dal metabolismo dell’aspartame determinasse un aumento dell’incidenza di tumori cerebrali.

    I dati ottenuti furono analizzati per diversi anni dalla EFSA, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che nel 2013 concluse che in tali studi non si dimostrava affatto il rapporto causa effetto tra aspartame e malattia, confermandone pertanto l’utilizzo in campo alimentare e indicandone la dose giornaliera massima ammissibile, ovvero 40mg/kg di peso corporeo. Anche il National Cancer Institute degli USA stabilì che, entro le dosi massime indicate, l’aspartame non creava problemi alla salute e non era pertanto pericoloso. Gli studi successivi sono stati diversi ma non hanno mai portato alla certezza che l’aspartame faccia davvero male.

    Dalla teoria al piatto: il parere della nutrizionista

    Se dal punto di vista teorico ormai la questione se l’aspartame faccia male o no è risolta, il dibattito non è completamente risolto: l’uso diretto dell’aspartame non sembra esercitare effetti negativi sulla salute, se si rientra nelle dosi raccomandate. “Bisogna innanzitutto – sottolinea la dottoressa Evangelisti – prestare estrema attenzione alle quantità, facendo riferimento non solo all’uso dell’aspartame come dolcificante, ma anche della sua aggiunta nei vari alimenti confezionati che possiamo consumare a livello quotidiano.”

    Oltrepassare la dose massima consentita di 40mg/kg è molto difficile, ma qualora questo si verificasse allora si andrebbe incontro a potenziali danni per il nostro organismo, che deriverebbero dall’esposizione alle sostanze che derivano dal metabolismo (degradazione) dell’aspartame, vale a dire metanolo, fenilalanina e acido aspartico.

    zucchero e aspartame

    SabOlga/shutterstock.com

    “Il metanolo – spiega l’intervistata – è una sostanza che, trasformandosi nell’organismo in formaldeide e acido formico, risulta altamente tossica, determinando anche, in dosi molto elevate, problemi di vista e cecità. La fenilalanina è un aminoacido che può provocare tossicità mentre l’acido aspartico, anch’esso aminoacido, risulta tossico poiché viene trasformato in glutammato che ha effetti neurotossici.” La dottoressa aggiunge, però, che gli effetti negativi di tali metaboliti si verificano solo a dosi molto elevate che, generalmente, è difficile raggiungere.

    “Riguardo una possibile azione cancerogena dell’aspartame – conclude la biologa nutrizionista –  se da una parte è vero che non ci sono evidenze scientifiche a riguardo, è altrettanto vero che non ne ve ne sono neppure che dimostrino l’assoluta sicurezza da questo punto di vista.” Il suo suggerimento è, quindi, di tenere conto che l’aspartame può avere degli effetti collaterali, anche al di sotto delle dosi massime raccomandate, quali dolori addominali, diarrea, difficoltà respiratorie, manifestazioni allergiche, aumento della frequenza di mal di testa in chi già ne soffre e, in alcuni casi, anche attacchi d’ansia.

    Le controindicazioni dell’aspartame: quando evitarlo

    Esistono poi delle specifiche controindicazioni all’uso di aspartame. In primo luogo, è sconsigliato nelle donne in gravidanza perché può comportare rischi per lo sviluppo del feto come malformazioni del SNC e disturbi dell’apprendimento e sembra aumentare il rischio di parto prematuro, e in allattamento, così come per i bambini. “Nel caso di questi ultimi è bene specificare che si fa riferimento non solo all’utilizzo dell’aspartame in quanto tale, ma anche a quello utilizzato come dolcificante in diversi cibi industriali confezionati.” A riguardo si consiglia sempre di leggere le etichette, al fine di evitare di comprare prodotti contenenti aspartame.

    Andrebbe evitato anche in chi soffre di fenilchetonuria, una malattia genetica ereditaria caratterizzata da difficoltà ad assimilare la fenilalanina, che porta ad avere alti livello di questo aminoacido e bassi livelli di tirosina nel sangue, con effetti tossici sul cervello (disturbi dell’umore, problemi comportamentali ecc.).

    In conclusione, la dottoressa Evangelisti spiega che l’aspartame non è così dannoso per la salute, ma si consiglia sempre di preferire al suo posto zuccheri naturali, quali lo zucchero di canna integrale, la stevia (su indicazione di un professionista) e il miele, sottolineando sempre come alimenti e bevande che consumiamo non andrebbero mai dolcificati. “Guardando, invece, all’aspartame aggiunto a prodotti confezionati, si può optare per il fruttosio, che è lo zucchero naturale della frutta, oppure per il sucralosio (zucchero modificato) che è sicuro anche in gravidanza ed allattamento.”

    Voi avete mai osservato la presenza di aspartame negli alimenti che mangiate abitualmente?

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

    3 risposte a “Aspartame: cosa dicono gli studi e in quali casi è meglio evitarlo?”

    1. pinco pallino ha detto:

      certo come no. laspartame non e’ cancerogeno non e’ tossico pero’ e’ meglio evitarlo??????ma che vuol dire queste frasi non siamo babbei diciamola tutta la verita’ o forse non si puo’ dire perche’ ci sono sotto interessi enormi la storia dellaspartame ormai la sanno tutti. chi lavora dentro la FDA sono gli stessi che la vendono per cui stiamo parlando di miliardi di dollari c’e’ o no conflitto di interessi???certo che no e’ solo business dopo la crisi del dopoguerra bush aveva tutti gli interessi a mettere sul mercato questa schifezza. andate e informatevi aprite gli occhi sul perche’ dell’aspartame e cosa provoca .

    2. Mimmirella ha detto:

      In effetti sostenere che “I dati ottenuti furono analizzati per diversi anni dalla EFSA, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che nel 2013 concluse che in tali studi non si dimostrava affatto il rapporto causa effetto tra aspartame e malattia, confermandone pertanto l’utilizzo in campo alimentare e indicandone la dose giornaliera massima ammissibile” conferma quello che dici tu @pinco pallino. Quando non si può dimostrare il rapporto causa effetto tra aspartame e malattia ma comunque ti indicano UNA DOSE MASSIMA GIORNALIERA, non vuol dire essere prudenziali, vuol dire essere contradditori. ciao

    3. Feta ha detto:

      Ma quali interessi? Trovo francamente irritante sto mania del complottismo forzato.

      Punto 1: limitare non vuol dire evitare. Punto 2: ogni cosa in eccesso diventa tossica, anche l’acqua (vedi intossicazione acuta da acqua). Punto 3: una cosa può essere tossica (e lo è sempre, vedi punto 2) e non cancerogena.

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