Olio d’oliva italiano: la produzione cala ma restano le eccellenze regionali

Angela Caporale
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    Il 91% degli italiani dichiara di consumare e preferire olio extravergine d’oliva rigorosamente italiano, un buon riconoscimento per una produzione che rappresenta una delle eccellenze del Belpaese. Il successo di questo tipo di prodotto, inoltre, affonda le sue radici nella tradizione: non si tratta, infatti, semplicemente di un olio di estrema qualità, ma ciò che fa la differenza è il legame con il territorio e l’intrecciarsi di storia, costumi e cultura che trovano nella produzione olearia, che frutta 3 miliardi di Euro, un’espressione naturale.

    Tuttavia, come rilevato dal rapporto “Gusto in-EVOluzione” di Ismea, la produzione negli ultimi dieci anni è calata drasticamente: dalle 600mila tonnellate del 2008 alle 370mila previste per il 2018. Non diminuisce, però, la qualità della proposta. Slow Food, impegnata da anni nella valorizzazione dell’olio extravergine di oliva italiano, ha censito come ogni anno le proposte regione per regione: vediamo quali sono stati successi e criticità dell’annata dell’olio 2018 che, nel complesso, segna un miglioramento rispetto al 2016/2017.

    Annata olio 2018: il punto di Slow Food

    olive raccolta

    Si è parlato spesso, in questi anni, della crisi della produzione di olio d’oliva in Italia. Le ragioni di queste difficoltà sono state individuate nelle malattie, nel cambiamento climatico tra caldo eccessivo, precipitazioni troppo violente e siccità. L’annata 2017/2018 sembra invertire la tendenza, sebbene con caratteristiche differenti nelle varie zone della penisola: stenta ancora il Nord-Est, mentre il Centro beneficia dell’assenza della mosca olearia e il Sud è trascinato dall’intraprendenza di chi, sempre di più, sceglie di investire proprio su questo settore.

    Al Nord la punta d’eccellenza è il Trentino Alto Adige

    Annata difficile, secondo quanto rilevato da Slow Food, per tutto il Nord-Est: in Friuli Venezia Giulia c’è stato, infatti, calo drastico della produzione, soprattutto nelle aree friulane dove stress idrico, cascola e mancante impollinazioni hanno fatto sì che si registrasse una diminuzione dell’80% della produzione di olio. Ancor più drammatica è la situazione in alcune aree venete dove i frantoi sono stati fermi, mentre in Lombardia la varietà e l’imprevedibilità hanno fatto la parte del leone: tiene la zona del Garda, ma per il resto non è un’annata da ricordare.

    Picchi d’eccellenza, sia dal punto di vista della produzione, ma soprattutto della qualità, il DOP Tergeste di Trieste e l’olio prodotto sui Colli Euganei, in provincia di Padova. Tuttavia la combinazione di prodotti di altissima qualità e una diffusione capillare della coltivazione biologica incorona il Trentino Alto Adige come regione leader nella produzione olearia di tutto il settentrione. Slow Food sottolinea, tra gli esempi virtuosi, quello della cooperativa agraria di Riva che coinvolge ben 300 associati, legati a un approccio sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale.

    Senza mosca olearia riparte la produzione al Centro

    Dalla Liguria alle Marche, dal Lazio alla Toscana, l’annata 2017/2018 per l’olio italiano segna una crescita qualitativa quasi insperata. Sebbene le condizioni climatiche non siano state delle più favorevoli, l’assenza della mosca olearia ha fatto la differenza.

    Particolarmente interessanti sono i movimenti osservati nelle Marche e nel Lazio: colpisce l’espressione di biodiversità marchigiana dove proprio lo scorso anno è stato riconosciuto il marchio IGP regionale che comprende 10 varietà autoctone e 2 cultivar presenti sul territorio da ormai molto tempo. Cresce anche l’esperienza di chi è coinvolto lungo tutta la filiera produttiva: Tuscia e Colline Pontine sono le aree di punta di una produzione regionale che punta tanto sul biologico certificato e sull’idea di dare vita a monovarietà dal carattere identitario molto forte e marcato.

    olio d'oliva

    Preoccupano, invece, le prospettive per l’olio toscano: in una regione, come sottolinea Slow Food, dove ci sono 4 olivi per ogni abitante, il rischio è quello di una standardizzazione e industrializzazione della produzione di olio. Già il 30% dei terreni dedicati all’olivicoltura sono stati abbandonati e il timore è che, senza l’attenzione e gli investimenti necessari, il preziosissimo patrimonio di oltre 80 cultivar autoctone possa essere a rischio.

    Giovani e intraprendenti, gli imprenditori del Sud ricorderanno questa annata

    olive produzione

    Annata da ricordare per quasi tutte le regioni meridionali del Belpaese, trainata dal + 30% della produzione registrato in Puglia, dove ormai un terzo delle aziende selezionate da Slow Food ha certificazione bio. In Basilicata e in Calabria spicca la percentuale di Under 40 che si stanno dedicando alla produzione olearia, introducendo novità e vivacità nel settore dove già si stanno raccogliendo i frutti.

    Emergono gli oli molto profumati e carichi di amaro e piccante campani, e gli sforzi, anche istituzionali, che si stanno compiendo in Molise per assicurare un futuro alla produzione: degni di nota l’impegno dell’Ente di sviluppo regionale per il recupero e la valorizzazione delle cultivar autoctone e l’investimento dell’Istituto tecnico agrario di Larino che ha acquistato un frantoio didattico per formare gli elaiotecnici del domani.

    Buone notizie anche dalle isole. In Sicilia cresce la produzione, la qualità e la quota di oli biologici, mentre in Sardegna sono state superate le 5.000 tonnellate d’olio, un successo conquistato nel rispetto dell’ambiente.

    Conoscevate le opportunità e le proposte dell’annata dell’olio del 2018? Raccontateci quelle che preferite e sceglierete per la vostra tavola.

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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