Brutte notizie per i vegani: anche le piante soffrono. Siamo abituati a pensare al mondo vegetale come ad un insieme di organismi passivi, con un livello di complessità decisamente basso, ma così non è. Le piante comunicano, reagiscono allo stress, usano sofisticate strategie per risolvere problemi complessi, arrivano a memorizzare e a imparare, hanno una vivace vita sociale e, fuor di metafora, sono dotate di cervello, o almeno di qualcosa di simile. A dirlo non siamo noi, pur ammettendo di aver parlato qualche volta con il ciclamino in terrazzo, ma è Stefano Mancuso, direttore del laboratorio di neurobiologia vegetativa (Linv) di Firenze e una delle massime autorità mondiali in materia.
Se non avete ancora letto il suo libro: Verde brillante (scritto con Alessandra Viola per Giunti), vi siete persi un sorprendente rovesciamento di prospettiva: noi animali siamo davvero gli esseri più evoluti sul pianeta? Qual è il confine tra essere senziente e non senziente? E tra vita e non vita?
E di tutto ciò che vive, fanne entrare due nell’Arca…
La nostra visione delle piante, così introduce Mancuso, è basata su millenni di concezioni religiose, filosofiche e scientifiche che tendono a sottovalutare il mondo vegetale. Nella Genesi, Dio ordina a Noè di portare sull’arca una coppia di ogni creatura “che si muove sulla terra”. Nessun accenno alle piante, eppure fu proprio un ramo d’ulivo ad annunciare ai sopravvissuti la fine del castigo divino. Aristotele, il cui pensiero continuò ad influenzare la cultura occidentale per lungo tempo, dovette ammettere che anche le piante possedevano un’“anima”, ovvero che erano dotate della peculiarità di senso e di movimento, ma si limitò a definirla un’anima di basso livello.
Darwin: ogni organismo è all’apice della propria evoluzione
L’osservazione scientifica porta a nuovi approcci, a cominciare dal “grande classificatore” Linneo (1707-1778), che descrisse il sistema sessuale delle piante e arrivò ad affermare che anche il mondo vegetale “dorme”. Ma per un completo cambio di paradigma bisogna aspettare Darwin. Quando uscì l’Origine delle specie nel 1859 era ancora diffusa l’idea rinascimentale riassunta nella Piramide dei viventi di Charles de Bovelles del 1509. Secondo questa classificazione gerarchica, le piante hanno un unico attributo in più rispetto ai minerali: esse vivono, ma non sentono (animali) e non comprendono (uomo). Darwin invece mise la questione in altri termini: non esistono esseri più o meno evoluti, perché tutti gli organismi presenti sulla terra sono all’apice del proprio ramo evolutivo.
La forza sta nella differenza
Ne Il potere di movimento nelle piante, il grande naturalista britannico affermò anche che nell’apice delle radici c’è qualcosa di simile all’analogo vegetale di un cervello. Ma è proprio così? Stefano Mancuso passa in rassegna diversi aspetti che caratterizzano i vegetali: dalla loro presenza sul pianeta (di molto, molto, ma molto antecedente all’uomo) alla loro stanzialità, fino all’evidenza della loro capacità di sentire, di muoversi e di comunicare. Ma l’autore ci avverte anche che non intende convincerci di quanto piante e animali siano uguali, ma piuttosto di quanta sorprendente ricchezza vi sia nelle differenze, molte volte a indiscutibile vantaggio del mondo vegetale.
Paramecio vs euglena: la cellula vegetale si gioca una carta in più
Il confronto parte dal minimo comune denominatore della vita: la cellula. Il paramecio e l’euglena sono due organismi unicellulari molto simili, il primo è un protozoo, il secondo appartiene ai vegetali. Entrambi si muovono per procurarsi “cibo”, entrambi si riproducono, entrambi sono attraversati da segnali elettrici che trasmettono informazioni. Due primordiali meraviglie del creato che ci raccontano molto sull’inizio della vita. Ma tra i due, è l’euglena a giocarsi una carta in più: sa fare la fotosintesi, e questo la rende, come diremmo oggi, più “skillata” del protozoo.
Intelligenza delle piante: legami di famiglia e sensi raffinati
L’approccio scientifico di Mancuso ci frena dal dubitare di alcune affermazioni che hanno dell’incredibile. Come quando racconta che le piante sono in grado di riconoscere i “parenti”. Pare proprio che i vegetali abbiano dei legami di famiglia. Nel suo sforzo per la conquista del terreno, ad esempio, la pianta riduce l’energia utilizzata normalmente per espandere le radici e lascia spazio alle “sorelle” della stessa specie. Per ognuno dei cinque sensi, inoltre, l’autore ci porta alla scoperta di un mondo sorprendente. Le piante vedono la luce, percepiscono e distinguono tramite le radici i differenti gradienti chimici nel terreno, usano gli odori per comunicare fra di loro e con gli animali di cui si servono per l’impollinazione. Alcune, infine, come la Mimosa pudica, ritraggono timidamente le foglie al tocco e altre, le “carnivore”, si chiudono per intrappolare un insetto al passaggio.
I veri dominatori del pianeta
Come potrebbero fare tutto questo senza una qualche forma di intelligenza? Nell’ultimo capitolo Mancuso affronta l’argomento più difficile da digerire, per noi homo sapiens sapiens abituati a sentirci sempre in cima alla piramide evolutiva. Darwin era convinto che non ci fosse una differenza sostanziale tra il cervello di un verme, o di qualunque altro animale inferiore, e la radice di una pianta. Le sue osservazioni sulla capacità delle radici di reagire all’umidità, alla luce e persino alla gravità diedero il via a quella che un secolo più tardi venne chiamata The root-brain Hypothesis. Del resto è sufficiente pensare che il 99,7% della biomassa della Terra è rappresentato da vegetali, e tutti noi ormai sappiamo che le piante potrebbero sopravvivere benissimo (forse meglio) anche senza di noi. Chi sono dunque i veri dominatori del pianeta?
Uomini che amano (e mangiano) le piante
Ma qui, su questa testata, parliamo di cibo e perciò cosa significa tutto questo? Che dovremmo chiedere scusa all’insalata quando la tagliamo o sentirci in colpa quando mangiamo un carciofo? Certamente no. Ma magari provare a fare pace con il posto che occupiamo nella catena alimentare e recuperare un rispetto meno ideologico e più naturale verso il mondo che ci circonda, questo forse sì.
Internet e robotica: lasciamoci ispirare dalle piante
Per concludere, se volete sapere quali analogie vi siano tra l’apparato radicale delle piante e internet e perché dovremmo ispirarci al mondo vegetale per costruire robot guardate questa Ted Conference di Stefano Mancuso. Dura poco più di 10 minuti e ne vale davvero la pena. Per altre incursioni del Giornale del Cibo nei segreti delle piante leggete anche Mangiare le piante significa anche comunicare con loro?.