Glifosato Cancerogeno o no? L’Europa prende tempo
L’Europa ha deciso di non decidere. Mesi di battaglia, di analisi, di studi sulle analisi, di proposte e di proteste hanno condotto a una decisione che per il momento scontenta tutti: sul glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, brevetto Monsanto, non è detto se e quando si sentenzierà. Se e quando verrà rinnovato il brevetto del composto chimico oggi al centro di una mobilitazione internazionale per la sua presunta tossicità ma anche di una battaglia scientifica e politica tra enti. L’ennesimo capitolo è stato una conferma delle puntate precedenti: i 28 Stati dell’Ue, chiamati il 6 giugno a decidere se attendere o no ulteriori indagini o emettere il verdetto visto che la scadenza è fissata al 30, ancora una volta non si sono accordati.
In ballo c’era dunque affidare all’agenzia europea per i prodotti chimici, l’Echa, un dossier sulla pericolosità del prodotto, che è un brevetto Monsanto: nell’estate del 2017, secondo questa soluzione prospettata dalla commissione europea, acquisito il parere dell’Echa si saprebbe se e per quanto l’autorizzazione del discusso diserbante sarebbe rinnovata, con buona pace in questo caso del milione e mezzo di firmatari della petizione che lo vorrebbe eliminare, di cui quasi il 10 per 100 italiani. Pareva ormai la strada condivisa, ma il Paff, il comitato della Ue che si occupa di alimenti e mangimi, non ha trovato l’accordo. Non c’è la maggioranza qualificata, dunque si va avanti al buio.
Glifosato Cancerogeno o no? Il Dilemma
Una decisione politica
Il commissario per la Salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis aveva annunciato di non voler influire sulla decisione dei singoli Stati membri, ma la sua preferenza, quella per il rinvio, avrebbe dovuto pesare. E invece ha pesato di più la maretta agitata da otto dissidenti tra i quali l’Italia (si sono astenuti anche Francia, Germania, Austria, Grecia, Portogallo e Lussemburgo, mentre Malta ha votato contro). Più persino dell’ingombrante presenza della Gran Bretagna, che al glifosato pare non voler rinunciare e con l’imminente referendum sulla Brexit attua una involontaria pressione sull’Europa. Di sicuro la battaglia è politica, e giocata in un delicato terreno tra due fronti: chi ha deciso di combattere contro l’erbicida e chi, sostenuto da interessi di lobby, ritiene che la sostanza non sia da proibire.
La proroga
L’autorizzazione del composto chimico alla base del glifosato, concessa nel 2002, è scaduta lo scorso dicembre e beneficia di una proroga sino al 30 giugno. A quel punto se non succedesse nulla sparirebbe automaticamente dal mercato, mentre al contrario l’autorizzazione potrebbe essere decisa d’imperio dalla Commissione. “E’ vero che non c’è stata maggioranza qualificata”, ha detto un portavoce, “ma questa è una responsabilità degli Stati e non è possibile nascondersi dietro la Commissione. Gli Stati membri hanno preso la loro decisione e noi la osserveremo nel collegio dei commissari di Strasburgo”. L’autorizzazione, se approvata, dovrebbe durare 15 anni, ma su questo dato è in atto da settimane un balletto: l’Ue ha proposto sulle prime 9 anni, salvo scendere a 7 dopo il no deciso di alcuni Stati. Un pasticcio internazionale, la cui matrice politica ed economica è piuttosto chiara.
Cos’è il glifosato
Da mesi ormai è diventata parola di dominio pubblico, anche grazie alle massicce campagne per la sua eliminazione: si tratta di una sostanza introdotta negli anni Settanta dalla Monsanto, che dal 2001 non ne detiene più il brevetto ma guida comunque la commercializzazione dei prodotti. Anche detto glifosate, per la prima volta entrò in commercio nel ’74, anno dell’uscita di Roundup, il celebre erbicida utilizzato sia in agricoltura che in ambienti urbani, mentre dal 2011 il suo utilizzo è libero da vincoli. Essendo comunque, nonostante il brevetto non sia più suo, una punta di diamante della Monsanto, è all’erbicida, soprattutto, che punta la Bayer, l’azienda chimica e farmaceutica tedesca che ha fatto una maxiofferta alla multinazionale statunitense: 62 miliardi di dollari per rilevarla e aumentare la presenza tedesca sul mercato agricolo. Secondo lo studio di una società di ricerca Usa, nel 2012 sono state vendute nel mondo 718.600 tonnellate di glifosato.
La disputa sulla tossicità
Al parere dell’Echa, quello proposto dalla commissione e non accolto dal Paff, si arriva dopo una vera guerra di analisi, che ha alimentato i sospetti su dossier controversi. Era l’inizio del 2015 quando l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Oms ha classificato il glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”. Sembrava già abbastanza, ma a novembre ecco l’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sconfessare il primo report ha espresso una valutazione opposta: “E’ improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il Dna) o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo”. Lo scorso 16 maggio infine il Joint Meeting on Pesticides Residues (Jmpr), un panel di esperti che fa capo a Oms e Fao, ha spiazzato tutti: «E’ improbabile che l’esposizione al glifosato tramite la dieta ponga un rischio cancerogeno per l’uomo». In mezzo una serie di analisi e dossier più o meno ufficiali, che attestano la presenza del composto in un gran numero di alimenti. E dunque nel corpo umano: qualche settimana fa ne sono state trovate tracce nelle urine di tutti e 48 gli europarlamentari prescelti per questo test.
La posizione dell’Italia
E l’Italia? E’ insieme alla Francia il Paese che più ha protestato contro l’eventualità della proroga, e l’ultima presa di posizione di Bruxelles lo conferma: l’astensione è valsa come un voto contrario. Se Oltralpe sono ancora più duri e annunciano di voler bandire il prodotto, l’Italia ha presentato col ministro dell’Agricoltura Martina il piano Glifosato zero. Ed è anche, sul versante della società civile, il più attivo nel comitato #stopglifosato: ben 110mila firme, che saranno inviate a Bruxelles, attestano un generale malumore verso il pesticida, contro il quale 45 associazioni ambientaliste hanno fatto cartello costituendo un tavolo permanente.
“No all’autorizzazione del glifosato, sì all’applicazione immediata del principio di precauzione”, si legge nell’ultimo comunicato del tavolo, e si tratta di una vera dichiarazione di guerra. Il comitato si appende alle notizie provenienti dall’Ispra, l’istituto per la protezione e la ricerca ambientale: nelle acque italiane superficiali e sotterranee ci sono 224 pesticidi, tra i quali ovviamente il glifosato. Una contaminazione diffusa e crescente che coinvolge il 63,9% delle acque superficiali e il 31,7% di quelle sotterranee. Come ha sottolineato la portavoce del tavolo Maria Grazia Mammuccini “sono dati superiori a qualsiasi aspettativa, che mostrano come la salute dei cittadini e dell’ambiente sia a forte rischio”.
E adesso?
La Commissione potrebbe prendere una decisione autonoma, lo può fare: rinnovare d’imperio l’autorizzazione oppure lasciar trascorrere la scadenza. O, infine, affidare comunque all’Echa il parere: chiaro che nell’anno necessario ad acquisirlo i prodotti continuerebbero a circolare. Il mercato globale di questo diserbante valeva nel 2011 5,4 miliardi di dollari ed entro il 2019 dovrebbe raggiungere gli 8,8 miliardi. Slow Food Italia ha commentato immediatamente l’ultima decisione di Bruxelles: “Per la terza volta – sostiene il presidente Gaetano Pascale – gli Stati membri hanno perso un’occasione per esprimere il loro no al rinnovo dell’autorizzazione del glifosato.
La mancanza di unità tra gli Stati e in alcuni casi anche al loro interno è un chiaro segno della necessità di una riflessione sull’uso di questa sostanza”. Franziska Achterberg di Greenpeace rincara la dose: “Finché non ci sarà un chiaro divieto a livello europeo, continueremo a vivere in un mondo che viene inondato con un erbicida che è anche un probabile cancerogeno”. E Federica Ferrario, di Greenpeace Italia: “È scandaloso, ma purtroppo non così insolito per la Commissione tenere sul mercato pesticidi pericolosi dopo la scadenza della licenza”.