Carnevale in Brasile: storia, tradizioni e piatti della festa più colorata dell’anno

Giulia Ubaldi
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    Il Carnevale brasiliano è uno dei più importanti e noti del mondo. Ma siete davvero sicuri di sapere che cosa succede e cosa si mangia a Carnevale in Brasile? Se vi state chiedendo se c’è una specialità tipica carnevalesca, sappiate che la risposta è negativa: in questo periodo si mangiano esattamente le stesse pietanze che si mangiano durante tutto l’anno. Cogliamo quindi l’occasione di questa festa per parlarvi dei piatti tipici in Brasile e che cosa non manca mai in una casa brasiliana. Ma non senza prima avervi raccontato qualcosa sulle usanze e tradizioni del Carnevale. Lo facciamo ancora una volta grazie a Enrico e a sua mamma Fernanda Bocconi Azadinho, autrice del libro Sabor Brasil, di cui vi avevamo già parlato a proposito del manjar branco a Capodanno

    Storia, cultura e tradizioni del Carnevale brasiliano

    Il Carnevale di Rio de Janeiro è senza dubbio la manifestazione più importante e attesa in tutto il Brasile e anche la più conosciuta al di fuori del Paese. Si festeggia il martedì grasso, che a Rio è anche festa nazionale, e si conclude il mercoledì delle ceneri, che coincide con l’inizio della Quaresima. Ovviamente, però, si tratta di un evento che si festeggia in tutte le regioni del Brasile con varie differenze, anche se ci sono alcune origini storiche comuni

    Secondo le nostre fonti, il primo festeggiamento associato al Carnevale un po’ in tutto il Brasile è stato l’Entrudo, ossia l’inizio delle festività legate all’entrata in Quaresima, importato dal Portogallo nel XVIII secolo. Durante questa occasione, si usava bagnare i passanti con acqua, aceto o vino e poi cospargerli di farina o calce. In passato questa usanza è stata più volte proibita, fino a scomparire completamente all’inizio del XX secolo. Ma non del tutto: infatti, ci racconta Fernanda, restano reminiscenze innocenti di questo gioco, principalmente tra i bambini, come il buttarsi l’acqua addosso con la bisnaga (la borraccia allungata e sottile) e il classico lancio di coriandoli e stelle filante, forse davvero presente tutto il mondo.

    Solo a partire della metà del XIX secolo nascono i primi veri bailes de carnaval, ossia i famosi balli di Carnevale in locali pubblici e case di spettacolo, ispirati alle feste in maschera europee. Ma nel corso degli anni i travestimenti e le maschere si sono un po’ ridotti, forse anche per il caldo, perché ricordiamo che lì in Brasile il Carnevale si festeggia con temperature molto alte, non è mica inverno come da noi! 

    All’inizio del XX secolo assistiamo alla nascita dei cordões o ranchos, che consistono in gruppi di persone travestite che ballano e suonano durante le festività del Carnevale. In particolare, i cordões di Rio hanno reso molto famose le le cosiddette marchinhas ancora prima della radio, che sono canzonette carnevalesche con testo molto semplice e facili da memorizzare, con ritmo scandito dalla percussione. Nel 1899 è stata incisa la prima marchinha de carnaval, intitolata Ó abre alas. “Ma fino ad allora si cantava davvero di tutto a Carnevale, anche l’opera”, continua Enrico. 

    A.PAES/shutterstock.com

    Successivamente il Carnevale assume una nuova forma: i cordões vengono sostituiti dalle escolas de samba (scuole di samba) – oggi sinonimo del Carnevale nel centro-sud del Brasile – nate nelle periferie di Rio de Janeiro, dove si trovavano la maggior parte dei migranti, spesso in condizione di povertà assoluta. L’obiettivo della nascita di queste escolas, infatti, era quello di diffondere musica e balli della tradizione africana: “all’inizio infatti venivano quasi sempre represse dalle forza dell’ordine” ci racconta Fernanda. La prima escola de samba è la “Deixa falar”, diventata poi la “Estácio de Sá” (nome del rione), fondata nel 1928 da Ismael Silva, grande compositore di samba. La scelta della denominazione escola (scuola), ispirata alla prossimità della scuola dell’obbligo del quartiere, ha conferito il titolo di professor o mestre ai musicisti. Un po’ alla volta le escolas de samba si sono trasformate in società ricreative la cui principale finalità è competere nelle sfilate di Carnevale, e sono state ufficializzate nel 1935. Negli anni Settanta le sfilate sono state spostate nelle principali vie del centro di Rio e San Paolo, dove tuttora si realizzano importanti sfilate sempre a tema musicale legato alla samba. 

    Nella parte nord-est del Paese, invece, le feste di Carnevale si svolgono tutte solo per strada e non anche nei centri ricreativi come le escolas. A Bahia, ad esempio, esiste il trio elétrico, un enorme camion equipaggiato con strumenti musicali e altoparlanti che coinvolge e trascina la popolazione cantando e ballando in corteo per le strade della città. A Pernambuco, di cui vi parleremo anche a proposito di un piatto, c’è il famoso Carnevale di Olinda (Ó linda” significa che bella), una splendida cittadina situata su una collina alla periferia di Recife. Il Carnevale di Olinda è famoso in tutto il mondo per le sfilate dei Bonecos de Olinda, delle bambole colorate alte più di due metri, che scendono in strada insieme ai partecipanti.

    A Recife, invece, ecco il frevo, che consiste in una una serie di spettacoli con musica e danza che avvengono per le strade ed è riconosciuto come Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’Unesco. Prende il nome da ferver, cioè “bollire”, probabilmente dovuto all’effervescenza dei festeggiamenti per strada e al ritmo dei balli. E pensate che nel 2007 il frevo ha compiuto ufficialmente 100 anni!

    Poi ci sono altre grandi feste di strada a São Luís do Paraitinga, Diamantina, Ouro Preto, Manaus, Fortaleza e Florianópolis, e festeggiamenti per tutto il territorio, ognuno con le sue peculiarità e le sue caratteristiche regionali. Insomma, potremmo parlare all’infinito di questa festa, ma ora è arrivato il momento di parlare di cibo: che cosa si mangia a Carnevale? 

    Piatti tipici del Brasile a Carnevale (e non)

    Anche la scrittrice Roneide Gonzaga, laureata in gastronomia e specialista in cultura del Pernambuco, sostiene che il Carnevale è un evento diverso dalle altre festività in cui è presente un piatto specifico, come ad esempio il pesce nella Settimana Santa o il tacchino a Natale. “Trattandosi di una festa profana, la tradizione del cibo finisce per non perpetuarsi molto, perché non è un momento di fraternizzazione a tavola, fuggendo dalla prospettiva che abbiamo delle feste sante, ma un giorno come tutti gli altri, dove si mangiano i piatti di tutti i giorni appunto” scrive in suo libro. Dunque, vediamo insieme quali sono e che cosa non può mai mancare in tavola in Brasile. 

    Batida de maracujá, il cocktail fresco di benvenuto

    Non possiamo non iniziare dal famoso aperitivo che non manca mai se siete invitati in una casa in Brasile, a base di pinga e maracujià. Pinga è come viene chiamata la cachaça, il distillato di mosto fermentato di canna da zucchero molto diffuso in Brasile (al suo posto si può utilizzare anche la vodka). Maracujià, invece, come forse già saprete è il frutto della passione originario dell’America tropicale, che per questa bevanda dev’essere rigorosamente fresco. La batida si prepara sempre al momento di servire, con zucchero e ghiaccio tritato, in accompagnamento ad alcuni stuzzichini di benvenuto. 

    Pão de queijo, palline di formaggio

    Foto di Francesco Fraliga

    Il pão de queijo, letteralmente “pane di formaggio”, viene preparato con la fecola della manioca, una radice a tubero, alla base dell’alimentazione degli indios, ancora oggi molto consumata soprattutto nella parte nord-est del Brasile. La manioca è un ottimo sostituto della patata per innumerevoli piatti, tant’è che viene anche chiamata “il pane della terra” perché di questo prodotto si utilizza tutto, dall’alimentazione umana (e animale) a prodotti artigianali e industriali. Il pão de queijo ha origine nella regione del Minas Gerais, nel Sud-est del Brasile, ma ormai si è diffuso ovunque, anche in altre parti del mondo. La sua invenzione, scrive Fernanda, risale al XVIII secolo durante la colonizzazione della regione centrale del Paese: “in questo periodo, a causa della difficoltà di trovare prodotti importati, tra cui il grano, i colonizzatori hanno iniziato a utilizzare gli ingredienti locali per preparare i loro piatti, compreso il pane”. Per chi non avesse mai avuto la fortuna di provarle, si presentano come delle piccolissime palline al formaggio, uova e latte, cotte al forno, da gustare calde come aperitivo. 

    Coxinha de galinha, coscette di gallina

    Marcelo_Krelling/shutterstock.com

    La coxinha è uno degli antipasti più apprezzati in Brasile e significa “piccola coscia di pollo o di gallina”. Pare sia stata “inventata” nel XIX secolo per assecondare i capricci del figlio della Principessa Isabel e di Conte D’Eu, che voleva mangiare soltanto le cosce del pollo, anche quando non ce n’erano. Ricordano moltissimo i nostri arancini, anzi, a un primo sguardo non attento potrebbero sembrare identici. Ma in realtà c’è una differenza: non è presente il riso, ma si preparano con un impasto di burro, farina, uova, latte e brodo di pollo. Il ripieno classico è a base di carne di pollo, aglio, cipolla, peperone, prezzemolo e passata di pomodoro, ma si può fare anche di verdure. Entrambe le preparazioni – coxinha e arancini – vengono impanate con uova e pangrattato e infine fritte. Siccome si tratta di una ricetta lunga ed elaborata, Fernanda consiglia di prepararne in quantità e congelarle crude, se non addirittura fritte.

    Beiju de tapioca, le crespelle di tapioca

    Marcelo_Krelling/shutterstock.com

    Che si tratta di un piatto ereditato dalla cultura indigena lo dimostra già un testo del 1618, dove lo scrittore Ambròsio Fernandes Brandão ne parlava nei Diàlogos das Grandezas do Brasil: “al posto del pane, in tavola si portava una crespella di tapioca farcita con cocco fresco grattugiato” scrive. Si tratta quindi di una crespella preparata appunto con tapioca in granuli, che si ottiene dalla radice della manioca, di cui vi abbiamo già parlato prima. Una volta pronta, si presenta a forma di disco, proprio come una crepes, leggermente salata, tostata, farcita e piegata su se stessa per creare una mezzaluna. Le beiju de tapioca in cucina sono molto versatili, come racconta Fernanda: “il sapore neutro consente di farcirle sia con ripieni salati che dolci… proprio come il pane! Anche se l’abbinamento più diffuso è rimasto quello con il cocco fresco”. Ma oggi si trovano anche con carne essiccata, pollo, formaggio o solo burro. Sono un piatto talmente popolare che ci sono appositi locali che le vendono, chiamati tapiocarias con le tapioqueiras, ossiua le donne che preparano la tapioca. Sono diffusi soprattutto nella parte nord e nord-est del Brasile e sulle spiagge di Rio de Janeiro: pensate che nel 2006 la crespella di tapioca è stata nominata Patrimonio Culturale Immateriale della città di Pernambuco!

    Barreado, dal nome della pentola in cui si cucina, il barro

    tmalucelli/shutterstock.com

    Il barreado è forse l’unico piatto che possiamo collegare al Carnevale. In origine, infatti, veniva preparato proprio in questo periodo, nelle cosiddette quattro notti di Carnevale, e poi consumato mentre si ballava il fandango. Di base si tratta un piatto povero, a base di manzo, pancetta, pomodoro, cipolla e spezie: la carne è disposta a strati in una pentola di terracotta – il barro appunto, da cui il nome – e cotto per 24 ore a fuoco lento; poi viene servito in tavola con vari tipi di frutta, come banane e arance. Oggi le cose sono cambiate: il barreado si mangia in qualsiasi momento dell’anno ed è presente nel menu di pressoché ogni ristorante, soprattutto delle località balneari di Paraná nel Brasile sud-orientale e di Bahia, nella parte nord-orientale.  

    Feijoada, il piatto nazionale per eccellenza

    Foto di Francesco Fraliga

    È il piatto nazionale per eccellenza, l’icona della cucina brasiliana, quello che si trova ovunque in un’infinità di versioni. Come nessun altro, infatti, racconta la storia del Brasile, in quanto risultato delle fusioni delle abitudini alimentari europee con prodotti locali come il fagiolo nero. “Il riso, portato da portoghesi, e i fagioli, solitamente cotti a lungo, sono la base dell’alimentazione in Brasile, come la pasta in Italia” racconta Fernanda. Infatti, sono gli unici due ingredienti che sono sempre presenti in tavola e che ogni volta vengono abbinati in modo diverso a seconda della regione. Fernanda scrive che è una sorta di reinterpretazione del cassoulet francese, della cassoeula lombarda e del cozido portoghese…

    Cozido, il bollito brasiliano

    Questo piatto arriva come molti altri dall’Europa, dove ci sono una infinità di preparazioni che prevedono una lunga cottura di carni e verdure, come quelli che come abbiamo visto hanno ispirato la feijoada. Il cozido però non tradisce troppo le sue origini e si differenzia solo per l’aggiunta di alcuni ingredienti locali, come la patata americana, la manioca o il platano. Si tratta di un bollito, di solito a base di vitello o manzo (in particolare si usa la polpa, come per il boeuf bourguignon) che cuoce a lungo con salsiccia, costine di maiale, pomodori, cipolla, aglio, alloro, prezzemolo, peperoncino, patate, carote, verza, cavolo nero, zucca e, appunto,la patata americana, il platano (si possono utilizzare anche banane tipo chiquita) che si aggiunge alla fine, la manioca, e leddoe e l’yam, che sono radici tuberose della stessa famiglia della manioca, che hanno origini asiatiche e sono state introdotte in Brasile con gli schiavi africani. Fernanda ci assicura che sono buonissimi serviti lessati tiepidi con miele o melassa per colazione, come facevano gli indios con la manioca. Sono anche ottimi sostituti della patata nelle minestre, oppure lessati e poi fritti a fettine, ma si utilizzano anche in altri piatti in umido, pane, torte e dessert. Infine, il cozido, proprio come la feijoada, viene servito in accompagnamento al riso. 

    E voi, conoscevate le tradizioni del Carnevale brasiliano?


    Immagine in evidenza di: by America/shutterstock.com

    Antropologa del cibo, è nata a Milano, dove vive e scrive per varie testate, tra cui La Cucina Italiana, Scatti di Gusto, Vanity Fair e le Guide Espresso. Il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!"

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