Betto e mary

Adriana Angelieri

Se a Roma chiederete di una bella trattoria come quelle di una volta, “de core” e senza grilli per la testa, vi sentirete puntualmente rispondere è che si sono estinte. A smentire tanto pessimismo c’è “Betto e Mary” al Tuscolano. Qui l’ambiente fa sentire molto il suo peso, perciò va affrontato con lo spirito giusto e solo se si ha voglia di rusticità romanesca a tutto tondo. Gli osti non rinunciano al folklore caciarone di una stornellata con la chitarra, somministrano qualche strapazzatina ai clienti sulle orme della Parolaccia, impongono il deposito delle cravatte all’ingresso del locale perché è vietato sedersi a tavola indossando questo accessorio ritenuto troppo borghese. Il locale si rivolge al popolo ignorante, anche per questo si mangia tutti insieme in lunghe tavolate con pochi i turisti perché siamo veramente fuori mano. Si inizia con insalata di nervetti lessi, cimette di broccolo fritte, coppiette di cavallo, supplì, crocchette, filetti di baccalà. Tutti presenti i primi della tradizione molti dei queli serviti nelle scifelle di legno: rigatoni cacio e pepe, pasta alla carbonara, alla matriciana, con la pajata, gramiccia (fettuccine sottili) con animelle carciofi e noci o con sugo di coda. Seguono i secondi ce noantri: pajata alla cacciatora, coratella di abbacchio, involtini di cavallo, abbacchio a scottadito, arrosticini di pecora, scamorza alla brace, carni alla brace. Dolci della casa. Prezzi popolari.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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