Dieci cose da sapere sullo smørrebrød danese

Giulia Ubaldi
2 minuti

     

    Se andate a Copenhagen, non potete tornare senza aver mangiato almeno una volta uno smørrebrød. Si tratta, infatti, della specialità culinaria danese per eccellenza, una sorta di panino aperto che si può preparare con un’infinità di ingredienti e che ormai si trova in tantissimi ristoranti. Ma in realtà è molto di più di un semplice panino: è il simbolo della Danimarca, una rappresentazione tangibile della sua storia, della sua terra e del suo popolo; è un viaggio culinario attraverso i suoi prodotti, un’espressione della sua cultura e della sua evoluzione, oltre che la prima cosa di cui i danesi sentono la mancanza quando sono lontani. Ve ne parliamo oggi grazie a due guide speciali: Nathalie e Claus Andersen, due danesi doc grandi appassionati  conoscitori (e consumatori!) di smørrebrød. 

    Smørrebrød danese: la specialità culinaria simbolo 

    Foto di Giulia Ubaldi

    Ci sono dieci cose da sapere sullo smørrebrød, ma prima dobbiamo iniziare da un concetto generale che permea la cultura danese e di cui lo smørrebrød fa ovviamente parte: l’hygge

    1. Hygge 

    In Danimarca qualsiasi cosa meglio che sia hygge. Si tratta di un concetto molto difficile da spiegare, ancor più da pronunciare, poiché racchiude moltissimi significati. Letteralmente si traduce come “benessere” e si può applicare a tantissimi aspetti della vita quotidiana che fanno stare bene: dalle candele di Natale ai mercatini, dalle serate con gli amici ai picnic, da un gløgg (vino rosso caldo) nel periodo natalizio a una birra fresca d’estate, o qualsiasi altro momento felice e di condivisione, così come una coccola intima per se stessi. Inutile dirvi che l’alta stagione hygge è a dicembre, quando tutti i balconi sono decorati con luci natalizie e le case piene di addobbi, dall’albero ai piatti, vista l’immensa importanza che i danesi danno al Natale. E se mangiate uno smørrebrød, state certi che è hygge! 

    2. Che cosa vuol dire? 

    Letteralmente smørrebrød vuol dire pane e burro. Smørre è il burro, che viene spalmato abbondantemente sul brød, o meglio sul rugbrød che è il tipico pane danese di segale di colore marrone scuro a pasta acida. Fino al XX secolo, infatti, in Danimarca si produceva solo questo tipo di farina. Su questi vengono poi aggiunti altre salse e ingredienti, ma vediamo prima qual è il suo legame con la storia generale del Paese. 

    3. Storia ed origine

    In origine lo smørrebrød era lo spuntino dei braccianti agricoli. Era composto appunto da una fetta di pane di segale, con sopra spalmato un po’ di burro, che da un lato nutriva e dall’altro aiutava a mantenere il pane fresco più a lungo. Successivamente, con l’industrializzazione, divenne il pasto degli operai che iniziarono ad aggiungere anche altri ingredienti, rendendo lo smørrebrød più vario ed elaborato, così come lo conosciamo oggi. Nel tempo continua ad evolversi in forme sempre più variegate e raffinate, facendo una vera e propria scalata sociale. È così che si diffonde anche tra le classi più abbienti fino ai ristoranti stellati. 

    4. Che cos’è? 

    Ma quindi che cosa si trova su questo pane e burro? Pensate che ci sono più di 200 combinazioni possibili e codificate di smørrebrød! Di base si preparano con le materie prime più diffuse in Danimarca, come le patate, le aringhe o il salmone e quasi sempre con una salsa di accompagnamento. Tra i più diffusi ci sono: salmone, limone e aneto; aringhe marinate e salsa al curry; anguilla e ravanelli; paté di fegato (leverpostej) e barbabietole; uova soda, maionese e gamberetti; pesce fritto e salsa tartare; roast beef e remoulade cosparso di cipolla fritta ed essiccata; e uno dei miei preferiti è quello con le frikadeller, ovvero le tipiche polpette di carne danesi (di solito un mix di maiale e vitello) e cipolla che si mangiano anche come piatto centrale con una salsa deliziosa e le patate lesse. 

    Foto di Giulia Ubaldi

    5. Importanza dell’equilibrio 

    Ma attenzione: tutti questi ingredienti non si possono affatto abbinare a caso! È giusto infatti seguire i propri gusti personali e anche un po’ di creatività, ma allo stesso tempo è molto importante fare attenzione all’equilibrio, sia dei sapori che delle texture. La cipolla fritta ed essiccata, ad esempio, è consigliata sul roast beef, ma non sull’aringa, mentre la cipolla rossa in agrodolce sta bene anche con il pesce, così come le verdure più dolci e delicate si sposano con l’aringa. Insomma, fate quindi attenzione a tutta questa versatilità e soprattutto non esagerate mettendone troppi. 

    6. Importanza dell’estetica 

    Un altro aspetto importante è quello estetico: uno smørrebrød dev’essere bello da vedere, oltre che buono da mangiare. In questo, ci insegnano molto quelli rivisitati che preparano oggi grandi chef di ultima generazione, come ad esempio da Falsterskyst di Pomle Nakke & Hesnaes Havn, uno dei migliori posti che ci sia appena fuori Copenhagen per gustare degli smørrebrød squisiti, meravigliosi e innovativi in riva al mare. 

    Foto di Giulia Ubaldi

    7. Dove si mangia? 

    Come vi abbiamo già anticipato, se in origine lo smørrebrød si mangiava come pasto sul luogo di lavoro, che fosse la campagna o la fabbrica, successivamente, con la sua diffusione, si mangiava soprattutto nelle case. Ma oggi sta vivendo ancora una nuova fase: infatti, essendo diventato un po’ di moda, è quasi più possibile e probabile trovarlo fuori, nei tantissimi ristoranti che hanno aperto, proprio dedicati allo smørrebrød. Oltre a quello che vi abbiamo consigliato fuori città, ce n’è uno in pieno centro a Copenhagen, che li prepara come si deve con ottime materie prime: Streckers, nel quartiere del nuovo porto Nyhavn (quello iconico delle casette colorate), ma prenotate prima se volete essere certi di trovare posto. 

    8. Quando si mangia? 

    È sempre il momento di gustarsi uno smørrebrød! Ma in realtà soprattutto a pranzo. Ricordiamo infatti che, per lo più nel periodo invernale, fa buio molto presto, quindi spesso si preferisce una cena rapida e leggera per andare a letto prima. Inoltre, è un piatto quotidiano e popolare, che si può mangiare anche tutti i giorni, ma non il giorno di Natale, quando invece sulle tavole danesi è più comune trovare il flæskesteg, una sorta di arrosto di maiale che costituisce uno dei piatti nazionali della sera della Vigilia di Natale.

    Foto di Giulia Ubaldi

    9. Che cosa si beve in accompagnamento? 

    Ci sono due bevande che non possono mai mancare con uno smørrebrød che si rispetti. La prima è la birra, che in Danimarca, così come in tutti paesi scandinavi, si beve più dell’acqua; la Tuborg, ad esempio, è danese. La seconda, invece, è lo Snaps, un distillato che si fa con le patate (l’ingrediente più prodotto in Danimarca) simile alla vodka o alla grappa, ma molto più aromatizzato con varie erbe e spezie. Si beve in piccoli bicchierini tipo “shot” e secondo le credenze danesi è un ottimo rimedio per l’hangover! 

    10. Convivialità e socialità 

    Infine, come forse vi sarete accorti, non da meno è l’aspetto sociale e conviviale dello smørrebrød: il bello è condividerlo con amici e parenti, far passare la ciotola con il rugbrød, il pane, e se si vogliono provare più combinazioni dividere una fetta con qualcuno. 

    Se lo smørrebrød vi ha ricordato un po’ le tapas spagnole o i cicchetti veneziani, non possiamo negare in effetti che si assomiglino molto, in quanto si tratta sempre di pane a cui vengono aggiunti ingredienti locali. E in questo caso lo smørrebrød è una perfetta versione scandinava, che attraverso ogni combinazione di prodotti racconta davvero tanto della cucina di questa terra. E a voi, sono venute in mente altre tradizioni simili?


    Credits immagine in evidenza: Artmim/shutterstock.com

     

    Antropologa del cibo, è nata a Milano, dove vive e scrive per varie testate, tra cui La Cucina Italiana, Scatti di Gusto, Vanity Fair e le Guide Espresso. Il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!"

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