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Ripartire dopo il coronavirus: la voce a 5 pizzaioli sulla riapertura

Giovanni Angelucci
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    Nonostante l’incertezza per il futuro e le numerose difficoltà, la tanta diffidenza e la paura, molte attività hanno deciso di rialzare le saracinesche con speranza e, soprattutto, impegno. Tra di loro ci sono le pizzerie a cui gli italiani sono particolarmente affezionati, sia per la pizza che è a tutti gli effetti un patrimonio tricolore, sia per tornare finalmente in quei locali che sono un po’ l’emblema della spensieratezza e della condivisione. Durante i mesi di lockdown, la pizza è stata forse uno dei piatti che più ci è mancato e che abbiamo provato a fare in casa, ma si sa, nessuna pizza è tanto goduriosa quanto quella mangiata in pizzeria.  

    Oggi, tuttavia, non vi forniamo la nostra classifica delle migliori pizzerie in circolazione (in caso voleste un consiglio, lo trovate in questo articolo per quanto riguarda la città di Milano). Abbiamo deciso, infatti, di dar voce ad alcuni pizzaioli molto conosciuti (e soprattutto molto diversi tra loro), per capire come se la stanno passando e cosa si aspettano nel prossimo futuro. 

    Ripartire (anche) con la pizza: la riapertura delle pizzerie 

    I 5 pizzaioli interpellati lavorano in diverse regioni del Paese, da Sud a Nord, scelti non solo per il loro ruolo da protagonisti in questo mondo, ma anche perché rappresentanti della pizza su territori differenti.

    Gino Sorbillo 

    Gino Sorbillo Pizzeria

    PizzeriaGinoSorbillo/facebook.com

    Chi non conosce il pizzaiolo napoletano più “mediatico” d’Italia? In ogni pizza che il giovane Gino Sorbillo impasta c’è un pezzetto del suo cuore, e questo è il motivo principale grazie al quale si deve il suo successo, anche oltre la qualità delle ottime creazioni.
    Gino è riuscito a costruire un impero di farina bianca e lievitazioni che oggi conta ben 270 dipendenti tra i cinque locali a Napoli, due a Roma, uno a Genova, e ben quattro a Milano (oltre alle pizzerie di Miami, Tokyo e New York). Non c’è bisogno del sottoscritto per immaginare le problematiche riscontrate durante questi ultimi mesi, e a questo proposito Gino ci racconta: “in realtà, abbiamo chiuso anche prima che scoppiasse il disastro. Dopo le prime settimane ci siamo resi conto che sarebbe andata per le lunghe e siamo stati assaliti da perplessità e paura. A Napoli, abbiamo iniziato a muoverci con il delivery dal 30 aprile e ci ha permesso di tirare un grande sospiro di sollievo, non tanto per i piccoli guadagni ma perché rivedere i forni in funzione ci ha dato un po’ di speranza, così come la felicità provata nel tornare nelle pizzerie dove trascorriamo la quotidianità. Non è stato facile superare quelle settimane e quei numeri irrisori. Una realtà nuova, sapevamo di andare incontro a uno scenario inquietante con cali del 70%”.

    Sorbillo ha riaperto giovedì 28 maggio, nonostante la produzione e gli incassi siano decimati: “non so se il Covid-19 possa andar via così come è venuto, o tornare a ottobre. Al momento ce la sto facendo grazie alla sospensione degli affitti e alla cassa integrazione, ma a essere sincero pensavo di ripartire meglio. In strada c’è il deserto, soprattutto a Milano! Nella pizzeria sul lungomare di Napoli sta andando abbastanza bene, nel centro storico bisognerà ancora aspettare. Dalle 600 pizze giornaliere siamo passati a 100, ci vorrà tempo”. 

    La Sorgente 

    Angelo Zulli

    lasorgentepizzeria/facebook.com

    Nel caratteristico borgo abruzzese di Guardiagrele, in provincia di Chieti, la famiglia Zulli è riuscita a diventare famosa negli anni con delle pizze da capogiro servite sotto l’insegna de La Sorgente. Non è infatti un caso che sia tra le migliori pizzerie d’Italia per le guide in circolazione e che arrivino prenotazioni anche da fuori regione. Non siamo però a Milano, tanto meno a Roma, e quindi le dinamiche innescatesi in un piccolo paese sono state diverse. “Siamo stati totalmente in blocco, i servizi di delivery non ci sono nella nostra piccola città e non me la sono sentita di farlo fare ai miei figli” ci spiega Arcangelo Zulli. Ma nonostante tutto, è particolarmente ottimista: ha riaperto il 24 aprile facendo asporto (è offerta anche l’opzione di una pizza romana in teglia “family” che con circa 15 € accontenta genitori e bambini, un modo per aiutare chi è più in difficoltà) e il 18 maggio con i coperti che normalmente ha nel suo ampio locale, in grado di ospitare fino a 140 clienti, rimasti tali grazie allo spazio a disposizione. “Continuo a ripetere alla mia famiglia che il problema è sanitario, poi sarà economico, ma il grave riguarda la sfera psicologica. Dobbiamo stringere i denti perché tutto si risolverà, ma in particolare dobbiamo curare la nostra mente e non lasciarci andare”. 

    La ripresa è parecchio lenta, al momento è stato eliminato il giorno di chiusura e aggiunta la possibilità di mangiare pizza anche la domenica a pranzo (normalmente solo alla sera). “Ciò che si riscontra nelle persone è la diffidenza, la gente vuole andare dove è sicura, bisogna riacquisire la loro fiducia. Motivo per cui ripeto al mio staff di dimenticare che vendiamo pizza: noi oggi vendiamo tranquillità e ottimismo”. Zulli ha adottato delle bustine da consegnare ai clienti in cui riporre le mascherine una volta accomodati al tavolo così da evitare di porle in tasca o chissà dove: piccoli dettagli che servono per fare davvero la differenza. La Sorgente è famosa per i suoi numerosi diversi impasti (romana croccante alla pala, lievito madre, farro, riempizza, ossia ripiena con brevetto registrato, o semola): tuttavia “al momento non abbiamo l’impasto realizzato con il farro per ridurre lo spreco alimentare. Le pizze rimarranno le stesse, ciò su cui mi concentro oggi è riuscire a ragionare con la testa del cliente, solo così possiamo farcela. Se siamo capaci di ridare fiducia, nel giro di un mese potremo tornare alla normalità, a relazionarci e a goderci la nostra pizza!”. 

    Marghe

    Pizzeria Marghe

    marghepizzaa/facebook.com

    Con due pizzerie su Milano (e altri format di successo dello stesso team come la pizzeria Giolina), Marghe è riuscita ad avere la fiducia di tantissimi e a diventare una delle pizzerie più frequentate della città meneghina. In mano ai due giovani soci Stefano Saturnino e Ilaria Puddu, è proprio quest’ultima che ci racconta lo stato dell’opera attuale: “i nostri brand hanno reagito per tempo all’emergenza Covid-19, strutturandosi nel giro di pochi giorni con il delivery. Io sono sempre stata contraria a questo tipo di attività perché trovo che vada a sminuire i prodotti di qualità, però, costretti dalla situazione, abbiamo deciso di inserirla in partnership con Deliveroo e Uber Eats. I risultati sono stati anche abbastanza positivi, la margherita di Marghe è stata tra i prodotti più venduti nel settore delivery a Milano”.  

    Questo ha tenuto l’attività in piedi registrando un -40% di fatturato rispetto al periodo pre-Covid, poi è subentrato anche il take away, ovviamente mettendo in sicurezza i locali e il personale. “Il 18 maggio abbiamo riaperto al pubblico nel rispetto di tutte le normative, ma la situazione non è migliorata in maniera significativa. Milano si sta svuotando, il delivery cala, molti uffici e attività sono ancora chiusi e tanti sono ancora timorosi di riprendere la vita di prima” racconta Ilaria. “Cerchiamo di affrontare tutto con positività, ma quello che ci aspetta sarà un periodo lungo e faticoso, con pochi aiuti da parte dello Stato. La nostra speranza è che piano piano si torni alla normalità, perché i locali prima dell’emergenza stavano andando benissimo, fin troppo! Ora lavoreremo per alzare ancora di più la qualità dei nostri menù e dei prodotti, concentrandoci sui costi per riuscire a fare comunque un minimo di utile. come siamo riusciti a fare anche ad aprile e a maggio” conclude la proprietaria. 

    La Piedigrotta 

    La Piedigrotta pizzeria

    lapiedigrottavarese/facebook.com

    Antonello Cioffi è conosciuto per le mirabili creazioni ben lontane dalle semplici pizze:  ad esempio, esalta il concetto di “pizza scomposta”, per cui attraverso la destrutturazione della pizza originale si ottiene un’esperienza del tutto nuova. Anche la sua pizzeria di Varese va ben oltre la semplice idea di pizzeria, tanto da essere anche una delle Krug Ambassade, perché non è raro imbattersi in abbinamenti sontuosi con lo champagne. 

    “Una situazione di tale impatto è arrivata del tutto inaspettata, avevamo concluso da poco un’opera massiccia di rinnovo dei locali e la speranza era di lavorare come prima (e anche di più) per compensare il periodo di chiusura e i costi ingenti dei lavori” racconta Cioffi. “Il primo pensiero è andato ai dipendenti e a come farci carico di garantire un’entrata nel momento in cui si è fermato il lavoro, quando ancora di cassa integrazione a carico della Stato non se ne parlava”. Una piccola impresa, tuttavia composta da 32 dipendenti e due soci, con un problema non semplice da affrontare. Appena è possibile è stato attivato un servizio di delivery, esperienza del tutto nuova nella Piedigrotta per la quale non esisteva alcuna organizzazione. “Per farlo come si deve, ho dovuto innanzitutto mettere a punto una nuova ricetta per l’impasto, così da adattare al meglio la pizza per essere trasportata nel cartone, preservandone piacevolezza e consistenza. Dopo alcune settimane il risultato è stato piuttosto positivo e soddisfacente, permettendomi così di far fronte, almeno in parte, ai costi di gestione. Ho iniziato a offrire questo tipo di servizio inizialmente solo come soluzione di compromesso, tuttavia constatando il successo, si sta configurando come un concept da mantenere e sviluppare”.

    Ma le novità non sono finite qui: “Ho anche sfruttato questo tempo per mettere a punto un nuovo menù degustazione, che definirei ‘neoclassico’ e che spero di lanciare al più presto. Il concetto alla base che mi ha guidato nella sua creazione è la ri-simbolizzazione in chiave moderna dei piatti tradizionali della cucina italiana e non solo, accostati a un buon calice dello champagne Krug più adeguato ai vari gusti”. Una piccola anticipazione: tagliatelle alla carbonara di pizza (tagliatelle di pizza con salsa di pomodoro giallo, cipolla di tropea caramellata in padella e guanciale croccante) e sushi di pizza (ossia, pizza in crosta di semi di papavero che abbraccia fior di latte del Gargano, coronato da pomodoro tombolino essiccato al sole). 

    “Riguardo all’immediato futuro, lo vedo particolarmente difficoltoso e ho poche speranze che si assista a un miglioramento netto in tempi brevi. Questa situazione critica renderà necessaria una sorta di ‘selezione naturale’, nella quale però trovo un grande stimolo a migliorare al massimo” spiega. E quanto al futuro meno immediato? “Mi trovo in accordo con l’affermazione di Ciccio Sultano, secondo la quale dopo questa emergenza ‘la cucina sarà più concreta. […] più cultura materiale, meno teatrini più sincerità, meno odio soprattutto’ . Si assisterà quindi a un profondo cambiamento nel panorama culinario”. 

    Berberè

    I fratelli Salvatore e Matteo Aloe sono ormai diventati protagonisti indiscussi della scena legata alla pizzerie italiane (e non solo). Berberè nasce nel 2010 e dal primo locale realizzato a Castel Maggiore (Bo), oggi è presente sul territorio italiano con 12 pizzerie (tutte hanno riaperto) a Bologna, Roma, Torino, Verona, Firenze, ben quattro a Milano e all’estero con 3 punti a Londra. “Siamo stati tra i primi a chiudere, anticipando di qualche giorno il decreto di marzo con l’obiettivo di tutelare la salute di tutti: dai driver ai nostri dipendenti, dai fornitori alla clientela. Dopo un mese dalla chiusura totale abbiamo ripreso con il delivery, più per rimettere in moto le nostre sane abitudini e cercare di stare vicini alla clientela” racconta Salvatore.

    Berberè pizzeria

    Foto di Alberto Blasetti/albertoblasetti.com

    L’utilizzo del delivery era già un processo in crescita per la ristorazione, questo periodo lo ha semplicemente  accelerato di parecchio, sia per i clienti che per i ristoratori. A questo proposito, Salvatore spiega: “sono convinto che di questo trend qualcosa rimarrà nelle abitudini, motivo per cui abbiamo deciso di perfezionarne la modalità di fruizione e, soprattutto, investito per migliorare la qualità dell’esperienza a casa, inserendo un cartoncino ondulato all’interno della box d’asporto che consente di mantenere la pizza più fragrante. Il delivery sarà per noi sempre qualcosa da aggiungere all’esperienza al ristorante, da sostituire con una esperienza a casa, perché noi non vendiamo semplicemente pizze, ma tempo libero, ovvero il  piacere della convivialità in luoghi belli e accoglienti”. 

    Nel futuro prossimo Berberè punterà sulla maggiore digitalizzazione: la tecnologia digitale è infatti un mezzo importante e di grande aiuto quando si tratta di gestire al meglio i flussi di persone. Spiegano che  stanno studiando il modo migliore per facilitare l’acquisto online, attraverso un sistema evoluto che permetterà di scegliere e pagare i prodotti sul sito e prenotare l’orario per il take away. “Credo che dopo questa crisi la sensibilità verso l’ambiente esploderà: con quale senso di responsabilità vengono prodotti gli alimenti? Quali tracce lasciamo sul terreno per produrli? Sono domande alle quali sempre più clienti vorranno delle risposte valide. Qualità che noi abbiamo sempre associato all’accessibilità: il nostro scontrino medio è 15,60 €, che è un prezzo accessibile, anche se ci sono e ci saranno persone e famiglie che non potranno permetterselo purtroppo. Ciò nonostante, non credo che si debbano schiacciare i prezzi, scegliendo materie prime scadenti o lo sfruttamento di manodopera e terreni” conclude Aloe.

     

    Queste sono solo alcune delle valide realtà italiane legate alla pizza tricolore. Voi siete già tornati nelle vostre preferite?

    Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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