Osteria dell’oca bianca

Adriana Angelieri

di Roberto Barat

Oca, oche e poi ochette. Dappertutto, in tutto il ristorante. Pupazzetti a forma di oca, statuine a forma di oca, piatti con oche dipinte. Ma se avete simpatia per il pennuto, evitate questa osteria. Perché l’oca, naturalmente, è presente, sempre, in menù. Che sia solo la classica scaloppa di foie gras (capita quando non è stagione) oppure una tradizionale cassouela d’oca (che richiama il simile piatto a base di verze e le parti meno nobili, si fa per dire, del maiale) l’oca qui trova sempre spazio, ahilei, in cucina. Ma naturalmente non ci sono solo piatti a base d’oca in menù. Che anzi segue le stagioni per raccontare un territorio ben ricco di piacevoli golosità- Piacevoli e piemontessissimi antipasti (insalata russa, vitello tonnato, battuta di carne cruda, tra gli altri), e primi e secondi interessanti (cambiano abbastanza spesso), buona scelta di dessert. Nota di merito alla carta dei vini, in cui l’imbarazzo della scelta non manca, e un bravo anche per la gentilezza e disponibilità dei titolari che, tra l’altro, alla richiesta di un piatto di pasta al pomodoro per i bambini non fanno una piega e te lo consegnano bello fumante accompagnandolo con gradito sorriso. Conto onesto e rapportato alla qualità della cucina. Sui 30/35 euro, vini esclusi naturalmente.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

Lascia un commento