di Alex Castelli.
Il cardo è una pianta erbacea invernale della stessa famiglia delcarciofo, ortaggio con cui condivide la comune discendenza dal cardo selvatico. Viene coltivato per le costole carnose delle foglie e per i piccioli. Il nome scientifico è Cynara Cardunculus, ma è familiarmente detto anche carciofo selvatico, gobbo, carduccio, cardo spinoso. Il sapore è amarognolo, simile a quello del carciofo, e la consistenza del gambo è piuttosto dura. Per ottenere cardi non troppo amari né duri bisogna usare alcuni accorgimenti nella coltivazione. Esporli poco alla luce ne diminuisce l’amarezza e schiarisce il colore (infatti la tecnica è chiamata “imbianchimento”), lasciarli colpire dalle gelate di fine autunno ne intenerisce il gambo. Quindi quando li acquistate preferite quelli più chiari e compatti, che saranno più morbidi e dolci. I cardi migliori hanno un bel colore bianco avorio. Inoltre non devono avere la tendenza ad aprirsi, indice di mancanza di freschezza. Preferite quelli con i gambi ben serrati, le costole larghe, carnose e croccanti. Se sono ancora verdi, invece, risulteranno aspri, fibrosi e amari.
Le varietà Gigante di Romagna, Cardo di Chieri, Pieno inerme a costa bianca, Riccio d’Asti e Bolognese sono le varietà di cardo più diffuse. La varietà in assoluto più nota e buona è lo Spadone, detto anche Gobbo del Monferrato. La caratteristica curvatura del gambo, dovuta alla particolare tecnica di coltivazione, è l’origine del nome: a fine settembre, infatti, quando le piantine sono già abbastanza cresciute, vengono coricate su un lato e ricoperte di terra. In questo modo si ottiene un cardo estremamente morbido e dolce, grazie all’assenza di luce. Il clima freddo e umido della zona è perfetto per completarne la maturazione in condizioni ottimali e permette di ottenere cardi teneri che si possono anche mangiare crudi.
In cucina
Il sapore del cardo ricorda molto quello del carciofo e solo se è di ottima qualità, come quello Gobbo del Monferrato, può essere consumato crudo. Di norma però è necessaria la cottura. Le coste vanno pulite eliminando quelle più esterne e quelle danneggiate, oltre alle foglie e alla radice. La parte più tenera e buona è il cuore. Bisogna anche eliminare i filamenti fibrosi, tagliando le coste a pezzi lunghi una trentina di centimetri e tirando via verso il basso i filamenti a partire dal taglio. Come accade anche ai carciofi, se lasciati all’aria i cardi anneriscono. Per questo è consigliabile metterli in ammollo in acqua acidulata con il succo di mezzo limone prima della cottura. Poi si possono lessare, acidulando anche l’acqua di cottura se si vuole che il loro colore si mantenga. Una volta tagliati nella misura desiderata, i cardi vanno prelessati in acqua bollente salata. Poi potranno essere ulteriormente cucinati in funzione della specifica ricetta. Uno degli usi più noti dei cardi in cucina è l’accompagnamento alla bagna caoda, salsa molto calorica e saporita a base di acciughe, aglio e peperoncino. In questo caso vanno mangiati crudi, quindi è necessario scegliere le varietà più pregiate.
Curiosità
in dialetto siciliano e nei ricettari ottocenteschi, per esempio in quello di Pellegrino Artusi, i cardi sono chiamati “cardoni”, francesismo derivato dalla parola “cardon”.
Proprietà nutrizionali per 100 g
- Kcal: 10
- proteine: 0,6 g
- grassi: 0,1 g
- carboidrati (glucidi disponibili): 1,7 g
- vitamine: C, PP
- sali minerali: calcio (96 mg su 100 g), sodio, potassio e fosforo
Virtù
Ha proprietà depurative del fegato, perché stimola la secrezione biliare, e dell’intestino. Aiuta a eliminare tossine, scorie e radicali liberi. I suoi effetti su chi li consuma sono antiossidanti, antidolorifici, diuretici e stimolanti della digestione. Inoltre fa diminuire la stanchezza, da vivacità ai tessuti e alla mente, aiuta a prevenire le infiammazioni.