Prosciutto San Daniele DOP: un salume d’eccellenza dal gusto dolce
Brezza di mare che arriva dall’Adriatico e brezza di montagna direttamente dalle Alpi. Uno dei segreti che rendono il Prosciutto di San Daniele DOP un’eccellenza da 2.700.000 prodotti all’anno, riconoscibile per il gusto dolce e la forma a “chitarra”, venduto e apprezzati in Italia e anche all’estero. Tutto nasce nella tradizione della carne di maiale e dalle caratteristiche morfologiche di un Comune di quasi 8.000 abitanti in provincia di Udine che è, ormai, una vera e propria città del gusto.
Il Prosciutto di San Daniele DOP: storia e caratteristiche
Come per il prosciutto di Parma, anche la specificità del San Daniele è tutelata dalla legge italiana sin dal 1970 e, in seguito, anche dall’Unione Europea che ha riconosciuto la Denominazione di Origine Protetta nel 1996. La storia, però, parte da molto più lontano. Esiste, infatti, una traccia della bontà dei “persutti di San Daniele” nei documenti del Concilio di Trento: pare che il crudo friulano fosse regalato ai prelati come dono di pregio e valore.
La specificità risiede nella qualità e nelle caratteristiche delle cosce selezionate per diventare prosciutti, nell’origine dei suini, nella limitazione geografica dell’area di produzione e nella forma, tipicamente schiacciata e tondeggiante. Altrettanto importante, come si evidenzia nel disciplinare, è il legame con il territorio. Non è un caso, infatti, che il prosciutto porti, prima che il nome di un Santo, quello della cittadina collocata in una posizione così peculiare. A San Daniele del Friuli tutti sanno come anche a pochi chilometri di distanza il risultato della stagionatura possa dare risultati differenti.
San Daniele, dove si incontrano e scontrano le brezze
Il clima, a San Daniele, è ideale per il prosciutto crudo per via della conformazione morfologica della zona. A pochi chilometri, scorre il fiume Tagliamento che, proprio a questa altezza, svolge una funzione permanente di drenaggio dell’umidità. Inoltre, consente alle brezze di risalire dal mare Adriatico lungo il letto del fiume che iniziano a raffreddarsi, scontrandosi con quelle che scendono dalla Canal del Ferro e dalle Prealpi Carniche. Il risultato è che proprio sul territorio del comune esista un microclima equilibrato, dove la brezza di mare e quella di montagna si alternano e, grazie all’orografia del terreno, l’umidità è molto ridotta.
Sembra un territorio fatto apposta per la stagionatura del prosciutto, tant’è che gli anziani del paese raccontano come, un tempo, fosse naturale per gli allevatori e i macellai della zona portare le cosce di suino a San Daniele. La nascita e lo sviluppo di tante aziende dedite proprio al prosciutto era solo una questione di tempo.
Il disciplinare di tutela del San Daniele DOP
È il disciplinare ad indicare le caratteristiche del San Daniele DOP: il peso del prosciutto intero (osso compreso) non dev’essere mai inferiore a 7,5 kg e, generalmente, è compreso tra 8 e 19 kg;
- dalla rifilatura delle cosce fresche fino al termine del periodo di stagionatura devono avvenire all’interno del Comune di San Daniele del Friuli;
- i suini possono essere allevati e macellati, invece, in Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.
In totale sono 3927 gli allevamenti autorizzati e 116 i macelli dai quali provengono le cosce per produrre il San Daniele. I prosciuttifici sono, invece, 31, tutti soci del Consorzio che si occupa, dal 1961, della tutela della filiera.
A tutela della trasparenza della filiera, sono stati identificati quattro differenti marchi che possono essere riconosciuti su ogni coscia intera. Troviamo, dunque, un primo timbro apposto dall’allevatore, uno identificativo del macello, uno dal produttore sulle cosce fresche e, infine, il contrassegno di conformità e il marchio a fuoco. Quest’ultimo viene apposto solo dopo che l’INEQ, ovvero l’Istituto Nord Est Qualità, ha completato i controlli su delega del Mipaaf.
Come viene prodotto il San Daniele?
Il disciplinare e la tradizione definiscono anche tutte le regole per preparare il Prosciutto di San Daniele DOP ad arte. Si parte dagli ingredienti, le cosce di suino delle sole razze consentite e il sale marino. Banditi sia conservanti sia addittivi, anche la “sugna”, ovvero la pasta che viene spalmata sulla coscia aperta durante la stagionatura, viene preparata con la farina di riso per evitare qualsiasi contaminazione con il glutine e garantire a tutti la possibilità di gustare il prosciutto.
Una volta acquistate le cosce, in tutti e 31 i prosciuttifici sandanielesi ha avvio la produzione vera e propria del salume, che prevede sei fasi:
- raffreddamento e rifilatura della coscia permettono una prima perdita di umidità, e conferiscono la classica forma “a chitarra” al prosciutto, tanto che in alcune aziende questa fase prevede anche la massaggiatura manuale della coscia;
- salatura che, secondo la regola d’oro della tradizione, prevede che ogni coscia venga ricoperta di sale e lasciata a riposare tanti giorni quanti sono i suoi kg di peso, a una temperatura compresa tra 0 e 4°C;
- pressatura, realizzata a mano oppure meccanicamente, che consente un’ulteriore penetrazione del sale nella coscia ed è una fase tipica del San Daniele, che non si ritrova in altre preparazioni;
- riposo, ovvero un periodo che dura fino al quarto mese di produzione e che consente al sale di penetrare in maniera omogenea.Perché questo accada, la temperatura dev’essere mantenuta tra i 4° e i 6°C con un tasso di umidità del 70% circa;
- lavaggio, asciugatura e sugnatura, tre passaggi consecutivi che si concludono con l’applicazione della “sugna” sulla sezione scoperta della cotenna, per poterla mantenere morbida e favorire una corretta stagionatura;
- stagionatura, infine, fase che deve prolungarsi per almeno 13 mesi, ma che spesso prosegue anche più a lungo.
È a quel punto che il prosciutto si può affettare e se ne possono apprezzare l’aroma e il colore. Per essere certi che sia il momento giusto e che tutto stia andando per il meglio, nei prosciuttifici si pratica ancora la “puntatura”: si utilizza un osso di cavallo, appuntito e poroso, che viene infilato in determinati punti della coscia per poter, in maniera molto veloce, valutare il grado della stagionatura attraverso l’olfatto. Un’attività per cui l’esperienza e le capacità umane fanno ancora la differenza.
Proprietà organolettiche e abbinamenti
Il Consorzio ha effettuato anche delle valutazioni per permettere ai consumatori di sapere quali sono i valori nutrizionali medi per una porzione di 50 grammi di San Daniele DOP: il valore energetico medio è pari a 136 calorie. Interessante l’apporto proteico, ben 12,9 grammi per porzione media, mentre tra le vitamine quelle più rilevanti sono quelle di tipo B (B1 e B6) e PP e, tra i minerali, fosforo, zinco e potassio. Poco rilevante la quota di carboidrati, mentre più importante quella di grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi: tra questi prevalgono i monoinsaturi, considerati grassi “buoni”. Tant’è che, tra tutti i salumi e gli insaccati, i nutrizionisti suggeriscono spesso di consumare proprio il prosciutto crudo, purché sgrassato.
Come abbinare, infine, il San Daniele DOP? Affettato sottile, a mano oppure con l’affettatrice, in modo che si sciolga in bocca e accompagnato con un grissino. Meglio evitare formaggi e sottaceti che ne coprirebbero il sapore, piuttosto un buon bicchiere di vino, rigorosamente bianco e locale, come il Friulano.
Come lo consumate voi?
Foto di Angela Caporale