Biscotti e catering per costruire l’inclusione sociale: Eat Ethic
La cucina è un luogo dove i rapporti umani si costruiscono attorno a una ricetta condivisa o, ancor meglio, con le mani in pasta. Questo è il cuore del progetto Eat Ethic, nato all’interno di Hattiva Lab, una cooperativa sociale con sede a Udine, che da anni si dedica all’inclusione lavorativa di persone con disabilità cognitive e altre fragilità. Eat Ethic, come racconta Emanuela Riotto, vicepresidente di Hattiva Lab, è molto più di una semplice iniziativa di produzione alimentare: una vera e propria sfida alla disuguaglianza sociale, che trova nel cibo un potente strumento di cambiamento.
“Il progetto Eat Ethic è nato dal desiderio di creare un’opportunità reale per persone con fragilità lavorative” racconta Emanuela. “Volevamo dare vita a qualcosa di significativo per chi si trova ai margini della società, ma ha capacità, talenti e interessi da poter sviluppare”. Questo desiderio ha portato alla creazione di un laboratorio artigianale dove il cibo, prodotto con attenzione e cura, diventa simbolo di inclusione e speranza. Ma conosciamo più da vicino Eat Ethic!
Eat Ethic, il gusto per i valori che produce inclusione
Photo credit: Eat Ethic
Hattiva Lab è nata nel 2006 con l’obiettivo di offrire servizi educativi, riabilitativi e assistenziali a persone con disabilità e a bambini con disturbi evolutivi specifici. Tuttavia, col tempo, la missione della cooperativa si è ampliata, includendo anche l’integrazione lavorativa come obiettivo primario. “L’inclusione lavorativa è fondamentale per la costruzione dell’autonomia delle persone con fragilità” ci spiega infatti Emanuela. Da questa consapevolezza sono nati diversi progetti rivolti ai ragazzi e ai giovani adulti che frequentavano il centro diurno di Hattiva Lab, molti a carattere artigianale, ma anche uno in particolare di economia domestica. “Siamo partiti con un’attività embrionale proponendo laboratori di cucina in cui i partecipanti si occupassero di tutto: dalla scelta di cosa cucinare, a preparare la lista della spesa, da fare proprio la spesa fino al momento della preparazione e dell’assaggio. Abbiamo visto che questa attività era veramente molto gradita, perché la cucina è fatta di procedure e, per le persone di cui ci occupiamo, avere un elenco di azioni da seguire è molto facile e ciò gli rende l’attività più accessibile”.
“Ci siamo chiesti cosa fare di questa esperienza” continua Riotto “e abbiamo deciso di creare qualcosa che coinvolgesse in primis ragazzi dalla fine del percorso scolastico in poi, quella zona grigia per cui non sono più studenti, ma ancora a carico di nessun servizio. Un momento in cui le persone restano in un limbo per cui il mondo del lavoro non è pronto ad accoglierli, ma allo stesso tempo hanno potenzialità e potrebbero fare un lavoro se formati e seguiti. Abbiamo unito questa attività di cucina con questa esigenza emergente e da qui, nel 2021, si avvia Eat Ethic”.
La prima cosa da fare era raccogliere fondi per trasformare la cucina casalinga del laboratorio di economia domestica in una cucina professionale, poi coinvolgere un cuoco e iniziare a mettere le mani in pasta. Eat Ethic è oggi un avviato laboratorio di cucina dedicato alla produzione di biscotti artigianali e al catering solidale.
I biscotti “Bistorti” e il catering solidale per eventi inclusivi
Photo credit: Eat Ethic
Le attività di Eat Ethic si concentrano principalmente su due fronti: la produzione di biscotti artigianali, chiamati “Bistorti”, e un servizio di catering solidale. I biscotti sono preparati con ingredienti locali e di qualità, a partire dalle ricette preferite dai ragazzi, quelle che hanno iniziato a testare durante i laboratori di economia domestica. “Le abbiamo scelte e migliorate dal punto di vista tecnico, abbiamo lavorato con uno chef e con una tecnologa alimentare per stabilizzare la ricetta e adempiere a tutti gli obblighi per la commercializzazione”.
I “Bistorti” sono dei frollini a vari gusti, dal cacao alla cannella, dagli agrumi al rosmarino, che rispecchiano anche i gusti e le sensibilità delle persone che vivono il laboratorio. “Dopo due anni di sperimentazione e produzione a mano” ricorda l’intervistata “ci siamo dotati di un macchinario per aumentare la produzione e fare gli stampi dei biscotti, mentre i ragazzi continuano a seguire tutti gli altri passaggi dall’impasto alla confezione”.
Il catering solidale, invece, rappresenta una sfida ancora più ambiziosa. “Abbiamo iniziato a offrire servizi di catering per piccoli eventi, con l’idea di espanderci pian piano. Anche in questo caso il nostro cuoco ha un ruolo importante, che è quello di formare e supervisionare i ragazzi, e di adattare le ricette ad una loro replicabilità in autonomia. I ragazzi fanno tutto da soli, il cuoco li osserva e li supporta, mentre preparano tutto da zero” aggiunge Emanuela.
I primi passi per cambiare la vita delle persone, un giorno di lavoro alla volta
Photo credit: Eat Ethic
Il successo di Eat Ethic non si misura solo in termini di prodotti venduti, ma soprattutto nel cambiamento reale che ha portato nella vita delle persone coinvolte. “Ad oggi, una delle ragazze è stata assunta a tempo indeterminato” – racconta con orgoglio la vicepresidente di Hattiva Lab. “Altri ragazzi stanno seguendo percorsi di formazione e borse lavoro, con l’obiettivo di arrivare presto all’assunzione”. Il gruppo di lavoro stabile della cucina è formato da quattro persone con fragilità, a cui però si affiancano ragazzi che sono inseriti in altri percorsi di sviluppo di autonomie e formazione lavorativa. Intervengono su alcune attività specifiche, come il confezionamento dei “Bistorti”, oppure per eventi speciali o durante i catering.
Eat Ethic è un progetto giovane e quanto raggiunto fino ad adesso non è che un punto di partenza. “Stiamo lavorando per far arrivare i Bistorti lontano e, oltre alla rivendita in diverse realtà del Friuli Venezia Giulia, abbiamo inaugurato di recente un e-commerce per valicare i confini della Regione. L’obiettivo è far crescere le attività legate alle produzioni alimentari per poter assumere anche i ragazzi in borsa lavoro e dar loro l’opportunità di entrare a tempo indeterminato nel gruppo. Noi di sogni ne abbiamo tanti, quello che vogliamo fare ora è consolidare la realtà per far sì che sempre più ragazzi possano trovare uno spazio sicuro, in cui imparare, lavorare ed essere gratificati per ciò che sanno fare” – conclude Emanuela Riotto.
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