Tè fermentati: perché stanno conquistando anche l’Italia

tè fermentati
Dai riti giapponesi al kombucha, l’Oriente ci insegna che il tè è cultura. Scopri il mondo poco noto (ma affascinante) dei tè fermentati.

È inutile. Non si può parlare di tè e del suo valore culturale senza volgere lo sguardo a Oriente. Sì, perché da quel lato del mondo c’è una profonda conoscenza di questa bevanda, che si esprime in moltissime sfaccettature: dalla famosa cerimonia del tè giapponese fino a preparazioni meno convenzionali come il kombucha, il tè fermentato che ha conquistato anche l’Occidente per le sue proprietà probiotiche. Ma nel vasto universo dei processi di trasformazione che può subire la foglia di Camellia sinensis, c’è un altro filone, ancora poco noto in Italia, che merita attenzione: quello dei tè fermentati.

Ma che cosa sono? E perché sono così interessanti?

Cos’è un tè fermentato?

tè fermentati
Igor Serik/shutterstock

Spesso confusi dai neofiti con i più noti tè neri per via del colore scuro che assumono dopo la lavorazione, questi tè — conosciuti in Cina come heicha — sono il risultato di un processo di fermentazione microbica controllata che può durare mesi o persino anni. A differenza della semplice ossidazione che caratterizza come l’Assam o il Darjeeling, la fermentazione degli heicha coinvolge funghi, batteri e lieviti che trasformano radicalmente il profilo aromatico e chimico delle foglie, generando infusi con aromi evoluti che richiamano il legno, la frutta secca, il pane tostato e, a volte, profumi di sottobosco.

È una categoria complessa, stratificata, ancora lontana dai gusti di noi europei, ma sempre più presente nelle carte dei tea shop italiani, grazie a un interesse crescente verso bevande salutari che racchiudono conoscenze millenarie e un forte legame con la terra d’origine.

Ma qual è la storia di questa bevanda dal profumo antico?

La storia dei tè fermentati

Per capire il loro valore dobbiamo tornare indietro, nello specifico fino al periodo della dinastia Tang (618–907), quando le foglie venivano sottoposte a fermentazione per garantirne la conservabilità durante i lunghi viaggi verso le regioni occidentali della Cina, come il Tibet e lo Xinjiang. È in questo contesto che l’heicha conquista l’appellativo di “tè delle carovane”: trasportato sotto forma di mattoni pressati, veniva scambiato con cavalli, sale e altri beni essenziali. 

Il consumo si diffonde così nelle regioni più fredde e isolate, dove il tè non cresceva ma diventava parte integrante dell’alimentazione quotidiana, spesso abbinato a latte di yak o burro.

Con il tempo, quella che era nata come esigenza di conservazione si è trasformata in una caratteristica profondamente identitaria. Diverse province — tra cui Hunan, Yunnan e Guangxi — hanno sviluppato stili propri di tè fermentato, ciascuno con metodi, microrganismi e tempi di invecchiamento distinti. 

Ancora oggi, l’heicha viene considerato un prodotto talmente importante da essere inserito, in alcuni casi, nel patrimonio culturale immateriale locale.

Ma quindi quali sono i tè fermentati più conosciuti?

Il Pu-erh: il più famoso tra i fermentati

Pu-erh tea
grafvision/shutterstock

Il Pu-erh prende il nome dalla città omonima dello Yunnan, in Cina, storicamente punto di raccolta e scambio di questo tè destinato ai mercati interni e internazionali. Le foglie provengono da alberi di Camellia sinensis della varietà assamica, spesso secolari e cresciuti in ambienti montani incontaminati.

Esistono due principali tipologie: il Pu-erh Sheng, che fermenta naturalmente nel tempo e può invecchiare anche per decenni, e il Pu-erh Shou, sottoposto a un processo accelerato di fermentazione umida sviluppato negli anni Settanta. Il primo è ovviamente più complesso, con note fresche, minerali e vegetali, che si evolvono con l’età. Il secondo, più accessibile, ha un gusto morbido, terroso e umami, ideale per chi si avvicina per la prima volta a questo mondo.

Il Pu-erh viene tradizionalmente compresso in forme come dischi (bingcha), nidi (tuocha) o mattoni (zhuancha), per facilitarne la conservazione e l’invecchiamento. In Italia si trova sempre più spesso in negozi specializzati, fiere di settore o locali dedicati alla cultura del tè orientale.

Il Liubao: il tè dei monti

tè fermentato
New Africa/shutterstock

Meno noto del Pu-erh, ma altrettanto interessante, è il Liubao, prodotto nella regione autonoma del Guangxi, nel sud della Cina ad altitudini che raggiungono i 1000-1500 metri di altezza sopra il livello del mare. Il suo nome significa letteralmente “tesoro delle sei fortezze” e veniva storicamente usato come medicina e come moneta di scambio.

Ha un gusto profondo, rotondo e avvolgente, con sentori di legno bagnato, noce, funghi secchi e cacao. Il colore dell’infuso è scuro, tendente al rosso o al marrone, e la consistenza è quasi oleosa. Tradizionalmente, questo tè veniva conservato in ambienti umidi, dove maturava lentamente, ma oggi si utilizza una fermentazione umida simile a quella del Pu-erh Shou per accelerarne il processo.

In Italia, il Liubao comincia a circolare grazie all’interesse crescente verso i tè più ricercati e di nicchia, soprattutto tra gli appassionati.

Il Fu Zhuan: le “golden flowers” del tè

tea flower
ponsulak/shutterstock

Tra le varietà più particolari e affascinanti del mondo dei tè fermentati c’è il Fu Zhuan, una tipologia di heicha prodotta principalmente nella provincia cinese dello Hunan. Conosciuto anche come “tè mattonella del Fu”, questo tè è celebre per lo sviluppo, durante la fermentazione, della caratteristica muffa dorata Eurotium cristatum, detta comunemente “golden flower”. Questi microrganismi sono l’equivalente della Botrytis Cinerea per il vino: la loro presenza è considerata segno di qualità.

Il Fu Zhuan viene tradizionalmente pressato in grandi mattoni di foglie che, dopo una leggera ossidazione, vengono fermentate in ambienti controllati con alta umidità e temperature elevate. È proprio in queste condizioni che la E. cristatum cresce e prolifera, trasformando l’aroma e la struttura delle foglie. Il risultato è un infuso dal colore ambrato, con un gusto morbido e dolce, privo di astringenza e con note che ricordano i datteri, la frutta cotta, il pane scuro e il legno umido.

In Italia, il Fu Zhuan è ancora poco conosciuto, ma comincia a comparire tra le proposte di rivenditori specializzati e nelle selezioni di tè rari, spesso presentato anche per il suo fascino estetico: quando il mattone viene spezzato, la presenza delle “golden flowers” al suo interno racconta una storia di pazienza, fermentazione e biodiversità invisibile ma potente.

Benefici per la salute… e non solo

Oltre al profilo gustativo, i tè fermentati sono apprezzati per le loro proprietà nutrizionali. Durante la fermentazione, le foglie sviluppano batteri probiotici e composti bioattivi che possono favorire la digestione e l’equilibrio della flora intestinale. Inoltre, il contenuto di catechine, flavonoidi e polifenoli contribuisce a un’azione antiossidante che protegge le cellule dallo stress ossidativo.

Diversi studi hanno evidenziato come alcuni tè fermentati possano contribuire alla riduzione del colesterolo LDL e al miglioramento della pressione arteriosa. In Asia, questi tè sono spesso consumati dopo pasti particolarmente grassi o abbondanti, per favorire la digestione e ridurre la sensazione di pesantezza. Il loro basso contenuto di caffeina li rende adatti anche a chi cerca un’alternativa meno stimolante rispetto al caffè o ad altri tè più ossidati.

Da sempre amanti del buon cibo, noi occidentali stiamo scoprendo una bevanda dalle infinite sfaccettature. Bere e capire un tè fermentato richiede tempo, attenzione e soprattutto competenza, sia nella preparazione che nella degustazione. È una pratica che stimola e allena il palato, affina il pensiero critico gastronomico e invoglia a scoprire gusti complessi e stratificati.

E tu conoscevi questi tè fermentati? Li hai mai assaggiati?

 

Immagine in evidenza di: chomplearn/shutterstock

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